Bona de Mandiargues. Rifare il mondo è la prima grande retrospettiva dell’artista e scrittice. Ecco che finalmente al Museo Nivola di Orani, in provincia di Nuoro, si ricostruisce la singolare vicenda una delle protagoniste del panorama di un surrealismo “al femminile” oggi finalmente al centro dell’attenzione di critica e pubblico.
Un progetto, promosso dalla Fondazione di Sardegna attraverso il programma AR/S Arte condivisa, che ha dato vita alla grande mostra visitabile fino al 5 febbraio 2024. Frutto di lunghe ricerche d’archivio e prestiti da raccolte private e pubbliche, Bona de Mandiargues. Rifare il mondo ha alle spalle un prezioso team curatoriale al quale abbiamo chiesto di raccontarci la storia di questa mostra.
Bona de Mandiargues è una delle protagoniste del surrealismo “al femminile”. Nonostante ciò, è stata spesso trascurata rispetto a figure come Leonora Carrington, Meret Oppenheim, Dorothea Tanning, Dora Maar o Remedios Varo. Da dove nasce l’idea di dedicarle questa grande retrospettiva?
Altea: I tempi erano più che maturi per una riscoperta: negli ultimi anni, il processo di revisione del canone storico artistico che marginalizza le donne ha subito una rapida accelerazione, e sulla scena dell’arte internazionale hanno cominciato ad apparire una serie artiste di grande valore in precedenza pressoché ignorate; Bona de Mandiargues è una di queste, e non certo tra le meno significative. Dopo la sua scomparsa nel 2000, i suoi lavori erano apparsi solo occasionalmente in rassegne collettive incentrate sulle surrealiste, mentre mancava una ricognizione d’insieme. Quando siamo entrati in contatto con la figlia Sibylle, che conserva il corpus maggiore delle opere di Bona, è stato immediato pensare a una mostra che costituisse un gesto di risarcimento storico per una figura a lungo rimasta laterale, ma di straordinario interesse.
Un’artista affascinante, che rifiuta esplicitamente i ruoli di donna-musa e donna-bambina, prevalenti nell’ambito del Surrealismo, trovando invece, dagli anni 70, una sua personale identificazione nella figura ermafrodita e ambivalente della lumaca. Cosa la rende un’artista così unica e quali sono i temi principali che emergevano nel suo lavoro?
Camarda: I temi sono in parte quelli caratteristici del clima del secondo surrealismo e specialmente della sua componente femminile: l’eros, la dimensione del magico, l’identificazione con il mondo animale – ma anche vegetale e minerale -, e ancora il sogno, l’irrazionale e la follia, un tema, questo, che emerge con prepotenza nella fase matura del suo percorso, quando aumenta nei suoi quadri la carica espressionistica, con figure stravolte e irriconoscibili, deformate ai limiti dell’assurdo.
Quello che però rende Bona unica è la sua trascinante vitalità, unita all’humour, all’ironia e a un senso tragico dell’esistenza, o meglio la combinazione di tutte queste qualità in un mix inatteso e travolgente.
Tra magico, onirico, eros ed occulto. La mostra copre un ampio arco temporale della carriera di Bona de Mandiargues, dalle opere degli anni ‘50 fino al 1997. Qual è il motivo di questa scelta e come si traduce nel percorso espositivo?
Altea: Sentivamo il bisogno di tracciare un quadro complessivo. A parte i lavori d’esordio, ancora sotto l’influenza dello zio Filippo de Pisis (una figura cui Bona rimarrà legata per tutta la vita), la mostra ne registra l’intero percorso, secondo uno sviluppo cronologico. Si parte con le piccole tele figurative dipinte subito dopo il trasferimento a Parigi, scene oniriche in cui radici, ciottoli e altri oggetti naturali ingigantiti si trasformano in presenze inquietanti. A metà anni Cinquanta arriva l’approdo all’astrazione, con opere materiche realizzate manipolando terra, sabbie, colla ecc., ma è a fine decennio che Bona adotta la tecnica che più la contraddistingue, l’assemblage di tessuti: qui soprattutto emergono con forza la sua inquietudine, la sua carica fantastica, la fascinazione delle culture “altre” incontrate nei suoi molti viaggi, dal Messico all’Egitto, all’India, aspetti che pure animano anche i dipinti della sua fase neometafisica, negli anni Settanta, o quelli ironici e straniati creati negli anni Ottanta.
La grande retrospettiva ricostruisce l’itinerario dell’artista attraverso oltre 70 opere. Come è stato riunito questo ampio corpus di lavori e come sono state selezionate le opere da esporre?
Camarda: La maggior parte delle opere provengono dalla collezione di Sibylle de Mandiargues, che è stata integrata con una serie di prestiti provenienti tanto da privati quanto da raccolte museali, come quelle della Galleria Nazionale di Roma, della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Ferrara o di Intesa San Paolo. La scelta è caduta su quelle opere che meglio rappresentano le svolte di cui la ricerca dell’artista è punteggiata, e sono molte, perché a muoverla è stata un’ansia incessante di sperimentazione e il rifiuto di lasciarsi rinchiudere entro una cifra stilistica precostituita, anche se questo avrebbe potuto magari facilitarne il successo di mercato.
Bona de Mandiargues. Rifare il mondo si svolge all’interno del programma AR/S Arte condivisa, promosso dalla Fondazione di Sardegna. Come si inserisce la mostra in questo programma?
Cheri: La Fondazione di Sardegna è socio sostenitore della Fondazione Nivola e contribuisce regolarmente a finanziare le attività del museo. A volte però decide di intervenire in forma diretta a supporto di particolari progetti, appunto attraverso il suo programma AR/S Arte condivisa, diretto da Franco Carta. È accaduto ad esempio nel 2019 con la mostra Le Corbusier. Lezioni di modernismo, e ora per la retrospettiva di Bona. Inoltre, la Fondazione Nivola e il Museo sono partner della Fondazione di Sardegna – AR/S anche nel simposio Contemporanea, quest’anno giunto alla sua seconda edizione e dedicato, in omaggio a Bona de Mandiargues e al surrealismo, a L’immaginazione al potere. L’inaugurazione di Contemporanea 2023 ha coinciso infatti con l’opening della mostra, con la partecipazione di relatori e studenti.
Quali sono i vostri obiettivi principali per questa mostra, cosa sperate che il pubblico porti con sé dopo aver visitato Bona de Mandiargues. Rifare il mondo?
Cheri : L’esperienza dell’incontro con una protagonista affascinante del secondo Surrealismo, rimasta fino a ieri sconosciuta, o per lo meno decisamente sottorappresentata. Bona è una di quelle artiste (tante, troppe) che la storia dell’arte ha oscurato, le cui opere non appaiono nei manuali. La sua opera, come la sua vita, è una lezione di libertà, uno sforzo costante di superare i limiti, di oltrepassare i confini. Questa mostra nasce come un gesto di “attivismo curatoriale”, per usare l’espressione di Maura Reilly: una mostra che punta a dare visibilità e attenzione a un’artista esclusa da un canone che privilegia gli uomini, meglio se bianchi e occidentali, e che solo in questi ultimi tempi si è cominciato a mettere in discussione.
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