Ventisette opere selezionate da Giovanni Anselmo per una mostra che è una vera chicca. In occasione del conferimento del Premio Presidente della Repubblica 2016 per la scultura, l’Accademia di San Luca dedica ad Anselmo una mostra personale, che è una occasione incredibile per ammirare di nuovo alcuni dei suoi lavori. Ventisette opere dicevamo, molte di grandi dimensioni, provenienti dalla sua collezione personale ma anche da importanti collezioni, come il Mart, il Castello di Rivoli, la Gam di Torino, ed altre private, che abbracciano un percorso che va dalla genesi fino ai giorni nostri.
Protagonista dell’Arte Povera, che con Kounellis e Fabro probabilmente risulta essere tra i più interessanti, Anselmo in questa esibizione apre al pubblico romano partendo da quel capolavoro di opera che dà anche il titolo alla mostra, Entrare nell’opera. Il lavoro, una fotografia con autoscatto riprodotta su tela, delle dimensioni di quasi tre metri, opera che quasi mai viene prestata, e che è in collezione a Rovereto, rappresenta uno dei momenti di maggiori intensità poetica che l’artista abbia raggiunto. Sono anni intensi, siamo nel 1971, in piena Arte Povera, e ognuno degli artisti protagonisti della corrente sta realizzando quelli che diventeranno poi dei veri capolavori. Anselmo è un artista sui generis, molto taciturno, sempre impegnato a svolgere il proprio lavoro senza lasciarsi sopraffare dal mondo esterno. Da circa vent’anni non concede interviste, perché dice che è la sua arte a parlare per lui. D’altronde, come dargli torto? Come non sentire una forza, una potenza, una consapevolezza, in queste opere che vediamo in queste sale?
Torniamo per un attimo all’ opera che dà il titolo alla mostra. Una grande fotografia riprodotta su tela, che forse il tempo ha leggermente rovinato. Una sensazione di onnipotenza dell’artista, ritratto piccolo al centro di questo grande velo, sistemato direttamente sul muro. Nella foto è raffigurato Anselmo mentre corre in mezzo ad un prato. Anselmo ha fissato l’apparecchio fotografico su un cavalletto regolando il fuoco su un determinato punto del paesaggio, poi ha azionato l’autoscatto ed è corso verso quel punto, raggiungendolo, e creando un’opera che lascia senza fiato lo spettatore ed allo stesso tempo lo coinvolge in maniera potente.
L’arte di Anselmo è così: lo spettatore è da sempre partecipe, e lo stesso titolo ne è una conferma. Lo spettatore è protagonista anche del lavoro dal titolo Particolare, fra i più noti dell’artista torinese e fra quelli più ricorrenti nelle sue mostre. L’opera Particolare sembra apparentemente molto semplice e comprensibile. Si tratta infatti di una piccola scritta luminosa PARTICOLARE che diventa leggibile su un punto della parete o su qualunque corpo che si inserisca nel fascio luminoso della proiezione. Apparentemente dicevamo. Perché in realtà è un lavoro che dice molto di più, che intercetta in colui che si prende carico di questa parola un testimone fondamentale. Scrive Maddalena Disch nell’ottimo catalogo della mostra “Particolare non si esaurisce nei suoi componenti materiali (…). Funziona piuttosto come un atto di individuazione, che di volta in volta riconosce un punto dello spazio nella sua qualità di “particolare” (nel senso di sostantivo), in sé unico e “particolare” (nell’accezione aggettivale del termine)”.
Di Particolare in mostra ce ne sono più di uno, sia al piano terra che nelle sale superiori, dislocati quasi sempre in posti raccolti. Perché la mostra non si esaurisce nelle sale sottostanti ma prosegue lungo il corridoio che sale con una scala elicoidale. Qui ascendendo, troviamo alle pareti un’opera dal titolo Interferenza Nella Gravitazione Universale, venti fotografie in bianco e nero, che accompagnano lo spettatore fino al piano più alto dell’Accademia. In ogni foto cielo e terra, il sole che ad ogni foto si avvicina al tramonto. Dice Anselmo: “Io, il mondo, le cose, la vita, siamo delle situazioni di energia ed il punto è proprio di non cristallizzare tali situazioni, bensì di mantenerle aperte e vive in funzione del nostro vivere”.
Molto bella è anche l’opera che si intitola Per un’incisione di indefinite migliaia di anni. L’opera, che proviene da una collezione privata, è una barra di ferro alta 180 cm, ricoperta di grasso. Il ferro, ossidandosi, arrugginisce e si accorcia. Il grasso che l’artista mette sul ferro aiuta a rallentare l’ossidazione del ferro. Dice Anselmo: “L’opera somiglia ad un disegno che altri continueranno. È un lavoro che si autocontinuerà, un’opera volta contro la morte, contro il tempo determinato, delimitato dall’uomo”.
Sempre in mostra altri lavori di forza ed intensità, realizzati con materiali diversi quali il ferro, la pietra, il legno, l’acciaio. Suggestiva l’opera che troviamo nel cortile dell’Accademia, 20 blocchi di pietra posizionati sotto gli archi e che poi si fanno strada nel cortile, quasi a diventare un camminamento. In uno di questi blocchi proiettata una scritta anche dice: dove le stelle si avvicinano di una spanna in più.
È proprio così, che salendo sopra quel blocco ci si avvicina di più al cielo. Provare per credere.
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