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Enlightening Grimoires: Chiara Dynys racconta l’installazione che ha donato al Museo Fortuny di Venezia
Mostre
di Emma Drocco
250 libri di vetro sabbiato dipinto a mano si illuminano nei 4 colori che l’artista ha associato ai magici tessuti che usavano nei loro progetti Mariano ed Henriette Fortuny. L’oro, il bianco, il nero e il viola marezzato colorano elegantemente il terzo piano del Museo, diventando la cornice per una luminosa sala che sarà presto sede di conferenze ed eventi.
Un lavoro sfaccettato quello di Chiara Dynys, in cui ricerche diverse si intrecciano creando opere sempre nuove. Enlightening Grimoires è un’opera ricca di spunti, dalla quale partire per sviluppare un dialogo sul lavoro di questa artista eclettica.
Qual è il motivo che ha portato a scegliere Venezia per la creazione e la donazione dell’opera, su cosa si fonda il legame con la città?
Ho un fortissimo legame con Venezia, infatti ho costruito molti dei miei lavori fatti in vetro in questa città, in particolare nelle Fonderie Berengo con Adriano Berengo. Sono legata a questo luogo anche per una per una bellissima esperienza espositiva al Museo Correr, che ha ospitato una mia mostra dal 9 maggio 2019 al 12 gennaio 2020. È stata un’esperienza molto forte, una mostra curata da Gabriella Belli dal titolo ‘Sabra Beauty Everywhere’, il cui fulcro era un progetto realizzato nel 2012 in Libano nei campi profughi di Sabra e Shatila.
Quella mostra è stata per me importante sotto vari punti di vista. Uno di questi è che mi ha permesso di conoscere Gabriella Belli, la quale dopo aver visto anche il progetto che avevo realizzato per il Mattatoio di Roma, dove avevo costruito una serie di libri di vetro con una grande prospettiva infinita, mi chiese di concepire qualcosa di simile per il Museo Fortuny. Dunque, il lavoro che oggi vedete esposto è iniziato nel 2018, quando ho disegnato il progetto site specific.
In che modo lo spazio e la storia di Mariano e Henriette Fortuny hanno influenzato la creazione dell’opera?
Fin da subito ho immaginato i miei libri con i colori ispirati alle stoffe degli abiti che concepiva Henriette, il rosso, il viola marezzato, nero, panna. Ho pensato poi all’atmosfera che doveva esserci nella loro casa, Mariano infatti è stato anche un grande scenotecnico.
Tanti elementi diversi che insieme creavano un’atmosfera che potrebbe essere descritta come Art Nouveau, ma in un’accezione reinventata da loro con un eclettismo assoluto. Il loro stile veniva copiato anche all’epoca, rendendoli non solo dei grandi creatori di moda ma dei veri creatori di stile.
Ho successivamente selezionato alcuni colori specifici iniziando a fare delle sperimentazioni, ma non sapevo ancora in che luogo questi libri sarebbero stati collocati. Nel museo infatti, in quegli anni, si stava svolgendo la grande ristrutturazione per mano dell’architetto e scenografo Pier Luigi Pizzi. Siamo infine giunti a questo terzo piano, l’ambiente straordinario che ha accolto il mio lavoro, un luogo che a breve sarà visitabile dal pubblico diventando la cornice per conferenze ed eventi connessi alla vita del museo. Il visitatore verrà accolto in un’atmosfera spettacolare, dove l’ampia stanza viene illuminata dalla luce che arriva dalle bifore.
Qual è il processo e la tecnica per la creazione di queste opere?
Ho costruito manualmentente i libri, sono presenti in varie misure e dimensioni, assemblati poi secondo un’armonia che per me è quella di una biblioteca fantastica, creata nel nostro immaginario. Ciascun libro è sabbiato e dipinto a mano con pigmenti naturali per il vetro e poi vengono assemblati a gruppi in modo da costruire una grande installazione permanente.
