Lo spazio Adiacenze gestito da Amerigo Mariotti e Daniela Tozzi ha inaugurato a ridosso delle inaugurazioni della scorsa Art City 2020 una mostra ispirata al romanzo di Philip K. Dick “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” opera del 1968 dalla quale a sua volta fu tratta la pellicola di Ridley Scott Blade Runner.
Il duo bn+ BRINANOVARA composto da Giorgio Brina (Milano, 1993) e Simone Novara (Milano,1994) è partito, coadiuvato dagli stessi Mariotti e Tozzi (anche curatori del progetto), fantasticando su ipotetiche attività oniriche degli androidi. Oggi le intelligenze artificiali sono un argomento quanto mai di attualità che sta prendendo sempre più spazio anche nei dibattiti relativi all’arte contemporanea e all’utilizzo delle nuove tecnologie delle quali sempre più spesso gli artisti attingono. Nonostante questa premessa però Dreamt Uncanny Valley è una mostra (quasi) completamente analogica. Un percorso site-specific che si apre con uno scenario dall’estetica cyber punk che è un po’ il leitmotiv del progetto.
In una stanza quasi completamente rivestita di una scurissima carta da parati barocca, simile a quelle che si possono trovare ancora oggi in alcuni palazzi storici, assistiamo ad un gioco di specchi tra due pannelli pittorici. Il primo funge da elemento riflettente, invece nel secondo l’androide si specchia e sogna il proprio riflesso ritratto come un uomo in armatura ovvero travestito in qualche modo come un cyborg. I tratti del “volto” dell’ipotetica macchina appaiono indefiniti per via dello smalto levigato, tecnica ormai spesso usata dal duo e divenuta loro peculiarità stilistica. Un effetto analogico che inganna per quanto è simile agli effetti glitch digitali.
A terra degli elementi in alluminio massiccio ricavati al tornio elettronico che ricordano dei cavallini (citazione dell’origami unicorno del film di Scott) sorreggono la tavola ed indicano il proseguimento del percorso espositivo nel piano interrato dove, l’identità dell’androide sin dall’inizio solo percepito si palesa esclusivamente attraverso il suo volto metafisico che ricorda un Brancusi o uno dei manichini di De Chirico. L’androide a parete guarda aldilà di un sottile velo oltre il quale c’è un mucchio di scarti derivanti dalla lavorazione del tornio sul quale è posato un teschio. Il cerchio si chiude esplicitando il sogno/desiderio della macchina destinata all’immortalità che anela un’anima e, con essa, la caducità.
Vincenzo D’Argenio
Mostra visitata il 24 febbraio 2020
dal 24 gennaio al 17 aprile 2020
DREAMT UNCANNY VALLEY, bn+ BRINANOVARA | Adiacenze
Vicolo Spirito Santo 1, Bologna
ORARI: dal mercoledì al sabato 11-13 e 16-20 (lunedì e martedì su appuntamento)
INFO: tel. 3335463796 – info@adiacenze.it – www.adiacenze.it
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