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Bartolomeo Gatto. INVISIBILI PERCEZIONI. Dialogo tra poeti.
Mostre
Due si abbracciano, un gruppo di amici si ritrovano e sembra che chiacchierino, un’altra se ne sta pensosa in un angolo (a guardare il mare?), e infine una sta per spiccare il volo. Sono le rocce sarde che il pittore e scultore Bartolomeo Gatto (1938 – 2021) ha riletto con colori intensi e pennellate morbide o pastose in grandi tele che si stagliano, letteralmente, sulle pareti dello Studio Art Project di Marco Nereo Rotelli nella mostra “Bartolomeo Gatto. INVISIBILI PERCEZIONI”. Dialogo tra Poeti, fino al 10 dicembre, curata da Luca Cantore D’Amore.
“Mio padre amava molto la natura cui si ispirava per i suoi quadri e le sue sculture”, spiega la figlia Carla che insieme alla madre Adelina De Santis, e al figlio Davide ha dato vita alla Fondazione dedicata a suo padre scomparso recentemente. “Molte raccontano anche i valori nei quali ha creduto tutta la vita: l’amicizia, l’amore soprattutto e la giustizia. Diventano antropomorfe per farsi interpreti dei sentimenti e dei principi che voleva rappresentare. Per un po’ stanno sulla terra. Poi decide di farle volare (un ultimo quadro esposto ne illustra una che sta per spiccare il volo nda). Chissà dove?”, sorridono Carla e Davide. “Ho intrapreso con determinazione un itinerario fantastico. Mi sono cimentato come un bambino in un’avventura: ho osato un nuovo gioco con i colori, visitando spazi siderali, esplorando con nuova attenzione le pietre, mie amiche e compagne di tanti viaggi. Le pietre si librano nello spazio, si staccano dalla Madre Terra. Si accendono di colori inaspettati rievocando il concetto di libertà. Si muovono con apparente leggerezza mentre una forza invisibile le fa vibrare e le lega in un armonioso girotondo. È un movimento traboccante di vita!”, ha scritto l’artista. Da Salerno, dove era tornato dopo che se ne era andato da Milano, e viveva in campagna a dipingere, era partito nel 1978 per un lungo viaggio in Sardegna, un’isola di cui poi si è era innamorato tornandoci più volte. E così così le pietre e gli scogli ruvidi sinuosi diventano protagonisti del ciclo pittorico delle Pietre Amanti, e poi uno dei topoi privilegiati dell’artista, che di sé diceva: “Sono un solitario: uso colori puri e ho un particolare legame con le rocce”.
Questa prima retrospettiva è composta da venti opere realizzate tra il 2000 e il 2010, alcune del ciclo pittorico delle Pietre Amanti, successiva alla serie i Bambini. Ed è un ritorno di Bartolomeo Gatto a Milano dove era approdato nel 1970, quando iniziò la pubblicazione del mensile Il Cigno e aprì una galleria d’arte contemporanea (con la moglie Adelina De Santis) in via Manzoni a Milano, che fu anche un luogo di cultura dove si incontrarono artisti e critici fondamentali nella storia dell’arte moderna e contemporanea: in alcune foto che si possono sfogliare su un tavolo nello spazio di Marco Nereo Rotelli, si scorgono Pierre Restany, Lucio Fontana ecc. Nel corso della propria lunga carriera progettò e realizzò oltre 200 mostre personali in Italia e all’estero, tra cui quelle al Museo Archeologico Nazionale di Paestum, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, alla Villa Litta di Lainate, agli Istituti Italiani di Cultura di New York, San Francisco e Stoccarda, e a Palazzo Barberini a Roma.
La Fondazione dedicata Bartolomeo Gatto è nata, a settembre 2022, vicino a Salerno. “Vuole aiutare giovani artisti, organizzando giornate di studio, mostre personali e collettive, eventi con artisti o studiosi. E promuovendo pubblicazioni dedicate”, spiega il figlio Davide. Gatto, nato nel paese cilentano di Moio della Civitella, si è formato a Roma e Milano, studiando all’Accademia di Brera. Vincitore di premi europei come il Les Artes en Europe.