Categorie: Mostre

Brescia: le affinità elettive tra Lotto, Romanino, Moretto e Savoldo

di - 14 Dicembre 2023

Il titolo Lorenzo Lotto incontri immaginati bene si addice alla sede, la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, elegante, fastosa ma riservata galleria, che mantiene lo spirito della sua origine di nobile collezione privata. L’atmosfera delle sale accoglie, con la concentrazione necessaria, il confronto di alcune opere “ospiti” di Lorenzo Lotto, con le opere residenti del Lotto stesso e dei bresciani Moretto, Savoldo, Romanino, per illuminare le attinenze ed evocare gli incontri – artistici e storici – dei pittori che vissero e si conobbero nell’ambito lombardo, costituendo la radice della “scuola della realtà” lombarda, prefigurante il Caravaggio.

Si tratta della Adorazione dei pastori del 1530 (della Pinacoteca Tosio Martinengo) e delle opere in esposizione temporanea: la Natività del 1525 (Pinacoteca Nazionale di Siena), il dittico Angelo annunciante e Vergine annunciata del 1526 (Pinacoteca Comunale di Jesi), la grande pala de I santi Rocco, Cristoforo e Sebastiano del 1533-1535 (Basilica della Santa Casa di Loreto).

Lorenzo Lotto, Adorazione dei pastori, 1530, olio su tela. Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

Le vicende storiche, i contatti e le attinenze sono bene narrati nell’agile e bel testo di Roberta D’Adda e Nicola Turati, curatori, e mostrano nel compendio come questi pittori, talvolta conoscendosi e anche solo “guardandosi”, si siano vicendevolmente influenzati, assumendo “sintagmi pittorici” che poi hanno declinato in modo personale e originale. Comuni sono l’attenzione al dettaglio quotidiano, lo studio e l’enfasi della luce – generatrice del reale ma anche del divino – il calare nella realtà i personaggi sino a rendere anche gli eventuali committenti partecipi della rappresentazione – non più solo immagini o testimoni – assieme allo studio e alla resa della psicologia dei personaggi.

Giovanni Girolamo Savoldo, Riposo durante la fuga in Egitto , 1540 circa, olio su tela. Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

Il visitatore, aggirandosi per le sale, può cogliere bene questi tratti (solo per citarne alcuni) confrontando le opere che si fronteggiano ben segnalate. Le analogie – e le sfide – sono evidenti,  del resto Lotto fu pittore dallo spirito curioso di sperimentare e apprendere, sicuramente agitato e travagliato – di questo si trova traccia nel suo errare fra la Lombardia,  il Veneto,  le Marche e Roma – attento a carpire dai maestri-colleghi ispirazioni emotive e tecniche di rappresentazione. Dal confronto proposto in mostra, emergono però alcune sue peculiarità. Le luci e i colori di Lotto – nonostante i suoi tormenti psicologici e religiosi, nonostante alcuni fondi bui che avanzano e da cui fuoriescono i personaggi – sono sempre, in primo piano,  cantanti, splendidi di rossi, verdi, azzurri, gialli. Come se mantenesse salda la “speranza”, rappresentata dal colore (retaggio della sua formazione veneta) che porta la “salvezza”, senza volgersi ad atmosfere brune e tenebrose.

Ma  quello che colpisce di più sono gli sguardi, gli occhi dei personaggi: sempre intensi, dominati da passione, dedizione, stupore,  amore. Chiaramente e vivamente indirizzati all’oggetto dell’attenzione, non sono mai sguardi ad occhi socchiusi o in tralice come spesso nei dipinti a confronto: sono vivi. Mentre emerge spesso un personaggio che si rivolge in modo chiaro all’osservatore chiamandolo a partecipare al pathos della rappresentazione. Ne L’adorazione dei pastori è un angelo ammiccante nel retroscena, nella grande pala con San Cristoforo al centro sono San Rocco e San Sebastiano, nella Vergine annunciata di Jesi lo sguardo di Maria è colto nell’attimo prima di rivolgersi al riguardante per comunicare lo stupore dell’accaduto, nella Natività di Siena è invece lo scatto del viso della levatrice che fissa Maria, come se avesse prima fissato l’osservatore per richiamarlo.

Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Cena in Emmaus, 1527 circa, olio su tela. Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia
Installation View. Ph: A. Mancini. Courtesy Fondazione Brescia Musei

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