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Casa Vuota ospita “Il sogno del cinghiale” di Pasquale Gadaleta
Mostre
Nella mostra Il sogno del cinghiale di Pasquale Gadaleta, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, la dimora intima e quotidiana di Casa Vuota diviene spazio del selvatico umanizzato, luogo protetto in cui mito e simbolo, indomabilità e sacralità silvestre, prospera come sogno fantastico trasposto in una abitazione cittadina.
Dall’iconografia antica della caccia al cinghiale, ai colori della cronaca locale, dalla ferinità ibridata all’umanità impulsiva, l’animalità radicale ed istintuale innesta tratti zoomorfi a caratteri antropomorfi, vivendo gli ambienti domestici come santuario dell’intimità, dell’erotismo, dell’accumulo, dello svelamento e superamento dello spaventoso, includendo ricordi e presenze inquietanti, oggetti trovati e pitture, elementi costitutivi di una identità in bilico che ricerca l’isolamento, il nascondiglio, la fascinazione per le tracce vitali e mortuali. A lato e dentro le maglie della civiltà, il selvaggio si situa nell’appagamento del piacere, nella libertà della sfera favolistica, nel sogno fantastico di un connubio vitalistico tra estremi coincidenti, dove la quotidianità convive con la fabula mitica e metamorfica di un tempo antico.
In Grande quadro la forza e l’unione del gruppo di cinghiali nell’avanzare tra i giunchi ha un sapore arcaicizzante e un cursus novellistico puro, mentre in Cinghiali nella palude l’oscurità che avanza sul finire della sera riserva i propri umori e segreti ad occhi che prediligono il crepuscolo, lasciando che lo sguardo umano si chiuda nel riposo e approdi alla libertà dell’onirico a cui rimanda il giaciglio e la terracotta Cinghiale dormiente. Nella serie Ceramica erotica la sfera dei sensi si apre ad un ostentato sensualismo ferino, ad un trasporto baccantico, incastonato in piccole scene collocate in contesti arborei o nell’ardore di una camera da letto; la mente del cinghiale, in cui l’osservatore si proietta, interrompe la propria vis erotica nella ceramica Cinghiale solitario dove una razionalizzata solitudine è posta al centro della serie come cadenzamento e pausa tra i convegni amorosi.
Nell’installazione ambientale Insetti, il regno animale, classificato nel variegato e molteplice, nonché numerosissimo, mondo degli entomi, assume proporzioni maggiorate ponendosi come presenza minacciosa e inquietante che abita le pareti. Tramutati dalla propria estraneità, gli insetti sono corpi immobili ed osservati osservatori di un via vai di sguardi impauriti e guardinghi, respingenti o allettati. Nel chiedersi quanta proprietà di attrazione e repulsione ha una corporeità estranea e dissimile, riecheggia il commento di Walter Benjamin a La metamorfosi di Kafka: «L’uomo di oggi vive nel suo corpo che gli sfugge e gli è nemico. Può accadere che l’uomo si ridesti un mattino e si trovi trasformato in un insetto: la sua estraneità si è impadronita di lui». Tra dipinti su tela, terrecotte smaltate e installazioni ambientali, Pasquale Gadaleta accoglie l’osservatore in un rebus visivo ispirato al Libro dei mutamenti o I Ching: il cinghiale, nelle sue storie e forme mutate nella cornice di un ambiente domestico, è archetipo di un rivolgimento, apotropaico ed esorcizzante, di ciò che appare dannoso, alieno e spaventoso, una spontanea e naturale congiunzione e interazione degli opposti nel percorso di conoscenza ed evoluzione del se’.
Il fondamentale testo, sapienziale e divinatorio, de I Ching conduce pensiero e visione in una sfera psico-percettiva opposta al principio di causalità, anche definita da Carl Gustav Jung come sincronicità: «l’esagramma era concepito come un indicatore della situazione essenziale prevalente al momento della sua origine. Questa teoria implica un certo strano principio che io ho denominato sincronicità, un concetto che formula un punto di vista diametralmente opposto a quello della causalità. Quest’ultimo, essendo una verità meramente statistica e non assoluta, è una specie di ipotesi di lavoro sul modo in cui gli eventi evolvono l’uno dall’altro, mentre la sincronicità considera particolarmente importante la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, scorgendovi qualche cosa di più che il mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi oggettivi tra loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell’osservatore o degli osservatori. […]»; da questa sincronicità e interdipendenza, l’insieme delle opere presentate nella mostra a Casa Vuota si compongono come una interrogazione aforistica fatta di immagini e paradigmi, di proiezioni simboliche pervenute nell’istante e al contempo da retaggi antichi di una civiltà inconscia e collettiva: il giocoso e il mostruoso, l’eros e il thanatos, il fascino e l’orrore, la leggerezza e la ferocia, per quanto appaiano spiazzanti o incongruenti, sono essenzialità comuni e naturali, umane e animali, che Il sogno del cinghiale intreccia nell’articolazione misteriosa della fabula.