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Capri magnetica, la mostra di Marco Bagnoli alla Certosa di San Giacomo
Mostre
«Capri è uno dei punti magnetici dell’universo», ha scritto Alberto Savinio e, forse, aveva ragione. Non tutti sanno che oltre alla famosa Grotta Azzurra, ve n’era anche un’altra, visibile fino al 15 maggio 1808, quando una frana ne bloccò l’ingresso con massi e detriti, distruggendo la sovrastante Torre della Certosa. Proprio qui, nell’imponente cornice della Certosa di San Giacomo, a Capri, l’artista Marco Bagnoli, affascinato dalle descrizioni della cosiddetta Grotta Oscura, ha concepito la mostra Locus Solus/Solis: Luce Fuoco Volo. L’esposizione, a cura di Marina Guida, è un viaggio spirituale che ci fa immergere nella descrizione che fece della grotta il geologo Immanuel Friedlaender: «L’ingresso era stretto e basso, ma sufficiente al passaggio di una barca comune. Conduceva a un antro di oltre 100 metri di diametro, dalla cui volta spaziosa cadeva un abbondante stillicidio».
Il titolo della mostra – Locus Solus / Locus Solis – rimanda a una duplice interpretazione. La prima parte è ispirata all’omonimo romanzo di Raymond Roussel, nella triplice accezione di “luogo solitario”, “luogo singolare” o “luogo unico”. La seconda si riferisce invece a un luogo di ricerca interiore e di illuminazione spirituale, un’indicazione di quella Porta-del-Sole di cui scrisse Ananda K. Coomaraswamy nel suo saggio The “E” at Delphi.
Il percorso espositivo si apre con una scultura bianca ispirata alla figura di una statua su colonna, presente nel dipinto Giuseppe in Egitto del Pontormo, posta su un tappeto originale mandala, souvenir di uno dei tanti viaggi di Bagnoli, la cui ombra sembra indicarci, con la sua estensione sul pavimento, la via da seguire verso il centro della navata. Avvicinandoci, scopriamo che la grande mongolfiera che riempie tutto lo spazio aereo è realizzata con canne di bambù, pianta simbolo di longevità, che si piega ma non si spezza. Infatti, all’interno dell’opera, alta oltre 6 metri, vi è un vaso sostenuto da della terra, che riprende l’antica saggezza della Grande triade di Renè Guènon: Il Cielo copre, la Terra sostiene.
Alzando lo sguardo verso la cupola della navata centrale, si incontra la video-proiezione dell’opera: Corpo di Luce, una mongolfiera luminosa che gira su se stessa, accompagnata dal suono congiunto di un tamburo e dal verso delle rane che, ripetuto, si avvicina al canto sacro e alla preghiera meditativa del mantra. Questa visione illuminata suggerisce una prospettiva alternativa che ha come protagonista il fuoco, non solo come elemento distruttivo ma soprattutto come motore di elevazione, purificazione e trasformazione, elemento spirituale della consapevolezza e della conoscenza e via di accesso per una nuova dimensione percettiva.
Nella prima cappella laterale, invece, domina la forma circolare, sia nella statua di Apollo, ricorrente nella ricerca dell’artista, dopo un viaggio a Delfi nel 2000, sia nell’installazione realizzata con la stessa copia di una pagina di giornale intitolata Spazio per tempo che viene ripetuta fino a formare un cerchio temporale. Sulla pagina principale si possono leggere riferimenti allo specchio di Alice, alla natura duale dell’atomo, alla luna nel pozzo e al tappeto volante.
Nella seconda cappella, un’installazione riproduce la discesa di alcune gocce d’acqua che, con la creazione di continui cerchi concentrici, vanno a interagire, trovando il loro corrispettivo materico in sfere di porcellana lucida e opaca disposte in un’armoniosa composizione zen. In quest’ultima installazione sembrano riaffiorare le testimonianze del viaggiatore britannico Joseph Addison che, a inizio Settecento, aveva visto la grotta: «Il soffitto è arrotondato e distilla da ogni parte acqua fresca, che mi cadeva addosso, fitta come le prime gocce di un temporale».
Marco Bagnoli riesce a ricreare un luogo mistico, a tratti fantastico, che è lo specchio dei suoi viaggi in luoghi remoti, ai confini dell’immaginazione. Un percorso misterioso e solitario che si lega e trova confronto nella suggestiva memoria della Grotta Oscura, oramai andata perduta, sulla quale fu edificata la Certosa, luogo per antonomasia dedicato all’introspezione, al raccoglimento e che conserva intatto il suo fascino magico.
La mostra, visitabile fino al 6 giugno, è stata pensata per entrare in dialogo con l’architettura della chiesa certosina d’impianto trecentesco, ed è organizzata dalla galleria torinese Giorgio Persano, dallo Studio Trisorio di Napoli e dall’Atelier Marco Bagnoli, in collaborazione con la Direzione regionale Musei Campania e con il patrocinio della Città di Capri.