Categorie: Mostre

Ego, o non ego, Giuseppe Patanè alla riscoperta di Acireale

di - 28 Agosto 2024

Ego di Giuseppe Patanè, originario proprio di Acireale, nasce con l’intento di una celata caccia al tesoro che ha come duplice scopo il voler svelare Acireale, città sottovalutata della realtà siciliana, e il farci riflettere su tematiche che lui affronta attraverso le sue varie pratiche e il suo metodo – variegato e originale, essenziale e opulento, analizzato poi “razionalmente e concettualizzato ma che, di primo acchito, è il frutto di un impeto emozionale, di una risposta viscerale a sollecitazioni negative di vario genere, quali ingiustizie, maltrattamenti, disonestà, sperequazioni, falsità”.

Definito dal curatore stesso, quasi come una duplice personalità che coesiste, una di artista e una di stilista, ormai conviventi in un perfetto equilibrio che sfocia nelle opere da lui realizzate: «un artista rubato alla moda e/o uno stilista rubato al mondo dell’arte”, non si sa bene dove sta la verità».

Giuseppe Patanè, Ego. Conosci te stesso, Accademia Zelantea, Acireale. Ph. Alessandro Sacco

Ciò a cui assistiamo ad Acireale, è la presentazione di opere appartenenti a cicli differenti della vita artistica di Patanè, con rimandi alle radici storico-mitologiche della terra siciliana, alle sue tradizioni culturali, al concetto stesso di bellezza e di contrapposizione che scandisce le peculiarità della Sicilia. Ciò che lega il tutto è il loro momento di nascita o creazione: dalle sole mani dell’artista, senza l’ausilio di pennelli, spatole o qualsivoglia altro attrezzo o strumento.

Altro filo conduttore è il titolo stesso della mostra, Ego, “Io”. I 10 interventi artistici raggruppati sotto questo “Io” interiore oltrepassano il concetto stesso di “mostra”, in questo caso riduttivo, in quanto l’artista, con una raffinata e meticolosa opera, fonde, sovrappone, scinde e riunisce, il percorso fisico con il percorso interiore.

Giuseppe Patanè, Ego. Senzatutto, Chiesa di San Crispino, Acireale. Ph. Alessandro Sacco

Il punto di partenza è la sede dell’antica Accademia Zelantea, l’opera è di forte impatto, è l’inizio di un viaggio interiore. Nella Chiesa di San Crispino affronta il tema dell’invisibilità, con un richiamo alla Neve, acqua ghiacciata cristallina che si scioglie e diventa invisibile (ma anche un omaggio a Neve, un “SENZATUTTO entrato nel cuore dell’artista”). In Santa Maria Odigitria, l’immigrazione legato ai temi della povertà, delle guerre, che affliggono tutt’ora molti paesi, costringendo gli esseri umani a viaggi infiniti e rischiosi dove possono trovare la morte o la non-vita dello sfruttamento e della schiavitù. All’interno di San Benedetto un cavallo robotico cavalcato dall’intelligenza artificiale si aggiunge ai quattro cavalieri dell’Apocalisse e, al di sopra “d’una sorta di inquietante parata equestre risplende un neon con la scritta DIO, in cui la “D” è cancellata, e la scritta ridotta a una egotica “io” fluorescente.

Giuseppe Patanè, Ego. Presagi, Chiesa di San Benedetto, Acireale. Ph. Alessandro Sacco

In Cattedrale un richiamo alla capacità della natura di rigenerarsi è dato da due grandi tappeti diseppelliti e un ceppo che spacca il cemento che l’avvolge. Nel Palazzo di Città troviamo la significativa opera che dà il nome all’intero percorso: uomini, uno sull’altro che si arrampicano, si calpestano, si scavalcano per poter affermare il proprio io. Al Teatro Bellini, in quella che è stata la platea del teatro, due interventi: l’uno dedicato alla corrida, dal titolo emblematico The show must not go on e l’altro, Vanitas un omaggio a Volker Hermes attraverso dei retouche sospesi a dieci metri d’altezza. I quadri sono posti quasi come ipotetici spettatori nella sala, il fruitore li può ammirare o quasi spiare solo attraverso una rete di acciaio che addensa ancora di più l’atmosfera di silenziosa stabilità.

Giuseppe Patanè, Ego. Vanitas, Teatro Bellini, Acireale. Ph. Alessandro Sacco

Nella scala d’onore del Museo Diocesano, invece abbiamo un uragano di specchi, in cui guardarci e in cui ci perdiamo, ma guardiamo noi stessi, il nostro Io. All’inizio di questi specchi due volti: Ghandi e Papa Giovanni XXIII si guardano e si scrutano in uno sguardo infinito. Nella chiesa di San Rocco alcune sculture taglienti, poste quasi come le antiche pietre di Stonehenge disposte in cerchio, quasi a richiamare il silenzio del sito inglese, ma che in realtà mirano a simulare la cosca mafiosa, protetta dalle spine letali del terrore e dell’omertà.

La mostra di Patanè nasce con la consapevolezza di perdersi sì, ma soprattutto di ritrovarsi, di scoprire e di non scoprire, non solo a livello interiore nel nostro profondo, ma coinvolgendo anche la città di Acireale, rendendola scenario attivo di una mostra diffusa che attraverso la pittura, la scultura la fotografia, l’installazione e il ready-made, annulla le barriere preconcette e settoriali, esaltando al contrario i punti di contatto e di fusione tra i generi e gli stili, e portando l’arte su un altro piano, quello della riflessione. Gli input che riceviamo dalla mostra sono molteplici e serve un intercalare di pause tra una sede e l’altra. La mappa della mostra ci aiuta, ci guida, ci dirige nel momento in cui usciamo da una sede per prendere fiato prima di rientrarne in un’altra, non ci resta allora, come degli esploratori incontaminati, intraprendere questo viaggio.

Giuseppe Patanè, Ego. Ferite, Chiesa di San Rocco, Acireale. Ph. Alessandro Sacco

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