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L’evento Vincent van Gogh espone in 4 sezioni oltre 50 opere dell’artista al Museo Revoltella di Trieste, molte delle quali provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo (Olanda), e accompagnate da apparati didattici, frasi, video e scenografie. La mostra vuole ripercorrere l’intera vita del pittore, dai cupi disegni di gioventù all’espressività del duro lavoro, da Parigi fino ad Auvers-Sur-Oise. Inoltre, rispetto alle esposizioni precedenti, il Museo ospita anche i ritratti di Monsieur e Madame Ginoux, qui esclusivamente ricongiunti.
Inquieto. Vincent van Gogh (1853-1890) ebbe una vita spesso tormentata ed errabonda. La mostra apre descrivendo l’inizio della sua carriera a L’Aia, in cui si concentrò soprattutto su un disegno fatto di prospettive, paesaggi ed umili lavoratori. Nel 1886 si trasferì poi a Parigi, ove dal confronto con i suoi colleghi nasceranno collaborazioni roboanti, come con Paul Gauguin. Nel 1888 fu la volta del soggiorno ad Arles, ritratto nella seconda sezione della mostra. Qui Vincent congiunse la sua sensibilità alla potenza di una nuova luce e al colore vivo, per crearne forme definite da una pennellata densa, armoniosa e promotrice dell’Espressionismo. A seguire, la terza sessione ritrae invece la sua parentesi al manicomio di Saint-Paul- de-Mausole, in seguito alla quale gli fu poi permesso di tornare a dipingere nei suoi amati campi. Infine l’ultima parte, che racconta il suo ritorno a Auvers-sur-Oise, dove dipinse molte opere come ritratti, paesaggi e nature morte, fino alla fine.
La gente non fu pronta a capire l’intensità di Vincent van Gogh. Ciò nonostante, in un mondo che spesso lo stordiva e lo denigrava, costringendolo alla fuga, la grandezza di quest’uomo fu tale da condurlo ad amare comunque il prossimo, suo fratello Theo ma anche altre persone, specie quelle sfortunate, oneste, silenziose, lavoratrici, eroi di tutti i giorni.
Lui considerava l’amore come qualcosa di veramente artistico. Bisognoso d’affetto ma allo stesso tempo schivo, rimase sempre fedele a se stesso, radicato nella sua Arte e cosciente che questa sarebbe un giorno arrivata a tutti quelli che verranno. Come ricordano le sue citazioni di cui è disseminata la mostra, Vincent non lavorava per la paga dei suoi quadri ma per la gioia, il coraggio ed il rischio di viverci dentro. Per lui la professione non era quello che ti fa portare a casa il soldo ma il convivere con il dono per cui nasci, come fosse una chiamata spirituale. Per van Gogh era imperativo resistere e dipingere, per riuscire a mettere a tacere tutte quelle voci pessimiste e subdole a lui avverse, anche soltanto per un giorno in più, per fargli capire che la vita era bella e così la pittura.
Ancora un giorno rubato al tormento, ancora un quadro dipinto, da qui all’eternità.
Secondo Vincent infatti non era tanto la morte la cosa più difficile per un pittore, quanto il raggiungere le stelle. E aspettare quel momento in pace, nello scorrere degli anni, sarebbe stato come raggiungerle a piedi. Oggi Vincent van Gogh è uno degli artisti più conosciuti al mondo, icona dell’arte ed amatissimo dal pubblico. La sua padronanza del colore è geniale. Egli riuscì a trasformare il peso ed il dolore della sua vita in opere di estatica bellezza. Il tormento è “facile” da rappresentare, ma incanalarlo e vincerlo con la pittura, raggiungendo l’estasi e la grandezza della natura, è straordinario e forse mai nessuno riuscirà più a ritrarle così. Lui fu non solo un artista geniale ma anche uno dei più grandi uomini che abbiano mai sentito e raggiunto la natura e la fede, magari in una di quelle notti luminose che assomigliano ad un sogno, in cui il vento celeste disegna scie e vortici stellati.
«Voglio che i miei dipinti arrivino al cuore della gente.(…). In breve voglio fare tali progressi che la gente possa dire delle mie opere: Sente, profondamente. Sente con tenerezza. – malgrado la mia cosiddetta rozzezza e forse perfino a causa di essa». Lettera a Theo n.218, L’Aia, 21 luglio 1882. E noi oggi, ti sentiamo, Vincent van Gogh.
La mostra è prodotta da Arthemisia e curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti. Inoltre è realizzata con la collaborazione del Kröller-Müller Museum di Otterlo, mentre è promossa ed organizzata dall’assessorato alle politiche della cultura e del turismo del Comune di Trieste.