Entrando nello spazio della nuova galleria z2o di Sara Zanin a Roma, dove è esposta la mostra personale di Beatrice Pediconi, a cura di Antonello Tolve, si ha l’impressione di azzerare la forza di gravità: uno stuolo di “animula vagula blandula”, in forma di fiore, si libra dalla parete azzerando anche il peso del nostro sguardo sulla materia / non-materia dell’opera.
L’allestimento ha un ritmo musicale che congiunge la terra al cielo e in cui fluttuano i suoi fiori che sembrano uscire dalla parete (che a volte può diventare gabbia statica). Le forme sono flessuose, translucenti e paiono appoggiarsi per un momento sulla carta e sulla tela per muoversi poi verso altre destinazioni. Non c’è, tuttavia, una sensazione di precarietà ma, al contrario, una sopravvivenza nella trasformazione. Non è un caso che il fiore qui incarni il corso della vita, comune a tutte le specie, la cui regola è il principio di trasformazione e la ricerca costante di equilibri che si ispirano a leggi universali. Il titolo è paradigmatico, Senza turbare una stella, tratto da Mistress of Vision del poeta inglese Francis Thompson, che recita «Tutte le cose vicine, lontane e nascoste tra loro sono unite da un legame immortale, non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella».
La trasformazione è il principio primo del complesso processo di lavoro di Pediconi, ben raccontato nel video di Claudio Napoli posto alla fine del percorso di mostra. Un processo che fa sempre i conti con l’instabilità e l’imprevedibilità dell’acqua, elemento essenziale con cui l’artista lavora da sempre e che consente un passaggio fluido dalla fotografia alla pittura, in cui l’elemento fotografico immerso in acqua viene trasformato in pellicola sottile, una sorta di pelle che l’artista accompagna ed estrae per posizionarlo sulla carta o sulla tela a loro volta preparate in precedenza con immersione in acqua per accoglierla.
L’artista accompagna i lacerti o li governa parzialmente sia durante l’immersione in acqua sia quando vengono adagiati sul supporto scelto. Un processo lungo e complesso in cui vanno di pari passo il controllo della mano e l’accettazione della imprevedibilità della materia che l’artista talvolta asseconda con delicatezza.
Pediconi nel corso degli anni è sempre stata una sperimentatrice indefessa: dalle polaroid ai video, dalle carte fino a giungere ora alle tele preparate con pigmenti puri sempre tenui ma morbidamente brillanti che non divorano le immagini sovrastanti, avvicinandola sempre di più al linguaggio pittorico. Il suo è un processo di ricerca unico.
Anche se il soggetto della mostra qui è sempre il fiore, sono state esposte sia opere su tela sia su carta, sia su tavola di dimensioni differenti. Ho chiesto all’artista come sente e pratica l’approccio a supporti così diversi. «La carta è la risposta più ovvia e naturale per le emulsioni fotografiche che nascono sulla carta e tornano sulla carta anche se di diversa natura. Quello che amo della carta è il movimento che rimane dopo che è stata bagnata nell’acqua. Quel movimento che mantengo è la memoria dell’acqua. Il mio rapporto con la tela invece è molto più complesso e la realizzazione del processo più lunga, ma consente di creare la tridimensionalità. La tela permette all’emulsione di girare intorno al telaio lavorando così su più superfici. Quando la tela si asciuga l’emulsione fotografica viene completamente assorbita creando un effetto “calco” molto visibile a luce radente. La tela è decisamente più scultorea e la carta più delicata».
La narrazione in questa mostra è molto complessa ed evocativa e riporta a un senso di coralità di voci: da un lato, il soggetto fiore incarna individualità differenti ma connesse in natura, dall’altro, nel processo vengono impiegati lacerti fotografici di altri autori, inoltre l’interazione con il linguaggio che è crocevia di varie scritture – dalla poesia, alla musica e all’arte – diviene un letto verbale su cui si adagiano le sue opere.
Del resto l’artista da sempre si nutre di libri, che hanno ispirato il suo lavoro. Uno per tutti, un passaggio di Gaston Bachelard: «È stando abbastanza a lungo sulla superficie iridescente che capiremo il prezzo della profondità». E le opere di Pediconi sono iridescenti e ci risvegliano.
La mostrad di Beatrice Pediconi sarà visitabile alla galleria z20 Sara Zanin di Roma fino al 4 dicembre 2024.
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