21 dicembre 2022

Eléonore Griveau, RUNNING OUT – Adiacenze

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Negli spazi di Adiacenze, Eléonore Griveau presenta RUNNING OUT: una rilettura dell’ambiente attraverso la storia dei fiumi e delle acque sotterranee di Bologna

Raccolta di argilla naturale sul fiume Reno

Ancora pochi giorni per visitare, negli spazi di Adiacenze, a Bologna, la personale “RUNNING OUT” di Eléonore Griveau, artista di base a Bergen (Norvegia). Co-curata da Amerigo Mariotti e Giorgia Tronconi, in essa sono raccolti gli esiti della residenza artistica compiuta da Griveau presso Casa Arcobaleno a Calderara di Reno e Adicenze a Bologna nei mesi di ottobre e novembre 2022.

La sua permanenza sul territorio bolognese coincise con la seconda tappa del più ampio progetto di scambio SWAP – international residency & exhibition project, a cura di Amerigo Mariotti, Giorgia Tronconi e Manuel Portioli. Tramite la realizzazione di due residenze artistiche – la prima aveva coinvolto il duo bolognese Antonello Ghezzi (Nadia Antonello e Paolo Ghezzi) – finalizzate alla ricerca, alla relazione con le culture e i territori e alla produzione di opere, SWAP promosse una collaborazione tra le scene artistiche di Bologna e di Bergen come primo passo verso la creazione di una rete di spazi espositivi indipendenti per favorire la mobilità europea di artisti e curatori. La residenza di Eléonore Griveau prese le mosse dalla sua personale ricerca come punto di partenza da cui esplorare la storia e i luoghi di Bologna e realizzare attività con la comunità locale, quali un laboratorio di ceramica e una tavola rotonda con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti.

Visita all’Opificio delle acque di Bologna

Nella sua pratica artistica, Griveau utilizza prevalentemente il medium della ceramica associato solitamente a dispositivi elettronici per indagare il rapporto tra umano, ambiente e macchina in relazione alla contemporanea crisi climatica globale. L’artista descrive le sue installazioni come interattive e insieme ecologiche. La presenza del visitatore innesca un movimento nelle opere inteso a incentivare una presa di coscienza del peso delle attività umane sugli ecosistemi.

Eléonore Griveau durante il suo laboratorio “Lost and found clays” presso la Casa della Cultura “Italo Calvino” di Calderara di Reno

I materiali da lei impiegati esprimono e riuniscono sincronicamente fasi della storia della tecnologia. Nel loro insieme rappresentano una visione che parte dai primi utensili preistorici in argilla e arriva sino alla contemporanea infrastruttura tecnologica. Da sempre la storia dell’umanità e quindi implicitamente quella della tecnologia si intreccia con la materia. E la sua narrazione non può quindi prescindere dall’ambiente fisico in cui si svolge.

Le molteplici combinazioni sinergiche emergenti tra umano e materia, scrive il filosofo neo-materialista Manuel DeLanda in “Mille anni di storia non lineare” (2003), sono il materiale primo che genera le strutture del nostro pianeta. Un percorso storico non lineare fatto di coesistenze e interazioni che a ogni entrata in scena di nuovi elementi ha innescato la proliferazione di altre forme. Dalle origini gli umani hanno plasmato ciò che estraevano dall’ambiente incidendo irreversibilmente su di esso e parallelamente la materia stessa ha influenzato la loro cultura e organizzazione sociale e politica.

