Se Donatien-Alphonse-François de Sade scriveva che la crudeltà è una virtù e non un vizio, oggi questa forma perversa di virtù trova spiegazione in una mostra che non mette in scena solo opere d’arte ma dei “crudeli oggetti del desiderio”.
Dal 1928 Alberto Giacometti, dopo aver preso parte al gruppo surrealista, riscoprì le teorie del filosofo libertino. Travolto da questa ideologia insieme agli altri membri surrealisti, l’artista fu influenzato dal perverso marchese realizzando tra il 1929 e il 1934 sculture, disegni e altri vari lavori inediti raffiguranti scene di violenza, sesso e depravazione, tutti raccolti in questa mostra parigina.
L’erotismo in esposizione non è esplicito ma viene espresso giocando con le pulsioni dell’inconscio, attenendosi a uno stile surreale tendente all’astrazione.
Gli oggetti sono muti e schematici e i loro meccanismi sono manipolabili come lo è il piacere.
Spesso rappresentano dettagli organici che descrivono il corpo solo in modo allusivo, una forma d’espressione che arriva a far coincidere la morte con il godimento.
Le opere esposte non sono tutte firmate Giacometti, la foto Femme portant l’Objet désagréable d’Alberto Giacometti (1931), è opera di Man Ray. Mentre il video di Estefania Peñafiel Loaiza De L’incertitude qui vient des rêves (2018), rivela lo svolgere del film di Buñuel, Un Chien Andalu, riflesso in un occhio ingrandito. Qui l’intenzione è quella di evocare uno sguardo penetrante quanto la penetrazione sessuale, riferendosi al piacere, descritto da Freud, di possedere l’altro attraverso lo sguardo.
Lo spazio diventa il luogo di tutte le ambiguità, anche le meno comprensibili: il percorso espositivo evidenzia la continua ricerca spaziale di Giacometti incentrata sulla materia e sulla sua delimitazione, senza escludere un sottile humor.
I pannelli, le pareti e i piedistalli delle teche che racchiudono tutte queste sfumature del piacere, sono in rosa chiaro, un colore innocente che viene macchiato da toni viziosi, abbinandosi perfettamente al contesto della mostra.
Tutte le opere sono ben inserite nell’elegante edificio che unisce forme Art Nouveau e Déco, l’Institut Giacometti ,infatti, era l’atelier di Paul Follot, famoso designer francese che si occupò dell’architettura e dell’arredamento del palazzo.
Se l’intento di andare a visitare la mostra è quello di aspettarsi scene senza sottintesi, meglio abbandonare questa aspettativa.
Lo charme dell’esposizione sta nell’impatto generato da oggetti del desiderio che non dichiarano una crudeltà evidente, ma sottile e pungente, lasciando un’incomprensione perturbante che condanna lo spettatore a una sadica attenzione.
Chiara Bonanni
Dal 21 novembre 2019 al 9 febbraio 2020
Cruels objets du désir Giacometti/Sade
Institut Giacometti
5, Rue Victor Schoelcher
75014 – Parigi
Info : www.fondation-giacometti.fr
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