È un viaggio empatico e pulsante, che incontra i contesti urbani, le strade dell’Avana, e ingloba le melodie e le sonorità tipiche, dai ritmi afrocubani al reggaeton, i comportamenti e le abitudini, le vicissitudini e i desideri che legano l’individuo al gruppo, quello che prende forma nella sede dell’Ex Ospedale di San Rocco, Musei Nazionali di Matera, in occasione della mostra Cuba introspettiva.
I dodici artisti, Juan Carlos Alom, María Magdalena Campos-Pons, Luis Gómez Armenteros, Tony Labat, Sandra Ramos, Lázaro Saavedra, Analía Amaya, Javier Castro, Susana Pilar Delahante Matienzo, Ernesto Leal, Glenda León e Grethell Rasúa, afferma il curatore, Giacomo Zaza, «offrono un caleidoscopio narrativo d’impegno etico, scevro da qualsiasi impalcatura epica, accompagnato dall’interiorizzazione della storia (con le sue derive) e di quei desideri che legano il singolo al gruppo. Una sorta di mosaico di brani imbevuto di un “temperamento” sincretistico che intreccia spazio pubblico e spazio privato (spesso negato dai precetti del Comunismo), vicende socio-culturali e inattesi percorsi fantasiosi. Le argomentazioni non sono al servizio dell’idealismo “rivoluzionario” o dell’identità di massa, ma perseguono innumerevoli scelte esistenziali e identitarie, mantenendo viva una relazione aperta alla diversità – inclusa l’identità nera e mestiza. E i dispositivi narrativi appaiono molteplici: voci fuori campo, interviste, filmati d’archivio, riprese amatoriali, animazioni, azioni corporali svolte davanti alla videocamera.
Lungo l’intero percorso di Cuba introspettiva prevale una visione riflessiva, intrisa di tratti ironici e sarcastici, a volte paradossale e inquieta, oppure scabra e senza enfasi, come avviene in certa letteratura cubana – dalla scrittura diretta e antidogmatica di Virgilio Piñera o di Edmundo Desnoes, al linguaggio graffiante e aspro di Pedro Juan Gutiérrez in cui si sedimentano le tracce dell’universo marginale – e sempre accompagnata dall’interiorizzazione e dal vaglio della storia (con le sue derive), nonché da inarrestabili attitudini sincretistiche.
Gli artisti, che si muovono tra valori fondativi dell’esperienza e la ricerca di una dimensione poetica, uno spazio sensibile, a volte corteggiando il mondo magico, rinnegano qualsiasi canone e impalcatura epica, demolendo ogni pretesa metafisica, offrono un percorso visivo corale e molteplice che mette in primo piano un immaginario di libertà (erede del carnaval cubano) nel quale confluiscono frammenti decentrati di una narrazione d’impegno etico. Sfuggendo agli stereotipi per definire un laboratorio visivo pensante, ognuno di loro esplicita visioni non convenzionali, discostandosi o avvicinandosi a implicazioni politiche, insieme a un racconto metaforico che intende aggiungere discorsi differenti rispetto all’ordine stabilito.
L’immagine video è viscerale e cerebrale, ma sempre in divenire: passa dai profili illustrativi e declamatori alla mescolanza di codici visivi. Ha in comune con le esperienze latinoamericane la commistione di significati poetici e provocatori, quanto di espedienti formali alti e bassi. Scende in strada ed entra in relazione con la sottocultura, i quartieri e gli angoli dimenticati – come per gli artisti Javier Castro, Juan Carlos Alom o Lázaro Saavedra – o dà spazio al corpo e alle sue pulsioni più recondite, incarnando l’energia del politeismo della Santería o interpreta la precarietà, la potenzialità sociale e le forme di sopravvivenza. E sempre discute le versioni ufficiali della realtà e della Storia perlustrando e recuperando un repertorio culturale “condiviso”, reso esplicito dalla danza, dai suoni, dalle voci e dal linguaggio comune quali imprescindibili esperienze in cui immergersi.
La mostra ai Musei nazionali di Matera crea un importante momento per conoscere alcuni temi del mondo cubano, la sua insularità, facendo eco anche alle ricerche fuori dall’isola. Dimostra come la crisi ideologica degli ultimi decenni contribuisce a una pratica artistica desiderosa di superare lo scarto tra il passato storico e il presente sociale, configurando un campo d’indagine visiva, nonostante la limitatezza delle apparecchiature che caratterizza l’isola. Le opere esposte corrispondo alle tappe di un’esplorazione all’interno dell’universo umano, affetto tanto da condizioni d’incertezza e di vulnerabilità, quanto da momenti di emancipazione e rinascita. Nascono dal dialogo con lo spazio ordinario del vissuto sociale e con le energie corporali che transitano dal singolo alla sfera partecipata del gruppo. Le immagini in movimento commentano la società in trasformazione e l’ideologia utopica quale motore della storia cubana (e non solo), e si soffermano sul disincanto e sulla vitalità del pensiero (soggettivo) contro il pericolo di una stagnazione d’idee.
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