Nelle sale della sede principale, il vecchio cinema, fino al 9 settembre è visitabile la personale di Antony Gormley (1950, Londra) “Body Space Time”, che «rappresenta un nuovo tassello nell’indagine di una vita di Gormley sul corpo come luogo e sulla strutturazione dello spazio. Pur basandosi sull’esperienza soggettiva dell’artista, le opere in mostra chiamano in causa i corpi degli spettatori e i loro movimenti all’interno della galleria», ha spiegato Galleria Continua.
Il percorso si apre con l’opera SPACE 2021, un delicatissimo insieme di cubi di varie dimensioni costituiti da sottilissime barre di acciaio, che, posti uno accanto all’altro o sovrapposti, senza essere fissati uno all’altro rappresentano un corpo umano, in una lirica metafora dell’esistenza umana. Il percorso espositivo prosegue nelle altre sale in un susseguirsi di figure umane e disegni fino a culminare nella sala centrale, interamente occupata dalla gigantesca scultura FRAME II 2021 composta da telai di alluminio interconnessi, all’interno della quale possono muoversi i visitatori.
In occasione di questa mostra, inoltre, «per la prima volta l’artista ha documentato le varie fasi di lavorazione delle sue opere, dallo stato grezzo all’alta finitura; fusioni in unica forma, accanto a elementi costituititi da blocchi che saranno semplicemente accostati o impilati gli uni sugli altri», ha ricordato la galleria.
La personale di Jorge Macchi (1963, Buenos Aires) “Diáspora” (fino al 4 settembre), realizzata con la collaborazione di Edgardo Rudnitzky, occupa le stanze dell’appartamento all’ultimo piano dell’edificio in cui ha sede l’hotel Leon Bianco, affacciato sulla piazza principale di San Gimignano.
Il fil rouge che unisce le opere in mostre è il tema della disgregazione dell’immagine, di cui è affascinante esempio il lavoro che dà il titolo alla mostra: Diáspora, è «costituito da quarantotto collage corrispondenti a ciascuno dei pezzi di un puzzle. Ogni collage riporta lo schema del gioco stampato su carta ma contiene (incollata nella sua corretta posizione) una sola tessera che, nella composizione finale, va a formare l’immagine intera. La distribuzione e l’esposizione nel tempo dei collage in collezioni e luoghi sparsi in tutto il mondo rende impossibile la ricostruzione dell’immagine originale completa», ha spiegato la galleria.
Sono basate sullo stesso principio opere come Waking Hours, che guarda alla musica e che attraverso la disseminazione nello spazi rende impossibile la percezione unitaria delle varie componenti di un bravo musicale, oppure la scultura The city inside, che rende inutilizzabile la mappa di una zona di Buenos Aires, o ancora Suspension Points, dittico che rende obbligatorio una sforzo d’inferenza per poter ricostruire l’immagine di una casa suggerita solo attraverso i punti della stampa offset, distribuiti sul foglio in maniera più didascalia su un foglio e completamente sfasata sull’altro.
Nello spazio dell’Arco dei Becci, fino al 4 settembre, una ricchissima selezione di disegni, esposti in ordine cronologico, realizzati a partire dal 1981, con Before the army (old woman), fino al 2022 con (Dreams that disappointingly came true), racconta il rapporto di Nedko Solakov (1957, Bulgaria) con il disegno, la pratica è per lui quotidiana, da quarant’anni.
Durante l’inaugurazione della mostra, lo scorso aprile, l’artista ha realizzato una delle sue rarissime performance, durante la quale ha raccontato al folto pubblico presente aneddoti e considerazioni relative a una selezione dei disegni esposti, mentre con un pennarello tracciava le tipiche scritte sulla parete che spesso li accompagnano.
Chiude il percorso espositivo il video Some of My Capabilities (1995), in cui Solakov, con ironia, si tocca il naso con la lingua, flette il pollice all’indietro e disegna.
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