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Da Casa Di Marino, sette artisti raccontano il futuro sfuggente di una generazione
Mostre
Mentre ogni giorno la cronaca si fa rapidamente storia, nel cuore di Napoli, Casa Di Marino presenta un progetto espositivo che si muove come un respiro sospeso, un sussurro notturno di anime in transizione. Visitabile fino al 5 aprile 2025, la mostra collettiva Our Souls at Night raccoglie le esperienze di Omar Castillo Alfaro (Messico,1991), Guendalina Cerruti (Milano, 1992), Gwen (Pitesti, Romania, 2001), Miriam Marafioti (Genova, 1996), Margherita Mezzetti (Siena, 1990), Gabriella Siciliano (Napoli, 1990) e Yulia Zinshtein (Filadelfia, 1990): artisti accomunati da un senso condiviso di inquietudine, segnati dal peso di un futuro che sembra sfuggire, relegandoli a una condizione di attesa.


Il progetto si inserisce in quel flusso narrativo che da qualche anno interroga il destino di una generazione cresciuta tra la promessa del progresso e la paura di una apocalisse imminente. Definiti qui in Italia “Generazione Erasmus”, figli degli anni ’90 e 2000, di tempi senza muri e senza confini, vivono paralizzati in una bolla di tempo collassato, dove le certezze sembrano smarrirsi e ogni passo verso il futuro è vissuto con la paura di un precipizio incombente. Una generazione che, pur essendo globalizzata e connessa, si ritrova ad affrontare l’incertezza esistenziale, come sospesa tra una realtà che non sembra più appartenere e un domani che sfugge. Gli artisti in mostra costruiscono un mosaico di visioni contrastanti in cui la solitudine diventa codice comune, declinata in una serie di linguaggi visivi che spaziano dall’evocazione nostalgica al perturbante, dalla materia digitale all’organico più intimo.


Le artiste Yulia Zinshtein e Margherita Mezzetti condividono un’esplorazione del vuoto relazionale. Zinshtein dipinge corpi abbozzati, che sembrano sospesi in un momento di silenziosa attesa, nei bar notturni. Le sue figure, volutamente incompiute, evocano una solitudine che si fa quasi tangibile. Mezzetti, invece, sembra interrogarsi sull’esistenza di una realtà sintetica e irreale, creata attraverso collage che rappresentano corpi privi di calore e vitalità, al contempo immersi in un’atmosfera di fragile bellezza.


In mostra, la pittura di Miriam Marafioti sovverte la geografia tradizionale trasformando mappe e paesaggi in scenari acidi e dissonanti, sovrapponendo elementi naturali e scientifici generando una visione fluida dell’identità contemporanea. La sua arte invita lo spettatore a confrontarsi con la mutevolezza dell’esistenza: nelle sue tele, lo spazio è rarefatto ma brillante, attraversato da una luce irreale, come se l’artista volesse immortalare il momento di una catastrofe imminente, un mondo che si sgretola sotto il peso della propria instabilità. Paesaggi tipici ma interrotti, marziani.


Gli artisti Omar Castillo Alfaro e Gwen, pur operando in contesti e con medium differenti, affrontano entrambi la complessità dei traumi storici e personali, portando alla luce le inquietudini che segnano l’identità contemporanea. L’artista messicano Omar Castillo Alfaro, nelle sue opere, recupera il retaggio post-coloniale attraverso pratiche artigianali ancestrali, intrecciando memoria storica e dinamiche culturali contemporanee. Il suo lavoro non si limita a rappresentare il passato, ma diventa un atto di riappropriazione e riflessione sul presente, raccontando la persistenza di un trauma collettivo che ancora definisce l’identità, spesso segnato da contraddizioni irrisolte. Nei lavori di Gwen, artista rumena classe 2001, invece, l’oscurità diventa un veicolo per esplorare i traumi interiori. Mostri e streghe si fanno simboli di paure biografiche e collettive, manifestando la lotta tra il subconscio e la realtà. Proprio come Castillo Alfaro, anche Gwen attinge alla memoria, evocando l’inquietante connessione tra il passato e il presente, dove il trauma non è mai completamente sepolto.


A punteggiare i vari ambienti di mostra ci sono poi le opere dell’artista napoletana Gabriella Siciliano. Con i suoi cavalli da giostra a riposo di Mi Manchi, Siciliano affronta la difficoltà di abbandonare lo spazio liminale tra adolescenza ed età adulta evocando una nostalgia per l’innocenza perduta e la complessità del crescere. Queste figure giocose, un tempo simboli di conforto, diventano metafore di un passato che continua a influenzare il presente, sottolineando la malinconia e la dolcezza dei ricordi d’infanzia. I colori tenui delle sue opere suggeriscono un’attesa, un desiderio di un ritorno impossibile, una sorta di sospensione tra il rimpianto e la speranza.


Parallelamente, la ricerca di Guendalina Cerruti oscilla tra il gioco e la costruzione di un’estetica grezza e brillante, mescolando perline e materiali di recupero in un DIY post-industriale. Le sue installazioni sembrano provenire da un altro universo parallelo in cui il tempo si è cristallizzato nell’infanzia, ma con un’inquietudine di fondo: la consapevolezza che ogni gioco, ogni costruzione effimera, è destinata a sgretolarsi, a breve.


Our Souls at Night non offre risposte né cerca narrazioni facili. Si snoda tra gli spazi espositivi e abitativi di Casa Di Marino, una mostra che oscilla tra malinconia e rassegnazione, tra un’attesa che sembra eterna e la paura di un irreversibile declino. Così, tra visioni frammentate e sogni interrotti, ci guida in un viaggio collettivo dentro una notte che sembra non voler finire mai.