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Appunti per una pittura interspecifica: Barbara Cammarata in mostra a Catania
Mostre
Il primo incontro con la pittura di Barbara Cammarata può essere destabilizzante. Non è strano avere l’impressione di trovarsi davanti una pittura apparentemente stampata. Si tratta di uno di quei casi in cui, per comprendere pienamente il lavoro dell’artista, diventa necessario conoscerlo interamente, averne una visione d’insieme nitida, che sappia inquadrare le opere in un modo britannico di usare il colore e parlare al mondo. In tal modo, oltre alla decifrazione di questo immaginario colorato, sgocciolante e alterato, è possibile individuare una geografia coerente dei linguaggi adoperati dall’artista, nei quali si anima una pulsione politica, perché politico è lo spirito del lavoro di Cammarata, mimetizzato tra la sensibilità femminea e spirituale con cui affronta ideali antispecisti, sociali e ambientalisti.

An interspecies journey, curata da Cesare Biasini Selvaggi e Patrizia Monterosso e ospitata fino a giugno negli storici padiglioni della Fondazione Brodbeck di Catania, rappresenta l’esempio di mostra antologica che permette di accedere al mondo e – in special modo – ai significati che sono nell’opera di Cammarata. Organizzata in un percorso che coinvolge i primi due padiglioni della fondazione, la mostra si suddivide in due atti. Un primo momento introduce al lavoro dell’artista, mostrando gli interessi installativi e verso la ricerca cromatica. Ovvero il punto di partenza, l’origine del suo dipingere fatto da campiture predisposte da accostamenti di tonalità di bianco e nero, pronte a trasformarsi in cromie brillanti, raggiunte tramite la sovrapposizione dei colori primari, lasciate soltanto prevedibili in opere forti per costruzione e concetti, come nel caso di Row, row, row your board, il ritratto di un essere interspecifico, con il corpo d’uomo e la testa di leone, vestito solo di un paramento cerimoniale, immerso in una vegetazione fitta e intento a ricongiungersi spiritualmente con la natura che gli è stata sottratta.

Sospeso di fianco alla grande tela Feel what I feel il baldacchino di un letto ricamato dagli stessi spilli che si sospendono sopra la testa di chi lo attraversa, trasformati in una soffice lanugine, intima e dal sensuale impatto tattile. È chiaro che l’artista si muova libera tra i linguaggi, utilizzando il medium in modo consapevole e mirato a dichiarare i suoi valori intriseci.

Il secondo padiglione rappresenta l’ideale punto di contatto tra il mondo conosciuto e quello ripensato dall’artista. Un mondo brillante, forse stravagante e grottesco, che sembra appartenerci perché l’Uomo stesso è grottesco nel suo deformare le società e il mondo. Tale luogo ci circonda, ne vediamo gli orizzonti mentre lo si attraversa – un’esperienza resa possibile dall’importante progetto d’allestimento firmato dallo Studio ANALOGIQUE, che ha permesso ai dipinti di staccarsi dalla parente, invadere lo spazio e generare un’orchestra di panorami sul mondo dell’artista.

Si svelano i passaggi successivi a quella pittura preparatoria – seppur autosufficiente – che spiegano l’iniziale sensazione dello stampato poiché procedimento pittorico di Cammarata è similare a quello della stampa, ma con l’assoluto controllo premeditato di ogni tonalità, che producono figure, scolature di tipo compositivo e luci di origine siciliana. A queste si uniscono sculture tessili, realizzate con gli indumenti custoditi della figlia, che assumono il ruolo di vegetazioni o esseri idealmente fuoriusciti dalle tele da cui sono circondati.

La modalità con cui Barbara Cammarata affronta tematiche attuali, vive nel senso del tempo e della pulsione che le anima, può apparire giocoso ma riporta denunce ferme all’ideale specista che l’Uomo continua a promuovere; un modo solo apparentemente frivolo con cui sostiene la riappropriazione originaria della natura, la convivenza egualitaria con gli esseri che la popolano e la consapevolezza di se stessi. Porre l’essere umano al livello dell’animale e della natura, non vuol dire per Cammarata ridurne il rispetto, bensì attribuirgli finalmente un valore sensibile e virtuoso con cui realizzare una nuova società, attenta alla conservazione di quell’ambiente-casa in cui conviviamo con altri esseri viventi e di cui dovremmo rispettarne maggiormente il diritto all’esistenza.