I miei lavori sono infatti stati posizionati sulle mensole di acciaio corten costruite in modo da integrarsi con il colore ossido di questa stanza, come quello del pavimento. Vi sono poi delle luci a led atte a retroilluminare alcuni dei lavori, ma non tutti. Il concetto che mi ha ispirata è che luci possano illuminare un percorso di lettura speciale nella nostra vita e non tutti i libri che abbiamo letto.
Quando ho costruito questa struttura dei vari libri, ho pensato anche alla plissettatura dei Fortuny, inventata proprio da Mariano e Henriette, un’idea che ha seguito anche lo stilista Issey Miyake e vari altri artisti in pittura. Le pieghe dei libri vogliono infatti ricordare questo tipo particolare di tessuto.
Come si inserisce l’opera nel percorso della mostra al museo Fortuny?
Una delle motivazioni per cui quest’opera si inserisce nel percorso di mostra è legata alla passione per l’archiviazione che avevano Mariano ed Henriette. Ciò è testimoniato dalla loro biblioteca, dove sono raccolti molti libri preziosi, che attraversano tutte le epoche, dall’antico Egitto alla romanità. Loro hanno costruito sia attraverso l’archiviazione che con il senso dell’estetica, una Wunderkammer straordinaria.
La loro inventiva parte sicuramente dalla loro cultura e dalla loro preparazione, Mariano era il figlio di un importante pittore catalano che si è trasferito a Venezia, quindi ha portato con se una sua inventiva e cultura. Tutto ciò arriva dai libri che documentano tutta la sua crescita, il percorso della mostra chiude così con questa libreria. Questa installazione diventa dunque il simbolo di una grande abilità dei Fortuny.
Rispetto alla mostra attualmente in corso al Mart, Enlightening Books, libri illuminati, e in generale al percorso del tuo lavoro artistico, come si pone quest’opera?
Quest’opera è iniziata con il titolo di Enlightening Books negli anni 2010 e poi ha continuato come un serpente piumato a trasformarsi. I libri sono diventati bianchi, sono arrivati al Mattatoio a Roma, sono andati da Building Box con un’esposizione importante durante il periodo covid. In questo caso si vedeva l’installazione da una vetrina della galleria così che le persone potessero vedere l’opera anche in quel momento in cui non si potevano frequentare gli spazi. Definisco il mio lavoro come eclettico, condividendo in questo l’eclettismo dei Fortuny. Rifiuto l’idea di stile ma credo che ci sia un linguaggio che distingue il mio lavoro.
Un linguaggio che parla sempre di passaggio, attraversamento, percorsa all’interno di una soglia anche solo visivo. Cosa c’è di più emblematico in questo senso dell’attraversamento che noi compiamo attraverso la lettura nella vita.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Uno dei prossimi progetti è la porta che costruirò a Milano Malpensa, sempre sulle tematiche di soglia e di attraversamento. Poi ci saranno due mostre, una all’Archivio Agnetti sul tema dei ritratti di Vincenzo Agnetti e sul suo ‘Libro dimenticato a memoria’. Un artista che ha fatto dei ritratti interessanti sia con le parole sia dipinti. Io inserendomi in questa serie di lavori ripercorro un tema che mi è caro da anni, ovvero la memoria delle opere. Il fulcro di questo mio lavoro è la vita di alcune artiste scomparse che io ho amato e da cui ho imparato tantissimo. Costruisco per ognuna di queste donne delle grandi vele di specchio posizionate a terra, dove con la mia grafia riproduco una loro fantastica firma a colore serigrafata. Sono vele con varie diversioni ma che hanno in comune la caratteristica di essere acuminate, in un parallelo con la vita della donna artista spesso, ancora attualmente, costellata di sacrifici.
A fine anno avrò una mostra nella galleria Casa Madre, a Napoli, li presenterò un lavora particolare che è una trasformazione avulsa dalla realtà che include delle piccole rimembranze storiche del presente napoletano.