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Dioscuri, il dualismo della pittura e della scultura in mostra al Caos di Terni
Mostre
La convivenza e la condivisione dello spazio ma anche della Storia, esercitata (ed esasperata) attraverso l’arte. È ciò che invoca, in un certo senso, la mostra Diòscuri, in corso al Museo CAOS di Terni, che mette in dialogo, completandosi a vicenda, le opere di Luca Grimaldi e Gabriele Silli, rivelando il senso di un’integrazione, di un completamento reciproco, virtualizzato nel rapporto mai risolto tra pittura e scultura, come scrive Pasquale Fameli – co-curatore della mostra insieme a Giuliana Benassi e Chiara Ronchini.
Il nome Diòscuri evoca un insolito dualismo destinato a compiersi in un’unica visione. Per questa ragione la mostra presenta due interventi tra loro complementari, realizzati ad hoc per lo spazio espositivo: un’opera pittorica verticale, dell’artista Grimaldi, e un’installazione aggettante pavimentale del collega Silli. Due elementi che infrangono le ordinarie coordinate architettoniche dello spazio e stabiliscono nuovi punti di vista: pavimento e parete si incontrano accidentalmente in un’unica immagine.
La mostra evoca dunque un immaginario che, attraverso la pittura e la scultura, rimanda a un’estetica metafisica, tuttavia, decadente e sporcata da un’attitudine all’esasperazione; se Grimaldi prende ispirazione da una rovina del Parco archeologico di Carsulae, sfalsandone le proporzioni, Silli interviene in situ, rompendo la visione prospettica dello spazio.
Ma le due opere sono anche diverse come stile e genere. Una scultura e un dipinto. «Due lavori complementari che combattono, contro materia, forma e colore, per poi unirsi in un atto liberatorio, strepitoso, che pulsa violentemente l’essenza dell’arte», scrive Ronchini. «Immensa nel suo contemporaneo è l’opera di Grimaldi, risvegliando istinti classici che echeggiano la potenza della storia. Perturbante e violenta, la scultura di Silli, un’opera che rompe il silenzio, risalendo dalle viscere della terra per poi esplodere in un’armonica composizione».
Non solo: «La frontalità delle due opere presenti in mostra sottolinea lo scontro tra due realtà apparentemente antitetiche: all’immagine di un’antica architettura in pietra si oppone una roccia aliena, come due facce di una stessa medaglia», scrive ancora Fameli. Offrendo l’impressione di trovarsi in uno spazio enigmatico, sospeso nel tempo.
«La roccia ha divelto le assi della pavimentazione per imporsi davanti a un’effigie che non la rispecchia affatto. È quindi una metafora di un’eterna lotta, quella tra la materia e la forma, ossia tra la forza prorompente dell’organico e la necessità costruttiva, razionalizzante, dell’attività umana. Un tema universale che riguarda l’uomo in ogni epoca e in ogni aspetto della sua attività, ma anche un tema che, proprio per questa sua universalità, resta sempre attuale e meritevole di rinnovate attenzioni».
Grimaldi e Silli ci invitano dunque alla riflessione, per affrontare dinamiche tutt’altro che estranee alla nostra relazione con il mondo. Quello che Benassi definisce “un sogno” e un “incontro contro la verità”, dove lasciarsi trasportare. E prima del risveglio «Si sente quella sensazione di stare in un tempo capovolto. E di incedere come in un grande dipinto, per entrare, sehnsucht, nel soggetto del quadro. E poi uscire in punta di piedi».
Una mostra essenziale, toccante, quasi pungente. Che rappresenta la prima esposizione presentata all’interno del progetto POST CAOS, nato dall’idea di promuovere mostre grazie alla collaborazione tra POST EX, artist run space capitolino, protagonista della nuova scena dell’arte contemporanea romana, e il Caos di Terni. POST CAOS fa riferimento al caos primordiale dal quale attinge il processo creativo e vuole promuovere la collaborazione tra uno spazio museale istituzionale ed uno studio d’artista condiviso, con l’obiettivo di realizzare un programma di mostre della durata di quattro anni, per attivare un corridoio di dialogo sul contemporaneo tra le città di Terni e Roma. Ed è proprio il caso di dire: buona la prima.