La mostra visitabile da A arte Invernizzi, a Milano, curata da Lorenzo Madaro, ha in esposizione le opere di Gianni Asdrubali, Nicola Carrino, Gianni Colombo, Lesley Foxcroft, Ignazio Legnaghi, Francois Morellet, Arcangelo Sassolino, Mauro Staccioli, David Tremlett, Antonio Trotta, Grazia Varisco, Michel Verjux. L’intento della mostra, come si evince dal titolo ispirato da Nicola Carrino, Dimensionare lo spazio, è di trattare i linguaggi di artisti che hanno indagato il tema della spazialità e della tridimensionalità, con il fine di immaginare nuove possibilità visive. Entrando nella galleria e visitando lo spazio al primo piano, è evidente come la disposizione delle opere coincida con la tematica della mostra. Le pareti bianche accolgono lavori quasi tutti di colore bianco, eterei protagonisti di un racconto senza tempo.
Tra i maestri della scultura, Antonio Trotta è presente con l’opera Sospiri, composta da 12 quadrati in marmo che conducono verso mondi lontani, in un binomio di realtà e apparenze. Nei lavori dello scultore la distinzione tra fruitore e opera si fa labile, generando una sensazione di perdita del limite tra il reale e l’irreale. Sensazione che accompagna lo spettatore lungo tutto il corso della visita.
Anche per la poetica di Arcangelo Sassolino i materiali ricoprono un ruolo fondamentale: sceglie infatti di lavorare con il cemento, per lui territorio di sperimentazione di forme, affiancate ai neon bianchi di François Morellet. Le opere di Sassolino, Senza titolo, richiamano la sua formazione, trascorsa in parte negli Stati Uniti, durante la quale ha lavorato sulla sperimentazione con diversi materiali, soprattutto industriali, creando una liason tra poetica e matericità. La velocità, la pressione, la gravità sono alcune delle tematiche sintetizzate nelle sue opere. Come Morellet anche Gianni Colombo, con la sua opera Luce/Ombra + X, indaga la relazione tra spazio, tempo e percezione, e il rapporto che si instaura tra opera e spettatore.
Nicola Carrino lavora invece sull’essenzialità delle forme e delle linee in modo da lasciare libera sperimentazione all’autore che opera nello spazio circostante. In maniera metodica, l’artista lavora con blocchi di acciaio su scala. Proprio un’opera di questa serie, un blocco di acciaio, dal titolo articolato, Ri/Costruttivo 1/69 E.2016. Teta, 10 moduli scalari n. 48.57/57.57, occupa il centro della sala, fungendo da punto focale dello sguardo dello spettatore. Al piano sottostante sono presenti opere dalla natura materica e cromatica differenti, all’ingresso del quale si trovano le opere di Michel Verjux e Igino Legnaghi. L’opera di Verjux, Poursuite ascendente, è una proiezione che trasforma la luce in forme diverse, mentre Legnaghi presenta un’opera scultorea geometrica, Senza titolo.
Lo spazio al piano inferiore accoglie opere dalle grandi dimensioni, come gli Gnomoni di Grazia Varisco. Anche lei, come Legnaghi, è abituata a giocare con le forme geometriche e loro possibilità. I perimetri netti della sua opera inducono lo spettatore a seguire con lo sguardo i vari punti di rottura e a immaginare nuove possibilità nello spazio. Le opere di Varisco sono fortemente sperimentali, lasciando tanti quesiti aperti in chi guarda.
Le opere di Gianni Asdrubali e David Tremlett sono state realizzate appositamente per gli spazi della galleria. Chamorra di Asdrubali è una pittura industriale su muro di circa tre metri i cui colori, bianco e nero, comunicano allo spettatore questo alternarsi di forme, movimenti, segni ripetuti che quasi simmetricamente occupano lo spazio. Drawing for an Exhibition di Tremlett è realizzato invece con grafite e pastello. Le due opere poste quasi una di fronte all’altra appaiono diverse sia per la tecnica utilizzata che per i colori e le forme. Infatti quest’ultima contiene tre tonalità differenti di colori, la composizione geometrica è lineare e le forme sono poste ordinatamente in sequenza.
I due interventi a muro sono in dialogo con l’opera di Lesley Foxcroft, Stacked (vertical corner), titolo che tradotto letteralmente vuol dire impilato, sovrapposto. L’opera è composta da MDF, ovvero pannelli di fibra a media densità. Questi pannelli posti a scacchiera si alternato dal bianco al nero creando quasi una fantasia minimalista anni Cinquanta. L’opera si pone ad angolo tra una sala e l’altra. L’architettura di questo lavoro crea movimento e conduce lo spettatore ad addentrarsi per scoprire l’ultima opera di Mauro Staccioli, Scultura ‘96, realizzata con cemento rosso. Staccioli, dalla fine degli anni Sessanta, ha indagato la natura dialettica della scultura come mezzo di relazione in grado di connettere l’arte alla società. L’opera fortemente materica mette in relazione la parete e il pavimento, mentre la forma evoca instabilità, anche per via degli angoli aguzzi, generando una percezione di spaesamento.
La mostra sarà visitabile fino al 21 novembre 2024.
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