Categorie: Mostre

Building presenta la retrospettiva “Aldo Mondino. Regole per l’inganno”

di - 7 Aprile 2023

Building, con la collaborazione dell’Archivio Aldo Mondino e la curatela di Alberto Fiz, presenta a Milano fino al 17 giugno, la retrospettiva “Aldo Mondino. Regole per l’inganno”, evidenziando l’originalità di una ricerca ironica e trasgressiva che ha messo costantemente in discussione i dogmi estetici che si sono succeduti sin dagli anni Sessanta.

La mostra, allestita sui tre piani dello spazio espositivo, affronta tutte quelle che sono state le fondamenta della ricerca di Mondino e mette in risalto la capacità di uno dei più significativi protagonisti della scena artistica internazionale del dopoguerra, ovvero quella di uscire da qualunque forma dogmatica e di sovvertire ogni regola, ogni stile e ogni stilema.

Aldo Mondino. Regole per l’inganno. Installation view. Courtesy BUILDING, Milano

“Aldo Mondino. Regole per l’inganno” prende le mosse dall’emblematica Torre di torrone (1968), realizzata con finti torroni in gesso serigrafati con la nota marca Sebaste. Erano gli anni ’60 e Mondino prese posizioni molto radicali nei confronti dell’Arte Povera, del Minimalismo e dell’Arte Concettuale. L’essenza trasgressiva e la presenza a 360 gradi di Mondino sono ripercorse al piano terra della galleria attraverso alcune delle serie e delle opere più significative. Quadri a quadretti (1963-1964) riprende il concetto classico del dittico ma in un’ottica di azzeramento che implica l’idea performativa del coinvolgimento del pubblico attraverso un margine bianco che invita all’azione. In questa serie ogni regola viene ribaltata e l’azzeramento diventata sinonimo di regressione all’origine, intendendo quest’ultima come atto originale e primigenio. Quanto più, e quanto meglio, allora dell’album da disegno dei bambini? È una provocazione, voluta, per consentire all’opera di recuperare una nuova centralità. Di fronte e poco distante due significativi esempi di Cadute e Bilance, fortemente concettuali, espressive della pittura nella sua componente fisica e interrogative di concetti quali peso, tensione ed equilibrio.

Aldo Mondino. Regole per l’inganno. Installation view. Courtesy BUILDING, Milano

Nello stesso piano Fiz, in accordo con l’Archivio, sceglie di esporre anche la serie dei Palloncini (1965-1972). Al di là dei riferimenti delle tre opere – Giulio Paolini, Dorazio e la Pop Art – Mondino dà al palloncino un significato di libertà assoluta, inscrivendo la pittura nel segno della leggerezza e della romanticità. Due grandi autoritratti sono centrali nell’allestimento. L’uno, Mon Dine, incrocia l’immagine di Jim Dine, l’altro Stoltezza Giovanile, appartiene alla serie dei 12 King che Mondino realizzò nel 1969, uno per mese, dialogando con la sacralità orientale dei Ching e recuperando la pittura con una forma di convenzionalità esplicita. A completare il piano l’effimera Untitled (Piscina di Marshmallow) in cui il naufragar è dolce. Composta da un mosaico di marshmallow dal profumo dolce e inebriante, l’opera invita a immergersi pur essendo priva di una via d’accesso e di uscita, poiché la scaletta è posizionata troppo in alto.

