Corona la mostra “Equilibrio Squilibrio” e, più diffusamente, onora il lavoro quarantennale di Francesco Granito (Apricena, 1954) il catalogo pubblicato da Edizioni Esperidi di Monteroni di Lecce, che sarà presentato, in occasione del finissage, venerdì 8 ottobre, nella sede della Alliance Française Bari che ospita il progetto espositivo. A cura di Carmelo Cipriani, che firma un contributo critico insieme a quelli di Domenico Potenza e Vincenzo Velati, la pubblicazione riferisce della personale di sculture e installazioni dell’artista pugliese, tenuta negli spazi di Domus Milella, ex Palazzo de’ Gironda, nel pieno centro storico barese.
Palazzo seicentesco di particolare suggestione, che custodisce tra l’altro uno tra i pochissimi giardini pensili di Bari Vecchia e nel quale, all’interno e all’esterno, nel salone del piano nobile e nel cortile attiguo al giardino, hanno trovato collocazione opere per la maggior parte realizzate da Granito nell’ultimo ventennio e alcune immancabili della sua produzione precedente. Come Cielo del 1982, simbolica della sua transizione tra una prima fase pittorica – si laurea infatti in pittura all’Accademia di Belle Arti – e una successiva stagione scultorea intrapresa da autodidatta.
La sua ricerca, improntata sulla sottrazione di peso, focalizzata sull’ingrandimento delle forme e il superamento della materia, ha raggiunto negli anni esiti di grande pregio tecnico e poetico, dati anche dalla commistione dei materiali adoperati e il connubio, anche concettuale, di elementi opposti.
Il percorso, delineato dall’elegante allestimento dell’architetto e docente Domenico Potenza, ben illustrato poi in catalogo, ha assecondando «La sequenza delle opere e la narrazione dei tempi diversi che l’hanno determinata». Da presenze anni Novanta come Vorrei andarmene su un’isola deserta o Ti lancio un pensiero, alle varie versioni della cosiddetta Soffioscultura, fino al recente, non ultimo, Omaggio a Calvino (Il tema del doppio), del 2021.
«Come l’immagine calviniana del Visconte dimezzato, eletta a metafora della sua ricerca, anche lui – scrive Cipriani – è diviso tra il fascino della tecnica e la seduzione del concetto, il peso della materia e la levità dell’idea. […] Nella attività scultorea di Granito il pesante si fa leggero, il fragile si trasforma in resistente, il forte in debole, l’equilibrio in squilibrio […] la terracotta simula la stoffa, il gesso il marmo, la terraglia la carta, il legno il vetro».
Che come riferisce oltretutto Velati, sono materiali accostati e conviventi in singole opere, giustapposti non solo visivamente e aperti al confronto col pubblico: «Le forme sono in dialettica con la materia […], una dialettica intrigante, linguisticamente analitica, che non cerca solo l’ossimoro formale ma che vuole far levitare l’opera nella mente e negli occhi dello spettatore, per farlo accedere ad un ulteriore livello di complice intesa. Se si arriva a tale grado di attenzione si può partecipare pienamente al gioco ironico dello svelamento della percezione ingannevole. Su questa base giocosa dominano i materiali poveri. La carta di libro, il cartoncino, la terracotta, le mattonelle di cemento, l’alluminio stampato permettono opere felici e intense». Pregevoli, tra le altre, quelle in pietra di Apricena.
Un rapporto dunque tra equilibrio e disequilibrio, che ben si manifesta inoltre, nell’esposizione, tra le opere stesse e la location, a cui evidentemente rinvia il titolo, riproposizione aggiornata dell’omonima sua altra mostra presentata a Napoli nel 2016.
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