Quando frequentavo l’aula 1 di Brera con Alberto Garutti parlavamo spesso della freschezza dello sguardo della cultura cinese nel rapporto che instaura con l’arte europea e in particolar modo italiana del periodo moderno. È esattamente questo, questo sguardo fresco, che dà una forte impronta e connotazione alla mostra “Doppio Negativo” di Cui Li e Cao Zhihao (a cura di Carlo Corona) presso La Siringe (visitabile a Palermo su appuntamento fino al 23 maggio).
Ci sono vari aspetti che si intrecciano nella costituzione di questa mostra: la provenienza degli artisti, il loro essere abitanti fiorentini, lo studio degli Uffizi tanto dello spazio quanto delle opere contenute, il pensamento di un’opera site specific per lo spazio espositivo. Il duo artistico ha studiato belle arti in Cina e, parlando con il curatore, mi viene fatto presente come il Rinascimento sia il periodo della storia dell’arte italiana più studiata all’accademia, tanto da avvolgersi quasi da un alone di mitologia. Cui Li e Cao Zhihao si trasferiscono a Firenze qualche anno fa e affrontano in due modi la città: da turisti – inizialmente – e da abitanti. Intensa è stata, da turisti, la frequenza agli Uffizi, le domande sullo spazio cittadino, la visione dei monumenti e delle opere: cioè tutte le problematicità della turistificazione fiorentina di massa. È per questo che gli interrogativi sugli Uffizi rimangono forti, predominanti in un modo di studiare e pensare al Rinascimento come alla rinascita per antonomasia, soprattutto guardando alle opere di Raffaello, di Leonardo, cioè della maturità rinascimentale italiana.
Ponendo questa base materiale, il duo arriva a Palermo per il sopralluogo dello spazio espositivo. Mi colpisce (ero presente per puro caso anche io al loro arrivo) la curiosità viva per La Siringe, spazio indipendente di Enzo Caló, Gabriele Massaro e Davide Mineo, artisti palermitani, che portano avanti da circa un anno una ricerca multidisciplinare tutta in divenire. Ex sala prove, lo spazio è costituito da un tetto fonoassorbente a scaglie piramidali, costituito da pieni e vuoti triangolari; i muri sono incrostati, multicolore sovrapposto in scarti e ripensamenti murali.
Cui Li e Cao Zhihao dunque decidono di relazionarsi allo spazio, portando con loro il proprio bagaglio esperienziale fiorentino. La mostra è composta da più elementi in dialogo tra loro. Una piramide, in richiamo alla lastra fonoassorbente del tetto, ricavata da parte del muro, scavata a cono, esposta su un piedistallo in cemento: riflessione sullo spazio e sull’idea di positivo e negativo.
A questa piramide si aggiungono tre pannelli bianchi installati a parete con una cornice lasciata vuota a terra. Scopro che non sono pannelli dalle misure casuali. Gli artisti portano la loro esperienza fiorentina di studio del rinascimento e del loro rapporto con Firenze nelle misure ci questi pannelli, che riprendono le misure di tre opere specifiche degli Uffizi: Nascita di Venere di Sandro Botticelli, 1485, 172,5 cm x 278,5 cm; Il ritratto d’uomo con medaglia di Cosimo il Vecchio, 1475 ca., 57 cm x 44 cm; Madonna con bambino e San Giovannino, 1506, 107 cm x 77,2 cm. Nessun riferimento, se non nelle misure, alle opere menzionate.
Vi è un ripensamento di queste opere da parte del duo di artisti che le spogliano del contenuto e della loro cornice espositiva, buttata a terra, presentando uno schermo in cui tutto è possibile. Il pannello si spoglia del suo passato, diventando un “in divenire”, un fissaggio del presente. Una mostra interessantissima, ma che si può godere pienamente solo parlando con gli artisti e con il curatore. La materialità di questi lavori manca – infatti e purtroppo – nel testo critico di accompagnamento.
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