Ametiste, rubelliti, citrini, topazi, diamanti e antiche monete greche in argento –42 gemme per un totale di quasi mille e cinquecento carati – ricoprono il carapace in bronzo di una magnifica tartaruga, dal titolo La Tortue de soirée, ovvero una raffigurazione della caducità della vita. La scultura, che nasce da una collaborazione tra Francesco Vezzoli e Bulgari, è stata creata appositamente per la mostra “Huysmans, de Degas à Grünewald sous le regard de Francesco Vezzoli”, visitabile al Museo d’Orsay di Parigi fino al primo marzo.
Curata da Stéphane Guégan, consulente scientifico al Museo d’Orsay, André Guyaux, professore di letteratura francese presso l’Università La Sorbona di Parigi, la mostra ruota intorno alla persona e all’opera dello scrittore e critico d’arte francese, Joris-Karl Huysmans, riviste da Vezzoli. Ideata dall’artista italiano, la scenografia si disloca lungo tre sezioni, bianca, rossa e nera, e accoglie 80 opere e 32 dipinti, oltre a sculture, incisioni, fotografie e documenti d’archivio.
Perché una tartaruga? Questo gioiello “pubblico”, come l’ha definito Vezzoli, s’ispira al romanzo huysmansiano À rebours, riconosciuto manifesto del decadentismo. La storia, quasi senza intreccio, racconta di Jean des Esseintes, un dandy che vive isolato dal mondo e che, fra le tante assurdità, possiede una tartaruga dal carapace intarsiato di pietre preziose, destinata a morire a causa del troppo peso. Un oggetto immaginario che appartiene alla letteratura, diventato realtà grazie agli artigiani di Bulgari che hanno lavorato su questo gioiello atipico per diverse settimane e che, precisiamo, non è in vendita ma integrerà la collezione della nota maison italiana.
Sulle orme di Huysmans, che Vezzoli vede come un contemporaneo per la sua eccezionale interdisciplinarità, ritroviamo gli anni compresi dal 1876 al 1883, una prima sezione dedicata al Salon, alla pittura indipendente. Un periodo in cui il critico francese, vicino al naturalismo di Emile Zola, scrisse su opere come L’absinthe del grande Edgar Degas, un testo qui esposto tra documenti originali come manoscritti, ma anche come Les Raboteurs de parquet di Caillebotte o Portrait di Stéphane Mallarmé di Édouard Manet.
Vezzoli ha concepito questo spazio come un white cube per sottolineare la lucidità del critico francese sulle creazioni della sua epoca. La seconda sala, immersa nel rosso, ha le pareti ricoperte da foto che ritraggono il Vittoriale di Gabriele D’Annunzio, clin d’oeil alla dimora di Jean des Esseintes, e al centro di questa il pubblico potrà ammirare la fantasmagorica testuggine.
Presenti anche opere di Odilon Redon e poi L‘Apparition di Gustave Moreau, insieme a sei opere di Vezzoli, che ritraggono fotografie di Eleonora Duse o di Isadora Duncan arricchite da lacrime riccamente ricamate di nero che ne solcano i volti. «D’Annunzio nella sua eterosessualità era in realtà un omofilo, cioè che si innamorava di donne che erano vanitose quanto lui. Un domino di egocentrismo, di estrema vanità», ha spiegato Vezzoli.
Nella terza sala, avvolta dal nero, si respira un’aria mistica. Qui è esposta La Crocifissione di Matthias Grünewald, riprodotta in tre copie distinte e dipinte da artisti cinesi, che hanno imitato l’uno la copia dell’altro. Vezzoli, per questa installazione, dal titolo Jésus-Christ superstar (d’après Joris-Karl Huysman et Matthias Grünewald – 2019), si è ispirato alla conversione al cattolicesimo di Huysmans. L’esposizione è il risultato di scambi eclettici tra espressioni artistiche diverse che, con raffinatezza intellettuale, ci parlano di vanità, di dannazione e di salvezza. E che rendono incredibilmente contemporaneo un grande pensatore del secolo scorso, quale è Huysmans.
La mostra sarà presentata dal 3 aprile al 19 luglio 2020 al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Strasburgo.
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