20 febbraio 2025

Casorati, tenerezza e inquietudine di una società sospesa tra le due guerre. La grande mostra a Milano

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Fino al 29 giugno, in mostra a Palazzo Reale oltre cento opere di Felice Casorati, interprete delle fragilità e delle inquietudini del primo Novecento

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Felice Casorati, Meriggio, 1923. Trieste, Civico Museo Revoltella, Galleria d’Arte Moderna. Photo Credit- Archivio fotografico del Museo Revoltella - Galleria d’Arte Moderna, Trieste. Copyright Felice Casorati

Curata da Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli, Casorati rappresenta un’emozionante e ricca retrospettiva sul lavoro di uno dei più apprezzati artisti italiani del XX secolo. La scelta di titolare la mostra con il semplice cognome del pittore, lascia intendere sin dal principio la volontà di affrontare una varietà di temi, in un percorso che si muove cronologicamente dalle prime opere degli anni Dieci e si conclude con gli apparati scenici disegnati nel 1951 per il Teatro alla Scala di Milano.

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Felice Casorati, Ritratto di signora, 1907. Collezione Giovanni e Anna Pia Mazzoleni, Torino. Collezione Giovanni e Anna Pia Mazzoleni, Torino © Felice Casorati by SIAE Foto Pino Dell’Aquila

Casorati: la pittura come terapia dell’animo

Casorati inizia a dipingere nel 1901, all’età di 18 anni, quando la pittura è per lui il principale strumento di cura a seguito di un esaurimento nervoso vissuto al tempo degli studi liceali. I genitori sostengono l’inclinazione del loro unico figlio maschio, affidandolo agli insegnamenti del maestro Giovanni Vianello. Risalente al periodo giovanile, la mostra esordisce con il celebre Ritratto della sorella Elvira, definito dal pittore «il mio primo quadro», nel quale la posa distinta della donna, ritratta di profilo, il nome inciso sullo sfondo a caratteri dorati, e il blasone nobiliare, rendono omaggio alla ritrattistica antica ed esprimo al contempo un lessico già personale e consapevole.

A quegli anni appartengono anche alcune opere che risentono dell’influsso della corrente simbolista, tra cui spicca, per qualità e composizione, Le signorine, dipinta nel 1912 e raffigurante quattro donne sospese nel vuoto della tela con un grande abete sullo sfondo, lo stesso che l’artista vedeva dalla finestra della sua stanza a Verona. Ciascuna di esse è nominata da un cartiglio, che le qualifica come allegorie di condizioni contrastanti: dolore, gioia, purezza e malinconia.

Felice Casorati, Le signorine, 1912. Fondazione Musei Civici di Venezia – Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. © Felice Casorati by SIAE

1918, Casorati conquista la sua cifra stilistica e porta sulla tela la desolazione del primo Dopoguerra

Strepitosa è la sezione dedicata alle grandi tempere, realizzate da Casorati a partire dal 1918, dallo stile inconfondibile e caratterizzate da tinte fredde, linee nitide, prospettive scorciate e figure desolanti e inquiete. Le opere raccontano lo stato d’animo della nazione, sconvolta dopo i fatti della Prima Guerra Mondiale, ma sono al contempo un grido dell’artista in risposta al dolore per la morte suicida del padre avvenuta nel 1917.

Di questa serie restano impressi il Ritratto di Maria Anna De Lisi, nel quale la donna, dal volto pallido, scarno e con gli occhi cavi, sembra imprigionata nel silenzio dello studio del pittore, e Mattino, che porta sulla tela una raggelante tavola apparecchiata per la colazione, ma senza alcun cibo, intorno a cui sono sedute cinque donne assorte nel loro dolore e isolate nei propri pensieri, tutti rivolti all’unico assente, l’uomo, evocato dallo sgabello vuoto in primo piano.

Felice Casorati, Silvana Cenni, 1922. Collezione privata. Photo Credit- Pino Dell’Aquila. © Felice Casorati by SIAE

Gli anni Venti: il trionfo di Casorati tra Torino e Venezia

La fortunata stagione degli anni Venti, che vede Casorati alla ribalta nei circoli del mecenatismo e dell’arte italiani, si apre in mostra con la sua opera più celebre: Silvana Cenni. Dipinta nel 1922, la tela, di grande formato e ispirata al Polittico della Misericordia di Piero della Francesca, ritrae una donna immaginaria, che posa per l’artista con fare ieratico e intangibile, seduta in una stanza affacciata sul Monte dei Cappuccini di Torino e con ai piedi pergamene e volumi sigillati, custodi del mistero racchiuso nel dipinto.

