Il tema della natura, trasversale alla storia dell’arte e radicato nella città di Bologna – dove attorno ad Arcangeli nel cuore del ‘900 si erano radunati gli ultimi naturalisti – congiunge le ricerche di dieci artiste bolognesi ma non necessariamente per nascita, attive dagli anni ’50 e presenti alla mostra di CUBO a Porta Europa e Torre Unipol, intitolata Eccentriche Nature, a cura di Pasquale Fameli in collaborazione con Valentina Rossi.
La dominante, storicamente maschile, dell’indagine artistica sul dato naturale nel territorio, ha sollecitato una linea di ricerca che intende esplorarne la fenomenologia per come all’indomani della parentesi pittorica informale è venuta a codificarsi in altre visioni liberamente divergenti. Un contributo a una ricognizione sulla successiva “altra metà dell’avanguardia”, eccentrica rispetto alla compagine neonaturalista misuratasi con il volto fenomenico del reale, ma anche in relazione alle prospettive femministe ed eco-femministe degli anni ’70 – oggi riprese – o a un discorso categoricamente politico. Le oltre 25 opere, qui richiamate solo in parte, articolano un ecosistema di riverberi e differenze.
Dalla sagoma di una forma radiante incisa sulla fotografia di una vegetazione arbustiva solarizzata, Sergia Avveduti fa affiorare un’iride cerulea che attira lo sguardo “oltresuperficie”, affine in questo alla seconda opera proposta, Ciglio di sole, sorta di visore in gesso ceramico puntato sul panorama che si estende a perdita d’occhio al di là delle vetrate della Torre. Carta, lamiera e ruggine costruiscono l’astrazione geometrizzante di una Germinazione realizzata da Pinuccia Bernardoni, opera degli anni ‘90 che riecheggia, per l’approccio essenzialmente scultoreo ai materiali, nel disegno antropometrico di una foglia a tratto continuo, impressione del corpo tramite il gesto. Di Mirta Carroli ci sono due aguzze sintesi di querce, fiumi e viole, incantante e irrequiete come l’infanzia e i suoi ricordi. L’acciaio corten a suggerire la dicotomia tra l’idea e la materia che le dà forma.
Il fuori fuoco per percepire più finemente, tentando di schiudere l’anima familiare ed estranea irradiata dal sensibile tutt’attorno, permea gli Abissi di Valentina D’Accardi, blow-up del proprio giardino domestico; fanno da contrappunto le foglie di ceramica sparse a terra, ostinatamente bianche. Di Giulia Dall’Olio sono presenti quelle che altrove sono state chiamate “ierofanie vegetali”. Restano le lumeggiature delle fronde, ricavate dal carboncino con la gomma per via di togliere, si aggiungono le campiture pittoriche a sovrastarle, rievocando i modi dell’intervento umano sulla terra. Concettuale e decorativa, Sabrina Mezzaqui irrora di piccoli fiori, come globuli rossi e capillari, le pagine bianche, in qualche modo sorelle, di un libro d’artista e di un paravento. La voce di Sabrina Muzi, citando antichi saperi di mistici e medichesse, fuoriesce insieme ai suoni degli elementi da una sinuosa alchimia della carta che l’anima di ferro e la pittura hanno reso scultorea.
Dalle forme della natura, ispiratrici fidate di Francesca Pasquali, l’artista astrae invece le proprie strutture, le trame, i colori, eleggendo la materia organica e minerale a maestra dell’artificio. Greta Schödl ricava dalla vegetazione i pigmenti per le sue inconfondibili trame di scrittura dove alcune file di lettere, isolate e riempite d’oro, paiono propagarsi sulle superfici di pagine e oggetti come radiazioni elettromagnetiche. Infine la sutura che Sissi esegue tra nature parallele – psicologica, anatomica, botanica: le fibre tessili lavorate come un nido attorno a specchi ciechi, uno dei quali incapsula un disegno di una cortina di rovi che compare all’altezza del volto alla guisa di un autoritratto, estroflettono l’interiore.
Pluralmente indagata e reimmaginata, la natura come dato fenomenico e concetto inteso oltre la propria manifestazione fisica è, in ultima analisi, rivelatrice di un paesaggio essenzialmente umano. Uno spaccato delle tendenze contemporanee, dialetticamente sospese tra istanze della forma e indici mentali, ma anche espressione di una filosofia del sensibile dove il legame con la natura rivive altresì della propria distanza da concezioni paniche e ancestrali venendo assunto ad attività formante per il pensiero.
La mostra sarà visitabile a Bologna, presso le due sedi in Porta Europa e Torre Unipol di CUBO, il Museo d’impresa del Gruppo Unipol, fino al 5 ottobre 2024.
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