È visitabile fino al 31 gennaio 2023, negli spazi di Red Lab Gallery a Lecce, la mostra “Corrispondenze”, di Luisa Elia e Arianna Sanesi, a cura di Carmelo Cipriani e Giovanna Gammarota. Come indicato dal titolo della mostra, desunto dall’omonima poesia di Charles Baudelaire, le due artiste si sono confrontate in una duplice personale rivelando assonanze e divergenze. Abbiamo intervistato i due curatori per entrare nel vivo di questa mostra.
Come nasce l’idea della mostra Corrispondenze?
«Il progetto si basa su un format ideato da Lucia Pezzulla, direttrice di Red Lab Gallery Milano-Lecce e già sperimentato dalla galleria: associare un artista che si esprime prioritariamente con il linguaggio della fotografia a un artista che invece ha scelto altri linguaggi. Dopo il progetto “Urbild” (ancora in corso) in cui a dialogare sono stati Francesca Loprieno e Gianfranco Basso, questa volta sono la fotografa Arianna Sanesi e la scultrice Luisa Elia».
Con quali risultati?
«La volontà di generare un confronto tra le loro opere ha messo in evidenza alcune associazioni formali del tutto inattese, che si è scelto di esaltare con un allestimento pensato ad hoc. Da qui l’idea di intitolare la mostra “Corrispondenze”, con il preciso intento di spingersi oltre il dato immediatamente visibile e dialogante, al fine di approdare nel simbolico e nel metafisico attraverso un vero e proprio incontro».
Quali corrispondenze esistono fra l’arte di Baudelaire e le due artiste?
«Come nella lirica di Baudelaire, anche nelle ricerche visive delle due artiste il dato fenomenico è superato in favore di significati più profondi. La forma trascende da sé alludendo ad altro. Luisa Elia parte dalle peculiarità estetiche e formali della materia per arrivare a testimoniare messaggi più reconditi, afferenti la memoria, l’arte e, non ultima, la poesia. Messaggi che dal particolare si allargano all’universale. Seguendo l’intuizione e assecondando il pensiero creativo, manipola materiali eterogenei con fare ludico e al tempo stesso lirico, generando forme compatte che, in virtù delle loro molteplici aperture, si lasciano attraversare dall’aria e dalla luce, disegnando ombre che sono anch’esse parti costitutive delle sculture, infondendo il materiale nell’immateriale e aprendo alla dimensione speculativa».
E poi?
«Analogamente, Arianna Sanesi conduce la sua indagine artistica seguendo un percorso che la porta costantemente a confrontarsi con il senso attribuito al concetto di essere umani, o meglio: del restare umani. Umano non tanto inteso quindi come “uomo”, quanto come sentimento e dunque come parte di un mondo naturale, come lo sono gli elementi dei luoghi che l’artista attraversa, in una sorta di erranza apparentemente senza meta ma che racchiude invece uno stato liberatorio scaturente dalla costante sensazione di sentirsi in trappola, una condizione che l’individuo molto spesso vive nella propria quotidianità».
E questo a cosa porta?
«È in questi momenti di profonda solitudine interiore che le immagini di Arianna Sanesi appaiono nella loro cristallina compiutezza, come fossero pronte e aspettassero solo di essere “estratte” da un mondo che giudichiamo reale ma che di reale non ha quasi più nulla. L’anima del mondo e di conseguenza dell’Uomo (pare dire l’artista con il suo lavoro) può nascere soltanto da una profonda simbiosi con il naturale che ci circonda, condizione essenziale affinché la strada da percorrere si manifesti».
In che maniera l’esposizione dialoga con lo spettatore e la sua quotidianità?
«La mostra, se da un lato induce il visitatore a ricercare nelle opere le corrispondenze e i riferimenti simbolici cui esse alludono, dall’altro modifica lo spazio in cui il fruitore si muove, disegnandolo con luci e ombre, pieni e vuoti, mentre visibile e invisibile si avvicendano senza soluzione di continuità».
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