A sette anni dalla morte avvenuta nel 2017, Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna e Genus Bononiae presentano a Palazzo Fava la prima mostra antologica dedicata a Concetto Pozzati.
La rassegna restituisce per la prima volta un’immagine completa di Concetto Pozzati: non solo un artista visivo ma un intellettuale a tutto tondo. Per diversi anni professore di Pittura all’Accademia di Bologna dopo le docenze a Firenze e Venezia e la direzione dell’Accademia di Urbino. Teorico e critico che scrisse sull’arte e curò rassegne di arte contemporanea in Italia e all’estero, diventando direttore artistico della Casa del Mantegna a Mantova nel 1998. Collezionista appassionato, che incoraggiò generazioni di emergenti. Politico impegnato nel ruolo di Assessore alla Cultura del Comune di Bologna dal 1993 al 1996.
Concetto Pozzati è stato per tantissimi anni un punto di riferimento per le generazioni che si affacciavano all’arte e alla cultura ed è riuscito, durante la sua lunghissima vita ad essere il faro di tanti giovani. Il titolo della mostra XXL, curata da Maura Pozzati e in programma fino all’11 febbraio 2024, gioca con ironia sulla sua taglia di abbigliamento, sui suoi baffoni, sulla sua voce roboante, sul suo carisma non comune di artista, di intellettuale, di insegnante, di pensatore, di scrittore e promotore culturale ma anche sul suo essere extra extra large caratterialmente. Uomo ingombrante, XXL nel pensiero, nell’intellettualità, nella grandezza della sua generosità. Un uomo amato, che quando entrava in un luogo portava con sé un’energia straordinaria e che tutta la città di Bologna ricorda con affetto e grande ammirazione. Chi ha avuto la fortuna di averlo come professore all’Accademia di Bologna, ricorda sicuramente dell’affollamento della sua aula e delle lunghissime chiacchierate di confronto che intesseva. Le sue lezioni erano giornate lunghissime e preziose in cui, a cerchio, si stava a parlare di tutto: attualità, arte, vita, politica, storie, artisti e mostre. Pozzati non ha mai insegnato a dipingere, lui insegnava a vivere, a guardare, a costruirsi un pensiero critico. Tra quelle mura rimbombavano frasi come: “segno chiama segno e colore chiama colore”; “l’arte è il mondo”; “per un pittore vedere è possedere e possedere è vivere”; “Contaminazione per favore. L’arte tenta di svelare il nascosto”; “Gli stilisti vestono, gli artisti svestono perché noi artisti siamo nudi continuamente”; “l’Arte svela il nascosto, il non detto, l’indicibile”.
La mostra delinea un percorso non cronologico ma suddiviso per temi, suggerendo un dialogo intimo tra i quadri del pittore, gli affreschi e gli elementi architettonici e decorativi di Palazzo Fava.
Le opere scelte per questa esposizione, allestite nelle sei sale del piano nobile e nelle stanze del piano galleria, attraversano e ben illustrano le fasi principali della carriera dell’artista.
Salendo le scale del palazzo, nelle stanze al piano nobile ci accolgono i dipinti di grandi dimensioni in un percorso espositivo che spazia dalle opere iconiche della metà degli anni ’60, alla produzione degli anni ’70 fino ai lavori degli anni ’80 e 2000 e oltre, come l’ultima serie, Vul’vare, del 2016.
