“Bergamo ’23”, a cura di Luca Molinari con Federica Rasenti, promossa da Comune di Bergamo in partnership con ANCE Bergamo e Plenitude, «restituisce a Bergamo e ai suoi cittadini Palazzo della Libertà», ha dichiarato il Sindaco Giorgio Gori.
Per qualcuno sono luoghi del cuore che raccontano e testimoniano un vissuto, per altri sono posti nuovi, tutti da scoprire. La difficoltà di progettare una mostra che fosse una riflessione sul presente e futuro di una città e del territorio che la circonda, condivisibile con gli abitanti e con i visitatori stranieri, con gli addetti ai lavori e con il pubblico tout court, è stata brillantemente superata da Luca Molinari che, in accordo con l’Amministrazione, ha immaginato un allestimento fresco, diverso e spiazzante che racconta la contemporaneità.
La contemporaneità, dice Molinari, è «rigenerazione, di cui i cittadini sono agenti attivi e trasformatori. La forza del nostro secolo è quella di rigenerare, riuscendo a vedere la città non più come una somma di architetture bensì come un luogo abitato dalle persone». Così lo Shakespeariano «What is the city, but the people?» si concretizza nell’ingresso del Palazzo con l’installazione di Filippo Romano (1969), Geografie Urbane: dodici cittadini, ritratti fotograficamente in scala 1:1, raccontano la città che abitano, i luoghi che amano, le strade che attraversano. La loro disposizione, dinnanzi al grande affresco di Achille Funi, crea uno spazio tra la retorica dell’impegno e le vite delle persone. Non solo questi cittadini, comuni e con i quali possiamo identificarci, danno il benvenuto a chi entra, ma contribuiscono alla ridefinizione della geografia e dei confini della città e all’illustrazione di un immaginario sorprendente, quello di una domesticità urbana, proprio di una città che non appartiene più ai monumenti bensì agli abitanti.
La mostra prosegue nella forma di un cantiere in trasformazione, progettato come un’architettura nell’architettura, che consente in un unico sguardo di attraversare il secolo passato, il presente e il futuro. L’esplorazione della ricchezza, oltre che della qualità, architettonica del territorio muove dalla collezione di fotografie, in parte inedita, di Gabriele Basilico (1944-2013) di proprietà di ANCE Bergamo. Le opere restituiscono una Bergamo datata fine anni ’90, monumentale, industriale, operaia, classica. Da queste, nel cantiere e secondo uno sviluppo in verticale, sono esposti bozze, piante e disegni di progetti che sono o saranno in costruzione. Fedele alle intenzioni di parlare a tutti, l’allestimento prevede che tutte le fotografie e tutti gli studi preparatori siano dotati QR Code per consentire la geolocalizzazione e l’approfondimento, anche visivo, a chiunque volesse entrare nello stato dei lavori. C’è un sapiente equilibrio, qui come in tutto il percorso, tra contenuto e metodo che permette di comprendere il grande senso di continuità su cui si fonda la rigenerazione di Bergamo: il futuro nasce dal patrimonio e passa attraverso la città reale, che esiste e che i cittadini, vero e proprio valore e capitale sociale, abitano.
Ed è proprio verso il paesaggio futuro di Bergamo – modello della città media italiana ed europea – come paesaggio urbano e sociale, accogliente, attrattivo, resiliente e pienamente sostenibile, che ci proiettano i tre video-racconti di Davide Rapp (1980). Al primo piano del Palazzo la mostra parla di idee partendo dalle numeriche di una città media per interrogarsi su come sia possibile passare da un’economia di prodotto a un’economia di conoscenza, come si possa rendere la città più attrattiva, accogliente e inclusiva, e come si possa lavorare, avvalorandolo contro l’abbattimento della soglia ecologica, sul patrimonio naturale ambientale. Con uno straordinario stratagemma narrativo, Rapp ha inserito a livello grafico le parole chiave che guidano il Piano di Governo del Territorio in alcuni cartelloni pubblicitari che scorrono, nei video, sullo sfondo della città. Non emergono solo gli intenti, ma si lavora sulle parole come se la città stesse aspettando un cambiamento che sta già avvenendo.
Bergamo ’23 è dunque restituzione, è energia, è rigenerazione che passa attraverso i cittadini che, accogliendo il cambiamento, se ne fanno portavoce e agenti. In forma sineddochica questa mostra sottolinea la flessibilità del luogo in cui è proposta, Palazzo della Libertà, come della città di Bergamo, per svelarne la capacità di accogliere funzioni e storie che nascono dal passato e si aprono al futuro. Le tre generazioni dei tre artisti, messe a confronto, sono la prova di come il futuro sia già nei loro occhi e nelle loro azioni, come nei nostri. Il futuro è in quello che stiamo facendo. È questa forse l’immagine più importante che “Bergamo ’23” ci regala nell’anno della capitalità: il legame tra passato, presente e futuro.
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