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Dalla statua allo spazio, oltre i limiti dell’oggetto: la mostra alla Gam di Torino
Mostre
Fino al 10 settembre 2023, alla Gam – Galleria d’Arte Moderna di Torino è possibile visitare la mostra “Viaggio al termine della statuaria”, a cura dell’attuale direttore Riccardo Passoni. In mostra sono presenti una cinquantina di opere di quaranta artisti selezionati tra i più significativi operanti in Italia a partire dagli anni Quaranta fino agli anni Ottanta del novecento. Le opere provengono dalla stessa collezione della Gam, dalla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.
La mostra è particolarmente interessante per almeno due importanti ragioni. La prima è che colma un gap. Raramente, infatti, viene dato spazio autonomo alla scultura e a quello che è stato il percorso artistico e concettuale che questa specifica forma di espressione artistica ha attraversato nel corso dei decenni. La seconda ragione invece ha a che fare proprio con la riflessione che il “Viaggio al termine della statuaria”, come recita il titolo, puoi aiutarci a elaborare sulla storia dell’arte contemporanea in Italia, in un periodo così denso di avvenimenti e intenso nella ricerca come fu quello che va dal Dopoguerra fino alla fine degli anni Ottanta.
È infatti da osservare come già nel titolo dell’evento siano posti in luce due concetti non banali: il primo è l’uso del termine “statuaria” – la statua, quindi, come opera oggetto tridimensionale, dotato di una propria articolazione e presenza fisica nello spazio – e non letteralmente di scultura. Il secondo concetto ha invece a che fare con l’idea del viaggio, o meglio “viaggio al termine”, a indicare l’intenzione di indagare i confini della scultura, con l’intenzione in certo senso di forzarli fino a scorgere ciò che si trova di là da quelli. Si indica con questo, perciò, un oltrepassamento dei limiti, una trasformazione del concetto stesso di scultura intesa come lavoro plastico e tradizionale, per inoltrarsi in un luogo di sperimentazioni sempre più ardite, che vanno dal colore a gesti sempre più dissimili rispetto all’atto dello scolpire in se stesso che, nelle parole dello stesso Passoni, si tramuta in altro da sé e farsi gesto diverso, come forgiare, assemblare, architettare.
In altre parole, si può dire che la scultura, o meglio gli scultori, nel corso dei decenni cambiano il modo di concepire il proprio operare e si mettono sempre più a lavorare con lo spazio. Lo ritmano, lo scandiscono, lo colorano, danno vita ad esperienze sinestetiche e concettuali sempre più elaborate e a volte estreme. Si avventurano in territori nuovi, dove tutto è permesso e lavorano sì ancora con marmi e terrecotte, ma anche con specchi, metalli, luci e sostanze chimiche, fino a plasmare l’ambiente stesso che li circonda.
Il percorso espositivo della mostra alla Gam prende, così, le mosse da un’opera sostanzialmente tradizionale. Si tratta del Ritratto di Eva di Edoardo Rubino. Qui lo sguardo di una donna pare fissarci attraverso il marmo indicandoci con gli occhi le opere successive. Da qui la mostra si snoda in ordine cronologico, tra le opere di Umberto Mastroianni, Fausto Melotti, con le sue donnine in ceramica, Ettore Colla, Marino Marini, Lucio Fontana, con il suo “concetto spaziale”, e dei grandi maestri dell’Arte Povera, come Giovanni Anselmo, Gilberto Zorio, Giuseppe Penone e una sorta di torre spiraliforme in cartone di Alighiero Boetti. Si arriva, quindi, alla raggiera di specchi di Michelangelo Pistoletto del 1973-1976, passando per la grande campana di Luigi Mainolfi con il suo rosso vivo, fino ai lavori di Giuseppe Spagnulo, di Nanni Valentini e di Paolo Icaro. Un’attenzione particolare è da rivolgere all’installazione scultorea di Nanda Vigo, dal titolo Exoteric gate, anch’essa del 1976. Il lavoro occupa lo spazio espositivo di una piccola saletta laterale, che appare interamente immersa in un magico blu elettrico che si riflette in specchi dalle forme geometriche, a mettere in discussione la nostra percezione dello spazio ed il modo di abitarlo.
Il percorso attraverso le opere racconta, così, come la scultura abbia via via modificato i propri obiettivi tanto dal punto di vista etico quanto estetico, come scrive Passoni, fino a trasformarsi in qualcosa di completamente nuovo. Come diceva Heidegger in un breve testo del 1964, scopriamo allora che lo spazio della scultura è divenuto lo spazio scolpito dalla scultura stessa, anche quello in negativo intorno ad essa, a volte molto più di quello concretamente compreso nella materia fisica che costituisce quell’oggetto o quell’opera che, in mostra, ci troviamo di fronte.