La Sala Giasone presenta quattro dittici di grandi dimensioni realizzati tra il 2007 e il 2010: A casa mia, Ciao Roberta, Tempo sospeso e Cornice cieca, opere in cui emerge l’interesse di Pozzati per gli oggetti familiari e d’affezione. L’opera Ciao Roberta del 2007 è un commovente commiato della moglie scomparsa. Il vuoto lascia spazio alle cose che parlano di lei – la bicicletta, la giacca, le pantofole di casa e altri oggetti personali -, che improvvisamente acquistano un senso universale e diventano segni di una mitologia del quotidiano. In quest’opera che cattura lo sguardo, dedicata a Roberta, si viene completamente rapiti e si sbloccano una serie di ricordi legati alla vita personale dell’artista. Tra i particolari di questo capolavoro pittorico ritroviamo gli oggetti della quotidianità di Concetto come il pon-pon del quale lui non si separava mai e indossava sempre nel taschino. Un oggetto piccolo ma prezioso che portava sempre con se e che intonava un “Ciao Roberta” e un grido di dolore: “un uomo ha perduto la propria donna… si sente pieno di vuoto”
Nella Sala Rubianesca trovano collocazione quattro grandi lavori inediti realizzati ad acrilico e tecnica mista tra il 2013 e il 2014; le opere si intitolano Sottochiave e Occupato e raffigurano due degli oggetti più rappresentativi del domestico: la chiave di casa e il telefono, le cui immagini vengono reiterate in un giocoso sovrapporsi di forme, sagome e colori. La mostra riunisce eccezionalmente una selezione di opere degli anni ’70, forse la stagione meno conosciuta di Pozzati, quella senza dubbio più lontana dalla sua “cifra stilistica”, ma ricca di prove e sperimentazioni. Nella Sala Enea sono presenti cinque grandi opere su tela realizzate a tecnica mista tra il 1973 e il 1976: Per una pietà della produzione (1973-74), Analisys of Beauty da e per William Hogarth (1974), Eau Domestique ’74 (Numana), Guardare è Possedere (1975) e Per difendere il suo blu (1976).
La Sala Albani presenta due grandi tele con specchi realizzate nel 1968, Segnaletica e Pom 132, e la scultura in specchio Mare decorativo con pioggia del 1967; la Sala Cesi accoglie invece tre opere in acrilico e olio su tela del ciclo A che punto siamo con i fiori?, della fine degli anni ’80, mentre la Sala Carracci è tutta giocata sull’elemento femminile: in essa viene tracciata una linea che parte dall’immaginario Pop, con le rose stilizzate degli anni ’60, fino alla serie Vulv’are del 2016, di cui sono esposte due opere della serie che fu l’ultima serie di 54 opere fatte dall’artista prima della morte e che inizia raffinatamente da l’ Origine del mondo” di Courbet per arrivare alla riflessione:
Vulva, vulv’are, complesso narrativo, organo genitale esterno
della donna. Vagina che, nel “volgare”, si dice “fica” se non “figa”,
“gnocca”, “passera”, “mona”, “berta”. L’aristocratico “fiore di carne” e
“Origine del mondo” (Courbet) sono dedicati alla vulvocrazia…
Una delle serie più raffinate del grande Concetto Pozzati, la sua ultima grande ricerca, la serie, a mio parere, che lo ha lanciato definitivamente nella sfera dell’immortalità.
Il piano galleria di Palazzo Fava è occupato dalle opere su carta, nient’affatto marginali nella produzione dell’artista, anzi, da lui considerate importanti quanto i dipinti. La manica lunga ospita la monumentale opera Dopo il tutto (1980), composta da 301 disegni a tecnica mista, presentata per la prima volta alla Galleria De’ Foscherari di Bologna nel 1981 e poi alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 1991; ad essa viene affiancata una selezione di fotografie che documentano quelle memorabili installazioni. A seguire, una scelta di oltre 30 opere su carta realizzate tra il 1959 e il 2016. Tra queste spiccano i 5 esemplari dalla serie Il ricevuto (1975/76), mai più esposti dopo la mostra a Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1976. Nella sala video è infine proiettato il film A che punto siamo con i fiori? di Stefano Massari (35’, Italia 2019), un documentario composto della materia, dei segni e della voce di Concetto Pozzati, realizzato nello studio dell’artista poco prima della sua scomparsa. Finisce la mostra un video, che deve assolutamente essere visto. Nel video tante emozioni si intrecciano, così come tanti pensieri e tante persone che si uniscono in un abbraccio al grande maestro durante i festeggiamenti per i suoi 80 anni. Questa mostra è di una bellezza indicibile, XXL insomma come lo era lui.
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