Le mostre alla Collezione Maramotti si inseriscono negli ambienti dellâedificio di impronta razionalista e organicista della Collezione Maramotti, costruito nel 1957 come fabbrica di confezioni Max Mara e successivamente, intorno ai primi anni duemila, convertito in spazio espositivo dedito a raccogliere la collezione dâarte contemporanea del fondatore, Achille Maramotti, mantenendo però la sua conformazione originale.
La mostra Deadweight è frutto della pratica artistica di Dominique White, vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, del quale la Collezione Maramotti è partner dal 2007. Per la scelta del titolo lâartista attinge alla sfera nautica, facendo riferimento al termine âdeadweight tonnageâ, che traduce letteralmente tonnellaggio di portata lorda, e identifica la capacitĂ massima di carico trasportabile da una nave in tonnellate metriche. Lâartista sfrutta e ribalta questo concetto di resistenza, attraverso le sue opere mette in risalto il deterioramento e la distruzione, come presupposti di base per il riscatto e lâemancipazione. White si interessa allâambito navale in termini di âblacknessâ, di rivolta e di fuga. In seguito ad un percorso di ricerca durato sei mesi in diverse cittĂ dâItalia, a contatto con artigiani di cantieri navali e storici specializzati nelle migrazioni del Mediterraneo legate alla schiavitĂš e al colonialismo, lâartista ha dato vita a sculture con forme talvolta ondeggianti, talvolta appuntite e spigolose che rievocano pezzi o porzioni di nave e scheletri o carcasse. Per la realizzazione sono stati impiegati materiali di scarto come ferro, legname spiaggiato, rafia, argilla. Parte integrante del processo di creazione consiste nellâimmergere le strutture nel Mar Mediterraneo, azione che acquisisce un duplice significato, uno tangibile, il contatto con lâacqua salmastra porta, infatti, allâossidazione e di conseguenza alla trasformazione dei metalli, ma anche un valore poetico che si collega alle filosofie di idrarchia, afrofuturismo, afro-pessimismo. Lâilluminazione della sala che accoglie le quattro installazioni immerge e sommerge lo spettatore in una dimensione marina. Dominique White, attraverso il tema del decadimento e dello sgretolarsi, esorta ad unâidea di ribellione e speranza, che possa condurre ad un futuro alternativo, generato dalle ceneri del passato e del presente.
Attraverso i Diluvi, è invece unâesposizione collettiva dedicata al tema della catastrofe e delle calamitĂ . Il nucleo della mostra è composto principalmente da opere provenienti dagli archivi della Collezione, alcune della quali esposte per la prima volta, e da prestiti di arte antica e moderna di importanti istituzioni italiane e internazionali. Si sviluppa cosĂŹ un dialogo tra epoche storiche e artistiche lontane, che ha per soggetto la catastrofe, in ogni sua declinazione: tra uomo e natura, (diluvi, inondazioni, uragani, epidemie) tra uomo e uomo (guerre e azioni violente). Lâessere umano può essere vittima inerme o artefice, a prescindere da ciò è chiamato a fronteggiare i disastri del mondo. La mostra analizza come attraverso i secoli si sia evoluto tale atteggiamento, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove la tematica si rivela estremamente attinente ai fatti di cronaca. Ad esempio, il dipinto realizzato da Monica Bonvicini, deve il suo titolo Irene allâuragano che nel 2011 ha colpito gli Stati Uniti, l âartista raffigura i terribili danni causati dal suo passaggio. Case e palazzi distrutti, protagonisti dellâopera, diventano un monito per lo spettatore. Parlando di tragedie è inevitabile dover fare i conti anche con il tema della morte, affrontato da Ariel Cabrera Montejo, nel quadro Metanarratives No. 1, che riproduce un soldato, dotato di visore per la realtĂ virtuale che gli permette di osservare centinaia di persone tra morti e feriti, sfollati, vittime devastate della guerra.
Le opere dellâultima sala sono immerse in unâatmosfera scura ed enigmatica, in maniera ossimorica il buio mette in luce le ipocrisie del comportamento dellâuomo verso gli avvenimenti catastrofici. Viene stimolata una riflessione sullâinnaturale impassibilitĂ e sulla rassegnazione apatica del genere umano, sviluppatasi probabilmente come emulazione dellâindifferenza delle manovre politiche adottate dai governi e a causa della quantitĂ di notizie alle quali quotidianamente veniamo sottoposti che appiattiscono la nostra percezione. La mostra si conclude con il dipinto di Filippo Palizzi, Oltre il Diluvio (1864), in cui viene rappresentato il momento successivo al Diluvio Universale, la catastrofe per antonomasia del racconto biblico, in cui dallâarca arenata escono tutti gli animali che vi avevano trovato rifugio. Lo spettatore viene congedato con un senso di speranza.
Lâitinerario espositivo prosegue anche nelle stanze dedicate alla collezione permanente (visitabili su prenotazione), dove sono presenti opere e testi di approfondimento con riferimenti al tema della mostra.
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