Aldo Mondino. Regole per l’inganno. Installation view. Courtesy BUILDING, Milano

Se il piano terra è dedicato all’esperienza artistica degli anni ’60, il primo piano della galleria ospita una selezione di lavori dedicata a un grande amore di Mondino: l’Oriente. The Byzantine World (1999), realizzata con 12 mila cioccolatini in gesso e legno e ricoperti di carte colorate, è una rielaborazione dell’idea classica del mosaico ma anche una riflessione, profonda, sul concetto di materiale e di durata. Se i i cioccolatini di quest’opera hanno una durata eterna, e una commestibilità nulla, diversa è la filosofia che appartiene a opere effimere come Scultura un corno, ricoperta da cioccolato, Raccolto in Preghiera (1986), un tappeto di dimensioni ambientali e realizzato con riso, mais, soia verde, fagioli rossi e neri e farina, e Muro del Pianto, interamente costruito con zucchero bianco e zucchero di canna, oltre all’inserimento di cespugli d’erba veri. A completare l’esposizione, enfatizzando la ricercatezza dell’immagine secondo il criterio della sovrapposizione di elementi, troviamo alcuni lavori della serie Tappeti stesi (1990-1992) in eraclite e Jugen stilo (1993), il celebre lampadario realizzato con penne bic che strizza l’occhio alla decorazione Jugendstil e gioca, linguisticamente, con il termine ara-bic. Nel corridoio, accanto al Muro del Pianto, le opere 18 KISLEV 5751 (1990) e Metterci una pietra sopra (1999) restituiscono un’intima e personale esperienza dell’ebraismo.

Aldo Mondino. Regole per l’inganno. Installation view. Courtesy BUILDING, Milano

Dall’indagine sui materiali, che rivela un profondo raccoglimento spirituale insieme a una fedele attitudine al lavoro, si raggiunge il terzo piano, interamente dedicato agli omaggi, tra generi, stili e miti.

L’operazione meta artistica muove da Marcel Duchamp, con Ortisei patinata di cioccolato bianco e nero, che cita esplicitamente Tonsura – il ritratto che Man Ray gli fece nel 1919 con la stella a cinque punte tra i capelli, richiamandone l’illuminazione – e Ciclo e riciclo, la celebre Ruota di bicicletta a cui sono applicate scarpe veneziane. Da Duchamp all’artista simbolo della Torino degli anni ’60 Felice Casorati, con Pittura Coprente, simile alla serie Quadri a quadretti, e il mosaico Calpestar le uova per citarne uno dei soggetti più caratteristici, la Maternità con le uova. Gli omaggi proseguono con La mamma di Boccioni, un’opera che si richiama alla Avanguardie storiche nel concetto scultoreo e all’Espressionismo nella fisionomia, cui Mondino ha aggiunto due palle da bowling, due boccioni appunto, in sostituzione dei seni.

Aldo Mondino. Regole per l’inganno. Installation view. Courtesy BUILDING, Milano

All’amico Alighiero Boetti è dedicato Ali-Ali-Alighiero, Essaouira, un trittico realizzato in occasione della sua scomparsa con un doppio riferimento: al cielo della città marocchina molto amata da entrambi e agli areoplanini di Boetti che, diventando gabbiani, restituiscono un’idea romantica e dolce di un viaggio verso l’infinito sconosciuto. Chiude la mostra una serie unica di ritratti, come una quadreria, dedicati a figure chiave dell’arte e della cultura, da André Masson a Gertrude Stein, da Otto Dix ad Arnold Schönberg. Le opere, di formato comune e commerciale, costituiscono tanto una sfida nell’intento quanto una magia nella realizzazione, poiché Mondino scelse di dipingere sul linoleum. Realizzati tra il 1988 e il 1990, ognuno di questi lavori è una riflessione sulla pittura che passa attraverso fini parallelismi, dalla musica alla storia.

Mondino, alla sua maniera anarchica, ha costruito un universo artistico matabolizzando la classicità e, parimenti, intervenendo sulla contemporaneità, non senza inganni. Anzi, sempre cercando di creare una visione differente, anche semplice, ma quanto mai sufficiente per andare oltre. Friedrich Wilhelm Nietzsch diceva che «L’arte svela il senso dell’esistenza con una bugia, l’arte è sana menzogna e tellurica illusione», Alberto Fiz ce lo ricorda. Questo è il cuore di Aldo Mondino e della mostra che Building gli dedica.

Aldo Mondino. Regole per l’inganno. Installation view. Courtesy BUILDING, Milano

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