In questo senso, in Griveau la ceramica e i dispositivi elettronici hanno la capacità di racchiudere la materia che li costituisce, gli ambienti in cui essa si trova e i processi materiali e storici che forgiano nuove forme così come nuove ere. Anche Timothy Morton (“Iperoggetti”, 2018) scrive che non si può pensare alla storia come un fattore solo umano. E secondo il filosofo tale affermazione viene resa ancora più evidente dalla presente catastrofe ambientale. Le attività umane alterano il mondo materiale e allo stesso tempo questo penetra e modifica le strutture culturali, sociali e psichiche attraverso gli irreversibili fenomeni del pianeta ormai trasformato.

mostra di Eléonore Griveau da adiacenze
Eléonore Griveau, RUNNING OUT, 2022, installation view. Courtesy Adiacenze

“RUNNING OUT” legge la tematica ambientale attraverso la storia dei fiumi e delle acque sotterranee presenti sul territorio di Bologna, di cui Eléonore Griveau aveva approfondito le conoscenza tramite le visite all’Opificio delle Acque e al Museo del Patrimonio Industriale. Sotto le strade pavimentate cittadine scorre un complesso reticolo di chiuse, canali e condutture artificiali pressoché invisibili che nei secoli hanno garantito prosperità agli abitanti grazie alla generazione di flussi di energia che attraversavano i mulini impiegati per la lavorazione della seta e per le fornaci. In mostra l’artista contrappone alla presenza e alla ricchezza dell’acqua la sua insufficienza o la sua totale assenza. In questo modo provoca nei fruitori sensazioni di secchezza e aridità atte a stimolare consapevolezza sulla grave crisi idrica globale. Un tentativo di provocare una condizione emotiva, declinata sulla scarsità fisica di acqua, definita con il neologismo “solastalgia”, coniato dal filosofo australiano Glenn Albrecht. Con il termine viene definito lo stato di angoscia che invade a seguito di una tragedia ambientale riconducibile alle azioni umane.

mostra di Eléonore Griveau da adiacenze
Eléonore Griveau, RUNNING OUT, 2022, installation view. Courtesy Adiacenze

Il torrido colore arancione che illumina la prima sala prosciuga progressivamente la bocca mentre si è intenti a osservare piccoli mulini in argilla rotti e dismessi. Al passaggio del corpo, uno di essi sussulta a emettere gli ultimi striduli rumori prima della tormentata fine. Per una scaletta stretta e ripida si accede allo spazio sotterraneo di Adiacenze dove si incontra un ambiente tetro e umido illuminato da un solo punto di luce fredda. Catene in argilla cucinata a biscotto scendono dal soffitto a volta. E un greto in argilla, il cui cretto tradisce il progressivo prosciugamento, non accoglie più lo scorrere dell’acqua.

mostra di Eléonore Griveau da adiacenze
Eléonore Griveau, RUNNING OUT, 2022, installation view. Courtesy Adiacenze

In “RUNNING OUT” si percepisce un attento studio alla dimensione immersiva della fruizione che risulta capace di evocare percezioni e scenari grazie alla sinergia tra i diversi elementi presenti. La mostra inoltre esprime un attento dialogo con il territorio di Bologna. Un lavoro racchiuso da pareti che risultano però permeabili alle storia e ai materiali del territorio. Accanto alla sala espositiva sotterranea scorre uno dei canali del sistema idraulico sotterraneo. In alcuni periodi dell’anno, esso rivela la sua presenza tramite un’impronta umida sulla parete di mattoni. Il greto argilloso esposto in mostra completa così la sua forma con l’invisibile flusso che scorre dal lato opposto della parete. Allo stesso modo, le luci calde del piano superiore hanno i medesimi toni dei lampioni che illuminano il vicolo fuori Adiacenze e la cui luce penetra debolmente dalle finestre.

mostra di Eléonore Griveau da adiacenze
Eléonore Griveau, RUNNING OUT, 2022, installation view. Courtesy Adiacenze

Con decisione, “RUNNING OUT” palesa come gli scenari distopici coincidano ormai con il reale. Gli intrecci che da sempre abbiamo avuto con la materia – dei quali le acque di Bologna sono prese a esempio – divengono processi di reificazione e di sfruttamento irresponsabile. Ma “sta per finire” ammonisce afflitto il titolo della mostra richiamando allarmato un inquietante futuro ormai contratto sul presente.

mostra di Eléonore Griveau da adiacenze
Eléonore Griveau, RUNNING OUT, 2022, installation view. Courtesy Adiacenze

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