06 febbraio 2020

Doppio Diario | L’Attico

di

Fino al 29.II.2020
Le opere e le parole. Fabio Sargentini ripercorre la storia di quattro opere di Pino Pascali, Leoncillo, Mafai e Pizzi Cannella

doppio diario l'attico

Ognuno di noi ha un rapporto intimo con la propria memoria. Spesso nostalgico, intriso di una dolce e compiaciuta passività, oppure negazionista, disinteressato a cadere nelle tentazioni del rimpiangere il passato, all’insegna del motto “nella vita guardo sempre avanti!”. Di rado però la memoria si trasforma in un propellente per costruire il presente e guardare con fiducia al futuro. Fabio Sargentini, gallerista e intellettuale di lungo corso, è un esempio di “memoria attiva”, sempre pronto a pescare nel mare magnum della sua pluridecennale esperienza per dare vita a interessanti e originali cortocircuiti tra ieri e oggi. L’ultimo è Doppio Diario, la mostra aperta all’Attico costruita su un dialogo incrociato tra immagine e parola, ricordo e attualità, storia e storie. Il punto di partenza è Bomba a mano (diario) , un’opera di Pino Pascali del 1967, composta da una granata della Seconda Guerra Mondiale che contiene un biglietto dove l’artista ha scritto “il 24 /1/67 ho ricaricato la bomba con questo biglietto”, creando una relazione diretta tra oggetto trovato e gesto artistico, pochi mesi prima del testo Paragraphs on Conceptual Art pubblicato da Sol Lewitt su Artforum nel giugno del 1967, e due anni dopo One and three chairs (1965) di Joseph Kosuth. Il secondo accostamento tra opera e parola (non scritta ma letta da Elsa Agalbato) proposto da Fabio si dipana da Ore d’insonnia (1958), una folgorante scultura in terracotta smaltata di Leoncillo, abbinata ad un brano tratto dal Piccolo Diario 1957-1964 che descrive l’ansia dell’artista per la cottura degli smalti, che cuocevano durante le ore notturne. Le parole di Leoncillo accompagnano la visione dell’opera, creando un intenso rapporto tra opera e testo, che si ripropone, pur con modalità e toni differenti, davanti a Biografia n.1 (1961), una tela informale di Mario Mafai esposta all’Attico nel 1964 e accompagnata in quell’occasione da un breve testo dell’artista,  incentrato sulla presenza di una corda arrotolata sulla parte alta del dipinto azzurro, quasi una sorta di cappio. Qui la voce di Mafai, che si giustifica di aver abbracciato l’informale , dichiara di aver cercato dentro se stesso per affidarsi alle corde “come alle nervature del mio essere per raggiungere uno spazio”. L’ultima tappa del Doppio Diario è Pura seta (1985), un dipinto di Pizzi Cannella, che Sargentini considera una sorta di proseguimento ideale e simbolico della Scuola di Via Cavour: una sedia emerge dall’oscurità con una sciarpa di seta bianca appoggiata sulla spalliera, quasi come una citazione dai “lienzos” di Francisco de Zurbaràn, impreziosita dal fatto che l’artista ha aspettato invano che una bella donna comparisse per quel laccio di pura seta. Due sculture, due pitture; due artisti di Bruno Sargentini (Leoncillo e Mafai) e due artisti di Fabio (Pascali e Pizzi Cannella);  due romani (Mafai e Pizzi Cannella) e due oriundi (l’umbro Leoncillo e il pugliese Pascali): il gioco del doppio continua e rende la mostra sorprendente, come le coincidenze che spesso rivelano strade inaspettate pronte a trasformarsi in inaspettati destini di vita.

 

Ludovico Pratesi

 

Dall’8 novembre 2019 al 29 febbraio 2020

Doppio Diario

L’Attico

via del Paradiso 41, 00186 Roma

Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 17 alle ore 20

Info: info@fabiosargentini.it

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