Segue in mostra una vivace sezione dedicata al sodalizio tra Casorati e Riccardo Gualino, brillante e facoltoso imprenditore, nonché famelico collezionista di ogni sorta di opere d’arte. Il rapporto di Gualino con Casorati è molto intimo, come testimoniano alcune immagini d’epoca presenti in mostra e soprattutto i ritratti della moglie Cesarina Gurgo Salice, dipinta come se fosse la dama di una corte rinascimentale, quelli del figlio Renato Gualino, e l’iconico dipinto di Riccardo stesso. A riguardo, si racconta che quando Casorati decise di spostare, nella primavera del 1926, il suo studio di pittura accanto alla lussuosa dimora torinese di Gualino in Via Galliari, l’imprenditore stabilì il canone «per cinque anni contro compenso di un quadro che Lei dipingerà per me in avvenire, quando ne avrà tempo e voglia».

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Felice Casorati, Ritratto di Riccardo Gualino, 1922. Collezione privata. Photo Credit- Mauro Coen. © Felice Casorati by SIAE

Nel 1924 l’artista partecipa con una mostra personale alla Biennale di Venezia, nella quale l’opera più commentata è Meriggio, dipinto che raffigura tre figure nude, due distese e l’altra accovacciata, investite dalla luce estiva in una dimensione sospesa e onirica. Lo stile dell’artista è approdato alla maturità: Casorati è riconosciuto come sofisticato ritrattista e pittore delle forme nitide, eleganti, rese con pennellate lucide e avvolte da un’atmosfera tersa e rarefatta, che ama inserire nei propri dipinti colte citazioni dagli antichi maestri, da Mantegna, a Bruegel e della Francesca. Un vero capolavoro, poi, che non si vedeva in un museo da tempo, è l’Annunciazione, forse tra le opere più interessanti di tutta la mostra, dove il pittore interpreta in maniera personalissima il tema tradizionale dell’annuncio a Maria. In una stanza spoglia, due figure silenziose si fronteggiano senza vedersi, separate dall’anta a specchio di un armadio, che riflette gli arredi ma non l’angelo che vi sta davanti. L’opera affronta i difficili temi della incomunicabilità e imperscrutabilità, che emergono dalla lezione del Casorati maturo.

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Felice Casorati, Raja, 1924-1925. Collezione privata. Foto Matteo De Fina

Intimità, melanconia e smarrimento, gli anni Trenta e Quaranta

Seguendo il percorso, alcune opere iconiche esplorano la produzione di Casorati tra gli anni Trenta e Quaranta, quando – nelle parole dei curatori – si manifesta la «primavera della pittura». A essere primaverili sono tuttavia solo le tinte e i colori delicati e luminosi dei dipinti, i cui soggetti appaiono al contrario avvolti per lo più da una brina esistenziale, che li irrigidisce e raggela, come nella Donna con manto (1935), che trasmette una violenta sensazione di freddo e desolazione. Fa eccezione il ritratto dell’amata moglie Daphne a Pavarolo, brano iconico della pittura casoratiana, nel quale lo sfondo delle morbide e verdeggianti colline piemontesi diventa un tutt’uno con la donna in primo piano, dipinta con le medesime tinte del paesaggio, simboleggianti serenità, naturalezza e dolce familiarità. Ripiombato nel baratro della guerra al principio degli anni Quaranta, il mondo intero sembra soffocare le proprie urla in Narciso, opera davvero intrigante e struggente. La tela mostra un ragazzino nudo e smagrito che si specchia all’interno di un ambiente vuoto, con alle spalle due donne, vestite in maniera dimessa, che gesticolano sconvolte, come se già vedessero l’imminente tragedia.

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Felice Casorati, Il castello, 1951. Milano, Archivio Storico Artistico – Bozzetti e Figurini – Teatro alla Scala. Photo Credit- Archivio Storico Artistico – Bozzetti e Figurini – Teatro alla Scala. © Felice Casorati by SIAE

Il tributo di Milano a Casorati, e viceversa

Se con questa mostra Milano ha voluto celebrare il grande artista a 35 anni di distanza dall’ultima rassegna a lui dedicata nel 1990, la sezione conclusiva del percorso rappresenta per inverso una sorta di omaggio di Casorati alla città, esponendo una divertente e ricca selezione di bozzetti realizzati negli anni Cinquanta per il Teatro alla Scala. Casorati era convinto che pittura, musica, drammaturgia, danza e canto trovassero nella dimensione della scena una sintesi perfetta. Con Il Castello, tempera su cartone dal tono fiabesco, cala il sipario su questa interessante mostra, prodotta dal Comune di Milano e da Marsilio Arte, che a nostro avviso merita davvero di essere visitata, anche con l’accompagnamento dell’audioguida narrata dai tre curatori, per conoscere o riscoprire un sensibile interprete dell’animo umano e del Secolo Breve.

1 commento

  1. Si vedono diversi articoli a commento della mostra su Casorati ma purtroppo sempre le stesse immagini delle sue opere .
    Grazie

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