In origine erano la caricatura e la maschera. In origine era Venezia. Ma che brutte facce, quanti ceffi, che spavento! Saranno pure opere disegnate da Maestri come Leonardo e i Carracci, o da grandi veneziani come Tiepolo e Zanetti, ma l’esposizione in corso a Venezia, De’ visi mostruosi e caricature. Da Leonardo da Vinci a Bacon, è un cabaret carnascialesco di smorfie, grugni, gobbe, bubboni messi a bella mostra. I volti e i corpi ritratti nelle circa 100 opere, allestite a Palazzo Loredan, nei loro eccessi deformanti, ai più faranno implorare giustizia, bramare vendetta in attesa di un filo di bellezza.
Non ci sarà nulla di quanto ci si aspetta: la mostra, promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue, disattende ogni aspettativa in tal senso. Non solo. Inti Ligabue, il Presidente della Fondazione, ci scherza su, e nella linea comunicativa dell’esposizione, dentro una cornice di scatti divertenti e mostruosi mette se stesso volutamente in ridicolo. E allora ridiamoci su che <<verità è bellezza, bellezza verità>>, ce lo diceva secoli fa anche John Keats, ricalibriamo lo sguardo: sono le domande e la prospettiva che devono cambiare. La mostra di Venezia ce lo urla a gran voce con sanguigne minute o grandi olii, e prestiti unici come quelli della Devonshire Collection di Chatsworth, i tre fogli di Quattro teste grottesche a penna e inchiostro, per la prima volta in Italia.
Qui, infatti, le questioni non sono tanto a chi somiglia questo o quel volto, qual è lo scopo del deformare. Sebbene sia lecito farsi domande che erano alla base di altri grandi mostre: “perché molti artisti in tutti i tempi hanno deformano il viso e il corpo proprio o altrui in mille espressioni diverse? come è cambiata questa attitudine nel tempo? chi è stato l’inventore della caricatura, il Leonardo milanese o Annibale Carracci?”, adesso semmai è più utile e affine al progetto curatoriale domandarsi perché in una mostra di arte antica (con pezzi che vanno dal 400 al 700) è presente un sorprendente trittico realizzato da Francis Bacon nel 1965. Che c’azzecca? Qual è stato il riflesso delle teste “caricate” leonardesche anche in artisti a noi più vicini e contemporanei?
Certo, quella di Venezia non è l’unica mostra ad essersi occupata di questi temi. Molte altre sono state fatte in precedenza su una materia tanto affascinante e divertente come questa. Grandi mostre come nel 1987, a Palazzo Grassi, Effetto Arcimboldo. Trasformazioni del volto nel sedicesimo e nel ventesimo secolo, o in tempi più recenti, nel 2011-12, Infinite Jest. Caricature and Satire from Leonardo to Levine, al Met di New York. Eppure a Palazzo Loredan si rimette in discussione il vecchio assunto: De visi mostruosi e caricature, da Leonardo da Vinci a Bacon non è una mostra che intende “indagare come e perché si sviluppi il singolare genere della caricatura, o meglio delle deformazioni e trasformazioni e dei tratti fisiognomici, quanto piuttosto rendere evidente l’esistenza di una linea di continuità ‘settentrionale’, e nello specifico, ricostruire quale sia stato l’apporto di Venezia e del nord su questo argomento.
Far emergere il fil rouge che persiste su un tracciato adesso ben definito dal curatore Pietro Marani, esperto di Leonardo. Non a caso, l’esposizione squisitamente storico artistica rintraccia il filo di rimandi e di influenze artistiche nell’arco di quattro secoli. Con, a nostro avviso, una precisazione importante da fare: nonostante in ogni campo del sapere si sia tentato di catturare l’essenza dell’essere umano nelle sue molteplici dimensioni intime ed espressive, è stata su tutti più “brava” l’indagine artistica perché ha dimostrato di possedere chiavi di lettura rivelatrici impossibili per altre prospettive di studio. Gli artisti hanno spesso avuto una marcia in più.
Ecco perché, tra gli altri obbiettivi, la mostra, sebbene resti in linea con la ricerca storica della Fondazione – che si è sempre occupata di promuovere progetti di taglio archeologico, antropologico ed etnografico – adesso promuove un’esposizione prettamente artistica. In fondo, seppur con approcci differenti, sono sempre stati l’uomo e la donna il punto di partenza e di arrivo di un lavoro d’indagine nella mission della Fondazione. C’è da dire, lo ribadiamo, che in certi ambiti l’arte riesce meglio ad arrivare al cuore delle cose. Meglio e prima. Anche prima della psicanalisi messa a punto solo nei primi del ‘900, quando, come è noto, artisti del pennello e maestri del disegno avevano già scandagliato l’animo umano e tirato fuori un repertorio infinito di espressioni e sentimenti, turbamenti, “caratteri”. Una parade di “moti dell’animo” di cui però va fatta una verifica a ogni cambio di paradigma. Occorre allinearsi coi tempi, oggi più che mai, “interessanti” (come profeticamente dettava il nome della Biennale di Venezia del 2019), tempi sicuramente “rivoluzionari”. E la mostra di cui parliamo lo fa. Come?
Spostando più in là la direzione di marcia. Switchando e guardando a Bacon come “traguardo finale” di un percorso lungo e fitto del genere della ritrattistica che nella mostra veneziana ha inizio nel ‘500 con Leonardo e i suoi (in mostra ci sono due disegni di Francesco Melzi, dall’Ambrosiana e dalla Galleria dell’Accademia), con un affondo nelle incisioni secentesche, fino ad arrivare, come un vero “revival”, nel Settecento in area veneziana ai lavori di Rosalba Carriera, alle “maschere” (da tergo) di Giambattista di Tiepolo e alle opere di Anton Maria Zanetti, puntualizzando che quest’ultimo sarebbe il vero punto di congiunzione con Leonardo e la diffusione dei suoi disegni a ragione dei suoi viaggi parigini, per altro, accompagnato dalla Carriera e da Antonio Pellegrini che lo avrebbe anche condotto nelle Fiandre e a Londra. È nel biennio cruciale 1720-21, infatti, che sul mercato approdano i disegni di Leonardo, frutto di una potente dispersione, motivo per cui le sue opere verranno copiate e immediatamente vendute proprio in quelle terre (ovvero, l’Album Mariette).
Leonardo si diffonde mettendo in circolo un nuovo mercato, e ricollocandosi in pole position tra falsi e copie. E le sue teste si rimescolano anche con l’arte dell’età contemporanea, persino con un’affinità di esecuzione. Secondo il curatore Marani, poiché il passato è parte del presente, le “allucinazioni” su tela di Bacon, provenienti dal Sainsbury Centre for Visual Arts, Norwich, realizzate con la mano sinistra (è una notizia inedita scoperta durante il lavoro sulla realizzazione della mostra) non potevano non accostarsi alla grande arte di Leonardo, che era mancino.
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