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Emilio Prini, a Bolzano una delle figure più radicali ed enigmatiche del panorama artistico
Mostre
di redazione
«Come interpretare e distinguere opere, appunti di lavoro e materiale preparatorio, documentazione?». La domanda di Andrea Viliani, che insieme a Luca Lo Pinto e Timotea Prini cura la mostra Emilio Prini – Typewriter Drawings. Bologna/München/Roma – 1970/1971 è sintomatica di come l’esposizione bolzanina funga da occasione per approfondire lo statuto delle opere polisemiche di Emilio Prini che, ricorda Lo Pinto, aveva «un approccio non convenzionale, con un processo continuo di riscrittura delle stesse opere».
Parte del titolo della mostra, Bologna/München/Roma – 1970/1971 – ci offre una preziosa chiave interpretativa: il corpus di opere esposto infatti, opere su carta realizzate con la macchina da scrivere – «la Olivetti Lettera 22, come fosse una matita con cui usare il linguaggio su diversi registri… calcolare, progettare, verificare idee», ricorda Viliani – è legato a tre mostre storiche a cui Prini prese parte, appunto tra il 1979 e il 1971, dopo aver avviato alcune indagini su dispositivi tecnologici riflettendo criticamente sulla logica del produrre.
A Bologna, al Museo Civico Archeologico, per Gennaio ‘70 – comportamenti, progetti, mediazioni, Prini si concentra sulle otto ore lavorative marxiste di due schermi TV. Attraverso un calcolo a scacchiera rosso/bianco/nero in cui il rosso è unità tempo, il bianco tempo e il nero il terzo incluso, indifferenziato tempo (l’apparato di trasmissione), ed isolando ogni passaggio nella serie di 3 (1+1=2, 2+1=3) come nella spirale logaritmica basata sulla sequenza numerale del matematico Leonardo Fibonacci (1170–1242 ca.), per cui ciascun numero è la somma dei due precedenti, Prini ottiene una sequenza di accensione/spegnimento relativamente preciso. Lo stesso procedimento è elaborato attraverso disegni fatti con la macchina da scrivere, in cui le battiture alternate percorrono i ritmi descritti e, usando la stessa logica, disegni a pennarello su fogli a quadretti. Alla Kunstverein München, per Arte Povera. 13 Italienische Künstler, nel 1971 Prini realizza un esperimento simile. Con l’aiuto di un tecnico, dimostra l’esaurimento di un televisore attraverso un susseguirsi di operazioni. Ciò che interessa a Prini è anche l’emissione di informazioni dell’ente televisivo (in questo caso tedesco) così come le minime e massime spinte di energia luminosa e sonora dell’apparecchio necessarie all’emissione stessa di informazioni.
Nello stesso anno, a Roma, Merce Tipo Standard alla Galleria L’Attico non si discosta dal processo di smontaggio/montaggio dell’apparecchio TV a Monaco. La mostra stessa è concepita come una dimostrazione: Prini occupa il territorio della galleria collocando al suo interno un furgoncino della ditta Video International S.P.A. di Roma che fornisce gli apparati del sistema TV a circuito chiuso (merce), successivamente installati in punti prestabiliti della galleria.
Facendo riferimento alla teoria di valore d’uso del filosofo, economista e storico Karl Marx (1818–1883), Prini quantifica dunque il valore della merce (arte) prodotta dalle macchine, computandone il lavoro necessario per produrla e il valore acquisito alla conclusione del ciclo operativo e concretandone, quindi, l’aumento rispetto all’impiego iniziale. Con questa prospettiva, tra il 1970 e il 1975 – e quindi anche a seguire i progetti seminali analizzati in mostra – Prini realizza quasi duecento disegni su carta, con fogli formato “standard” e l’ausilio della Olivetti Lettera 22, una comune macchina da scrivere con cui disegna, elabora formule matematiche, immagina architetture bidimensionali, inventa filastrocche, registra intuizioni e verifica idee.
All’interno di queste opere, afferma Lo Pinto, Prini risponde «a un insieme di riflessioni sull’idea dell’opera come merce attraverso l’uso dei dispositivi tecnologici, la macchina da scrivere o fotografica, il registratore o il televisore: l’oggetto prodotto in serie usato dall’artista diventa unico, implicando un discorso sul valore economico e simbolico dell’opera». E così si avvia una ricerca nuova e una catalogazione nuova, a cura dell’Archivio Emilio Prini.