Come la personale di Slaven Tolj a Bologna, mi ha ricordato come vivere e sopravvivere alla vita è un atto artistico.
C’era questa mostra che volevo raccontare e che non ho più scritto perché volevo lasciarla depositare e riecheggiare nel giusto modo perché come chi come me, frequenta questo ambiente da diversi anni sa perfettamente che per scrivere di certe opere, di certi happening e di certe performance, serve il giusto tempo per decontestualizzare e riflettere. E appunto c’è questa mostra, che è avvenuta a Bologna presso Palazzo d’Accursio in Piazza Maggiore a Bologna che è qualcosa di speciale.
Inizio dal principio, prendo un treno e mi ritrovo a Bologna il 5 febbraio scorso in pieno ultimo giorno di Artweek e Artefiera, giro in lungo ed in largo diversi stand in fiera e diversi progetti per la città delle due torri e poi mi imbatto nella personale di Slaven Tolj Craquelure. Pavo and me a cura di Daniele Capra.
Craquelure. Pavo and me è la prima personale dell’artista in un museo italiano, in questi spazi così belli i lavori in esposizione spaziano dalla scultura alla fotografia, dalla performance all’intervento site specific realizzato espressamente per la Sala Urbana ripercorre a volo d’uccello il percorso dell’artista croato evidenziando la sua capacità di porsi come elemento interstiziale rispetto alle dinamiche interiori, interpersonali e politiche. La storia artistica di Slaven Tolj riportata in mostra spazia dai suoi esordi alla fine degli anni Ottanta fino a lavori recenti che testimoniano le vicissitudini dovute a un ictus che ha minato le sue capacità linguistiche, la pratica della body art e dell’arte concettuale sono centrali per Tolj, la cui opera è alimentata da un continuo scambio con gli eventi umani e professionali vissuti in prima persona. La prima sensazione palese a chi visitava la mostra è che la personale, ha la forma di una sintetica retrospettiva, praticamente è un diario che racconta attraverso le vicende personali e storiche che hanno segnato la vita di Tolj, a partire dalla tragica dissoluzione della Jugoslavia passando per la morte di un suo amico. Il fotografo Pavo Urban, morto in guerra a Dubrovnik il 6 dicembre 1991, a cui la personale è dedicata e del quale vi sono due fotografie negli spazi espositivi del museo bolognese.
Come riporta Capra nel suo testo curatoriale: «La sua opera è radicale e parla candidamente di vita, di dolore, di memoria, di perdita, di abbandono, di incomunicabilità e di sconfitta, che vengono formalizzate in modo interrogativo nei confronti dello spettatore con geometrica e tagliente precisione. Tanto i suoi objet trouvé quanto le sue performance sono infatti prelievi e restituzioni di porzioni di vita reale nella loro inattesa essenzialità. A cambiare è il fattore di scala, poiché Tolj ha l’abilità di non limitarsi alla semplice trascrizione di un evento o di una storia, ma di restituirne, sotto forma di un lavoro oggettuale o di un’azione, la smodata e lacerante intensità». Tutto questo è palese e ricorrente se si visitano gli spazi e si guardano le opere con occhi attenti, davanti abbiamo una mostra che non incontra la narrazione bensì te la fa vivere.
Nella performance Bologna, February 2023, per chi l’avesse vista Tolj sta svestito nello spazio della Sala Urbana in attesa che qualcosa succeda, che si renda manifesta una relazione. Nelle sue orecchie la canzone Bella ciao, una delle prime cose che ha riconosciuto del mondo dopo il risveglio seguito all’ictus. Poi quella musica diventa esplicita, presente, a indicare la presenza di un interlocutore, di un nuovo possibile dialogo o di una rinascita. Pur nel suo peso insostenibile, la vita è una sfida tragica che merita di essere accettata.
Si esce da questa personale come se un pugile ci avesse fatto conoscere i suoi ganci, ma proprio per questo ad ogni colpo, ad ogni colpo basso ci sentiamo vivi. Volevo scriverne prima ma come anticipato all’inizio i colpi in questo caso, dovevo analizzarli bene per poter essere il più possibile obiettivo, adesso posso ben dirlo è per me la mostra che nessuno doveva perdersi nella settimana dell’arte bolognese, e per chi se la fosse persa ahimè, spero tanto che possiate vivere le opere di questo artista croato prima della fine della mostra il 5 marzo 2023 perché vi mostrano come affrontare e sopravvivere alla vita nonostante tutto.
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