Un incontro tra due persone. Si piacciono. Ne consegue un corteggiamento. Poco dopo una delle due lascia l’altra. Il motivo? Non è dato saperlo. Dell’iniziale innamoramento resta solo la delusione dell’abbandono, la certezza del fallimento. Sul fil rouge di questo intenso quanto travagliato rapporto si dipana il racconto pittorico di Andrea Fiorino (Augusta, 1990), pensato appositamente per Casa Vuota a Roma, sperimentale spazio espositivo sito in una casa disabitata nel quartiere Quadraro a Roma. “Amaro in bocca” è il titolo scelto dall’artista per introdurre il visitatore alla fruizione della sua prima personale romana: un monito, un avvertimento su quello che vedrà e che potrebbe non cogliere con immediatezza. Il rischio c’è e risiede nell’individualità del linguaggio pittorico di Fiorino, che appare tanto più singolare se rapportato al tema amoroso. La sua infatti non è solo una storia comune resa unica dalla peculiarità dell’arte ma è il racconto di un amore trasfigurato in una surrealtà androgina e zoomorfa. Una donna rettile, un uomo con calze a rete, alcune donne baffute, un gatto teatrante e poi vasi antropomorfi, teschi, serpenti, sirene, sono questi gli elementi funzionali al surreale racconto di Fiorino, gli strumenti attraverso cui deformare una storia di ordinaria passione in un’estraniante messa in scena, una disarmante tragicommedia, tra travestitismo e riti propiziatori. Il risultato, a cui partecipano tanto i dipinti quanto le sculture, va ben al di là della mera narrazione. In esso la didascalia del racconto cede il passo all’eccentricità della visione.
«Tele di grandi dimensioni che occupano lo spazio in maniera prepotente e arrogante con il colore e il segno che le caratterizza – ha dichiarato l’artista – si sparpagliano nell’ambiente e la casa fa da scenario a eventi che seguono un unico filo narrativo, dove personaggi e situazioni si ripetono come in un flusso di coscienza. Gli avvenimenti che ho rappresentato accadono tutti in un arco temporale contenuto, come se fossero scene del racconto di una notte soltanto. Spunti narrativi e immagini racchiudono in sé diversi livelli di lettura possibili. Senza che vi sia un unico finale precostituito». L’incontro di una notte soltanto dunque, ma le scene appaiono così assurde e incongrue da coinvolgere un tempo anch’esso ambiguo, quello della fantasia, dilatato e compresso al tempo stesso, al punto da non riuscire a comprendere quale avvenimento accada prima dell’altro.
Disegni, dipinti e sculture delineano il pensiero dell’artista siciliano che struttura la sua storia artistica attraversando per intero l’espressionistica traiettoria del Novecento, dalla Die Brücke alla Nuova Oggettività , dell’esistenzialismo postbellico alla Transavanguardia, dall’Art Brut al graffitismo . Nessun riferimento diretto. Ogni componente è sedimentata e fusa in un linguaggio sardonico e grottesco, imbastito dall’artista attraverso una spessa linea di contorno nera (visibile soprattutto nei disegni), vera e propria intelaiatura grafica, colori vividi anche nell’oscurità delle singole scene e campiture sature, ora piatte, ora frastagliate da segni minimi che nel loro stridore accentuano la sgradevolezza della visione. Un percorso, dunque, in cui si attua la restituzione sincera di un travaglio interiore, che è individuale quanto collettivo, anzi si direbbe che il primo si rispecchia nel secondo assurgendo la delusione del singolo a dramma di portata generale.
Curata da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, la mostra mette in scena una quotidianità fantastica, tra turbamento e deformazione, stretta in spazi incongrui e accostamenti oggettuali plausibili ma improbabili. «Costruita come una sequenza narrativa – scrivono i curatori – la mostra racconta una storia attraverso varie scene, istantanee di un corteggiamento senza idealizzazioni, in cui si ritrovano gli stessi protagonisti, tela dopo tela, scena dopo scena, a condividere uno spazio di seduzione, stupore e mistero». Caratteristiche analoghe si trovano sia nelle pitture che nelle sculture, apparendo i tasselli del medesimo mosaico ideativo. Queste ultime, in particolare, pur condividendo con le tele le medesime iconografie appaiono generate da una materia fluida e informe, della quale, nonostante la raggiunta solidità , conservano, nell’opera finita, la propensione alla destrutturazione, alla deformazione, al continuo cambiamento, aspetto quest’ultimo vissuto come condizione esistenziale oltre che come possibilità plastica.
Carmelo Cipriani
mostre visitate il 13 gennaio
Dal 14 dicembre 2019 al 2 febbraio 2020
Amaro in bocca – Andrea Fiorino
Casa Vuota
Via Maia 12, 00175 Roma
Orari: su appuntamento.
Info: Tel. 3928918793, vuotacasa@gmail.com
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