Dieci icone per recuperare alla memoria le figure di altrettante personalità femminili del XX Secolo, anzi, per fissarne non solo l’immagine ma anche la presenza continua, latente, nella contemporaneità. Dopotutto, questo è il valore intrinseco dell’icona, al di là delle sue peculiarità tecniche e formali. E “Fiere” è il titolo della mostra di Filippo Riniolo in esposizione, dal 3 al 24 novembre, presso gli spazi di MUTA, Handmade Architectural Jewelry, in via Palazzo di Città 8d, a Torino (per tutti gli aggiornamenti sulla Torino Art Week, potete cliccare qui). Curata da Ginevra Panzetti e Sergio Salomone, l’esposizione è presentata da Traffic Gallery di Bergamo.
Nato a Milano nel 1986 e romano d’adozione, Filippo Riniolo lavora da qualche anno sul tema dell’icona come mezzo di rappresentazione pittorica, rielaborando in chiave contemporanea l’antica tecnica bizantina, appresa in occasione di una residenza artistica a Istanbul e consistente nell’uso della tempera all’uovo e delle foglie d’oro applicate con la pietra d’agata. Una modalità espressiva preziosa in ogni sua applicazione, che in questa occasione porta una traccia dell’enorme contributo dato al pensiero moderno dalla vita e dalla ricerca filosofica di Simone de Beauvoir, Simone Weil, Edith Stein, Carla Lonzi, Hannah Arendt, Judith Butler, Angela Davis, Donna Haraway, Rosa Luxemburg, Naomi Klein.
«La filosofia, come moltissime altre discipline, è stata esclusivamente maschile per migliaia e migliaia di anni, anche se non poche sono le eccezioni di donne che nel passato hanno contribuito al pensiero», spiegano gli organizzatori. «Il Novecento però ha visto per fortuna l’irruzione di donne ai più alti gradi dell’accademia e della filosofia, con determinanti contributi. La loro figura è stata a volte schiacciata da uomini che avevano con loro qualche forma di relazione, basti pensare a Hanna Arendt e al suo rapporto con Martin Heidegger. Nonostante l’amore fosse reciproco nessuno si è mai sognato di descrivere Martin Heidegger come l’amante della Arendt».
In questa mostra la scelta è di dare spazio alle donne, attraverso la produzione di ciò che si intende con la parola icona, un corpus di segni e simboli che rendono riconoscibile una immagine al di là della mimesi, come una Madonna o un Santo medioevali. Infatti, se il corpo rimane trasfigurato, sono i simboli a rendere riconoscibili le figure, al di là dei tratti somatici. «Filippo Riniolo desidera dare il suo contributo trasformando queste filosofe in ICONE, in quadri su tavola di legno, in grado di cristallizzare le loro immagini al di là dei tratti somatici di ciascuna».
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