Nel quartiere romano di San Saba, il nuovo spazio espositivo e progettuale della galleria z2o Sara Zanin, z2o project, ospita la pittura di Cesare Tacchi in “Una casa di foglie e fogli”. Un’esposizione a cura di Daniele Bigi e in collaborazione con l’Archivio Cesare Tacchi che mette in mostra un insieme di lavori realizzati tra gli anni Ottanta e Novanta. Una produzione che prende le mosse da uno specifico immaginario dell’artista romano, quello intimo e relativo al segno naturale proprio delle dimensioni del bosco e del giardino. È col pretesto di queste tematiche che si fa viva la profonda riflessione di Cesare Tacchi sul linguaggio pittorico e sull’essere artista.
Per la mostra a z2o project, la selezione d’opere di Tacchi esplicita il suo interrogarsi sulla pittura e sul suo autore a partire dagli anni Ottanta. “Una casa di foglie e fogli” presenta un nuovo linguaggio artistico, fondato sulla pittura e nato dopo la Cancellazione d’artista (1968) e la sua “riapparizione” in Painting (1972). Nella prima azione, Cesare Tacchi presso la Galleria la Tartaruga cancellò la sua immagine sul vetro che lo separava dagli altri presenti, dipingendolo. Nella seconda, all’interno dello studio di Elisabetta Catalano, l’artista svelava la sua figura pulendo il bianco steso su di una superficie.
Così, nasceva una nuova intesa tra il pittore e il suo pennello: una promessa intima per scavare nell’interiore per poi riportarne l’immagine su tela. Se prima Tacchi era solito realizzare opere aggettanti dalla superficie, “estroflesse”, imbottite, in espansione verso chi guarda, qui il movimento della sua pittura è verso l’interno, con l’invito a entrare. È un interno dall’atmosfera soprasensibile, quella che aleggia in La metafisica (1996) e che viene da Il pensare tra il fare (1984).
In questa seconda opera di magrittiana memoria, Cesare Tacchi si ritrae: davanti al busto composto e ben vestito c’è la sua testa tra le mani, una fredda e bluastra, una calda tra i toni del giallo e del verde, come la pelle del suo viso. Da qui, l’artista muove i suoi occhi interroganti verso chi guarda, il pennello nella tasca: si manifestano così le sue domande sulla pittura e su chi la fa. Un eco surrealista risuona da qui, attraverso le mura di z2o project, fino all’ovale di Mutter. In questo dipinto prende forma un lago dal blu profondo e oscuro, in cui emerge una zolla di verde e, al centro, un seno, simbolo della potenza creatrice.
Dissodato il terreno pregno di tali quesiti, Cesare Tacchi organizza i suoi pensieri nella forma – a lui cara – del pattern. In Fogliolinee bianche e Fogliolinee nere (1991) il tratto delle linee segue quello della foglia, su di uno sfondo ora verde ora giallo. Qui, in questi tappeti di foglie, l’artista fotografa la semente di questo suo discorso sulla pittura. È nella forma di queste siepi che oscilla il movimento pittorico di Tacchi: tra visione e linguaggio. Dall’ombra e dal mistero del bosco alla struttura metodica del giardino, meditata e organizzata.
È ancora il motivo della siepe che si configura nella tela di Ha nelle mani nulla (1992), dove le foglie si insinuano, rosse, in una sagoma umana di spalle immersa nel verde. Foglie rosse e linee nere che ritornano in forma concettualizzata nel dittico Viaggio al termine della notte (1998-1999), come parole che si susseguono, da un nuovo alfabeto ormai appreso. Con quest’opera è immediato il rimando all’omonimo romanzo di Louis-Ferdinand Céline. L’anarchico Céline, cronista del sentimento della vita del Novecento, che racconta il suo viaggio dove il buio si esaurisce e compare tutta la nefandezza umana, che lui vela d’ironia, con un linguaggio ricco, vivace e immediato. Invece, in “Una casa di foglie e fogli” Cesare Tacchi percorre un cammino di silenzio. Una riflessione che trova il suo antecedente nei fogli bianchi di Sécrétaire (1980), che qui insieme alle foglie si concretizzano in una rinnovata esperienza pittorica, di cui la curatrice racconta:
“Nel grande dittico rosso del Viaggio al termine della notte secondo i canoni della pittura, le foglie e i fogli trovano infine una sintesi ragionatissima ma altresì misteriosa. (…) In un disegno preparatorio, dove le foglie e i fogli non si sono ancora definitivamente compenetrati e compaiono solo fogli neri che sventolano come bandiere su un brillante fondo rosso, l’autore si firma in basso «Tacchi Anarchico». Credo dunque di non sbagliare nel pensare che il bosco e il giardino siano stati il terreno dell’esercizio quotidiano di un solitario quanto sofferto percorso di costruzione di una condizione di libertà.”
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