Categorie: Mostre

Diego Cibelli, Gates – MUDI Istituto Caselli

di - 24 Giugno 2021

In questi giorni, a Napoli, ci sono tre mostre personali di uno stesso artista, Diego Cibelli, giovane (1987) napoletano, che ha studiato e lavorato tra Berlino, dove si è laureato presso la Weissensee Kunstochschule con una tesi in geografia umanistica, e Napoli, dove, nella vicina Aversa, presso l’Università Luigi Vanvitelli, si è laureato in Architettura e Disegno Industriale. Già questo dimostra alcuni tratti della sua personalità: vasti interessi, molta energia e una gran voglia di fare, per affermare se stesso e non deludere i suoi sostenitori. Recentemente abbiamo raccontato una di queste tre mostre, “L’Arte di Danzare Insieme”, che è curata da Angela Tecce e Sylvain Bellenger e ha sede nel museo di Capodimonte. Lo scorso febbraio, inoltre, scrivevamo anche dell’altra delle mostre napoletane di Cibelli, quella che si trova nel chiostro di Santa Caterina a Formiello, la monumentale chiesa rinascimentale nel centro storico della città, che l’associazione Made in Cloister cerca di sollevare dall’annoso abbandono. Qui la mostra “Feed me with domestic stuff” riconsidera appunto l’ambiente domestico popolandolo, tra l’altro, di oggetti in porcellana capricciosamente ispirati ai calchi di antichi manufatti della Real Fabbrica di Porcellana di Capodimonte.

Ritratto Diego Cibelli, Foto Amedeo Benestante

E proprio nel Museo di questa Fabbrica, oggi chiamato MUDI, si svolge, curata da Alessandra Troncone e Valter Luca De Bartolomeis, l’altra mostra: “Gates” = portali, porte aperte ad accogliere esperienze diverse. Qui la fantasia artistica di Cibelli si sbizzarrisce, andando dalle sottili incisioni su pietra, alle figure a tutto tondo in ceramica, agli oggetti di uso comune. Vi si nota, a volte, il gusto della composizione asimmetrica, che si avvale anche dell’uso dell’asimmetrico numero dispari dei vari componenti di gruppi di figure e nella decorazione degli oggetti. In proposito, Cibelli cita l’architetto Andrea Brandi (1938), il quale sostiene che gli oggetti di uso comune dei quali l’uomo si circonda nella propria casa sono «Come animali domestici, i quali, pur vivendo in simbiosi con lui, conservano un’esplicita autonomia…Essi, dunque, ci parlano, ci ascoltano…rendendo lo spazio domestico fatto di simboli, esorcizzazioni, rappresentazioni e cultura mitica». Parole che ci suggeriscono il valore affettivo degli oggetti e il potere magnetico della materia. E ci ricordano la sedia impagliata e il letto nella camera dipinta da Vincent Van Gogh e la coperta, inseparabile amica di Linus, l’amico di Charlie Brown nei fumetti di Charles Schultz.

Diego Cibelli, Gates, 2020. Photo Michele Federico

Certo è un importante traguardo per un giovane artista come Cibelli occupare con le sue mostre la Reggia- Museo di Capodimonte e il Museo della Real Fabbrica di Porcellana, la più antica d’Italia.

La Fabbrica si trova nel Real Bosco, dove l’aveva voluta Carlo, il primo re Borbone di Napoli e Sicilia, che la fondò nel 1743. E nacquero, con il marchio del giglio borbonico, raffinatissimi oggetti: piatti, tazzine, zuppiere, “trionfi” e statuine. Ma quando Carlo, obbedendo a leggi dinastiche, nel 1759, andò via da Napoli per ricevere la corona di Spagna, smantellò la fabbrica e ne portò via con sé Maestranze e macchinari, per impiantare, l’anno seguente, la Real Fabrica de porcelana del Buen Retiro, una manifattura locale. Però lasciò a Napoli, tra l’altro, il Salottino di Porcellana della Regina Amalia, un miracolo di tecnica e di fantasia, che ora si trova nella Reggia-Museo di Capodimonte e fa parte di “Napoli. Napoli di lava porcellana e musica”, la mostra che, ormai da circa due anni, riscuote ancora un meritatissimo successo. A sussidio di questa mostra, compaiono alcuni oggetti fabbricati dalla odierna Real Fabbrica di Porcellane di Capodimonte, un’Istituzione dalla lunga storia. Nel 1771, infatti, Ferdinando di Borbone, figlio e successore di Carlo, riattivò la Fabbrica, che ebbe il marchio “N” e la sede nel seicentesco Palazzo Reale della Napoli capitale spagnola. Poi, dopo una sua lunga chiusura, la Fabbrica, nel 1960, è ritornata nel Real Bosco di Capodimonte e si è riappropriata del giglio borbonico quale marchio dei suoi manufatti.

Diego Cibelli, Gates, 2020. Photo Michele Federico

Oggi la Fabbrica, con l’Istituto Caselli a essa annesso, ha un riconoscimento utilissimo: è inserita nel Master Plan ideato dal direttore del Museo e del Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger. Varie sono le attività dell’Istituto, che mette le sue Maestranze, il Forno Civico, servizi di consulenza, laboratori e altro a disposizione delle aziende, degli artigiani e di un pubblico di varia natura, dai bambini, ai dilettanti e agli adulti appassionati, che desiderano cimentarsi nella divina arte della ceramica.

Diego Cibelli, Gates, 2020. Photo Michele Federico

E tanti sono gli artisti che hanno utilizzato forni e Maestranze del Caselli, tra i quali lo stesso Diego Cibelli e Santiago Calatrava. Quest’ultimo, artista di fama internazionale, già nella Reggia-Museo di Capodimonte con la mostra “Nella luce di Napoli”, ha realizzato, anche queste con la collaborazione dei maestri e gli allievi dell’Istituto Caselli, delle opere in porcellana e oro zecchino, che orneranno la chiesa di San Gennaro nel Real Bosco.  Anche noi le potremo ammirare quando, notizia in anteprima, la piccola chiesa settecentesca riaprirà, il 6 luglio 2021.

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