Se la felicità scomparisse? Se il diritto di aggregazione fosse impedito? Se Internet smettesse di funzionare? Se l’aria finisse? Se accedesse una sola di queste cose, saremmo tutelati? Ma soprattutto, abbiamo mai pensato che una fine possa arrivare? O abbiamo sempre considerato il cigno nero una lontana metafora che esprime il remoto concetto per cui un evento con un forte impatto è una sorpresa per noi, che lo metabolizziamo solo a posteriori?
Qualche anno fa Olav Velthuis mostrava in un libro che esiste un nuovo equilibrio fra arte ed economia – dove l’arte non è vittima ma diventa un’inconsueta fonte di sapere sull’economia di mercato – analizzando le varie posizioni assunte dagli artisti ed evidenziando come certi si pongano in modo critico riguardo al sistema economico, mentre altri assumono una posizione del tutto affermativa, giungendo infine a quelli che propendono per un atteggiamento ludico. Ma Anna, che c’entra con questa premessa? Anna, Anna Scalfi Eghenter, c’entra eccome, perché trasformando Ar/Ge Kunst in un esercizio commerciale all’interno del quale ognuno può stipulare un’assicurazione porta all’attenzione i paradigmi alternativi a quelli istituzionali della scienza economica a uso di chi non si accontenta delle risposte reperibili nelle confortevoli stanze del pensiero economico dominante.
È troppo facile confidare nel progresso tecnologico, medico e sociale, quale baluardo granitico contro un simil scenario. E anche se il sistema ritenuto “too big to fail” è già stato messo in crisi con troppa facilità abbiamo dimenticato che le fondamenta della nostra società possono sgretolarsi rapidamente, con troppa facilità dimentichiamo il “cigno nero” è ormai plausibile. E dunque, cosa occorre? Basta ripensare i modelli costruiti oppure è necessario iniziare a pensare fuori dagli schemi?
Anna Scalfi Eghenter, straordinariamente capace di tradurre pratiche sociali in arte e viceversa, sembra propendere per la seconda opzione, e per farcelo capire ci getta letteralmente in un vortice di moduli che volano nella sala d’ingresso dello spazio mossi dal vento. «Le persone entrano in mostra e si trovano in questo luogo – scrive Francesca Verga, che cura The Fluo Swan insieme a Zasha Colah – a contatto con l’evento apocalittico da vicino, e ne assimilano l’atmosfera. Ma cos’è l’evento apocalittico? È la fine del progresso? Del potere economico e tecnologico? La limitazione permanente della libertà individuale? L’artista va oltre: c’è l’eventualità che neanche dei soldi ce ne faremo niente, se saremo tutti destinati all’infelicità».
Travolti dai moduli e dal vento, le persone di fronte a un bancone possono firmare la propria assicurazione, trovandosi così immerse in un’esperienza che inverte la logica di senso predominante: Anna Scalfi Eghenter riprende infatti la realtà contemporanea e gioca con il suo doppio, che ne scompone i meccanismi e ne sovverte il sistema, ponendoci vis-à-vis con le nostre fobie e con le verità contemporanee rispetto alle quali non possiamo restare immobili.
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