Germania e colore sono due caratteristiche che mettono in dialogo le opere di Gerold Miller, Tobias Hoffknecht e Danni Pantel. Ma c’è anche la questione del “vincolo” che emerge silenziosa, le superfici-supporti su cui gli artisti agiscono rivelano infatti una sfida relativa alla materia che si trasforma in opera.
Nell’atmosfera degli spazi espositivi di A+B Gallery, la curatela di Giorgio Verzotti emerge come guida illuminata, svelando con precisione la complessità dei legami tra le opere esposte. Farbe si configura come un’esperienza immersiva, un viaggio nello spazio materiale e virtuale creato dalle opere. Le finestre d’osservazione offerte dalla mostra aprono prospettive intriganti, permettendo alle opere di artisti eterogenei di intrecciarsi tra loro, come se fossero destinate a dialogare sin dall’inizio del loro concepimento.
Il vincolo, concepito qui come un’opportunità ricca di significato per mettere in dialogo opere di artisti diversi, si manifesta in varie sfaccettature della mostra: le sculture sinuose di Hoffkencht, i quadri-oggetto di Miller e i dipinti stratificati di Pantel trovano collocazione in punti attentamente selezionati, dando vita a un suggestivo intreccio visuale. Alcune opere si fondono armoniosamente, creando un affascinante gioco di incastri, quasi come se fossero costruzioni Lego. È in questo contesto che emerge con forza il concetto di vincolo, laddove le opere si ergono in uno spazio virtuale, distinto e diverso dalla loro esistenza fisica e materiale. Il percorso attraverso la galleria si trasforma in un intreccio di significati, dialoghi e narrazioni inedite.
Esplorare Farbe diventa un’esperienza di scoperta, un gioco che si svela appieno solo immergendosi nello spazio espositivo. In questo contesto, il concetto di vincolo non solo si manifesta, ma si trasforma in un veicolo di connessioni artistiche sorprendenti, offrendo al pubblico un’opportunità unica di cogliere l’essenza di tre artisti tedeschi i cui linguaggi espressivi sono smaccatamente diversi tra loro.
Tobias Hoffknecht si distingue per la sua ricerca innovativa, esplorando il tubolare in ferro e trasformandolo in sculture dinamiche attraverso l’uso di vernici industriali e sinuose curve. Le sue opere, inizialmente statiche, prendono vita sulle pareti, evocando l’immagine delle traiettorie dell’edera sulle facciate delle case di campagna. La sua concezione artistica si estende oltre il fisico, inserendo le sculture in uno spazio in continua evoluzione, generando un dialogo virtuale con lo spettatore.
Danni Pantel adotta un approccio manuale, dipingendo con il corpo in movimento intorno alla tela. Nei suoi lavori, il colore diventa un mezzo terapeutico, permeando la superficie e trasformando il processo artistico in un atto di cura. L’artista utilizza il colore come strumento di guarigione, offrendo una riflessione visiva sulla ricerca di equilibrio e risoluzione nell’esperienza umana complessa.
Gerold Miller, al contrario, si avvale di macchinari industriali per generare le sue sculture, creando un intricato gioco di relazioni tra lastre di acciaio inossidabile e smalti. I quadri-oggetto di Miller evidenziano un vincolo materiale attraverso geometrie semplici. L’artista, con maestria, riesce a ottenere una multidirezionalità utilizzando pochi elementi, definendo uno spazio attivo che sfida i confini tra scultura e pittura. Nella serie set di Miller, la ripetizione di forme e l’orientamento specifico delle geometrie creano un vincolo unificante. La disposizione sequenziale delle opere su una parete contribuisce a definire uno spazio che incornicia l’interazione dell’osservatore con l’opera e l’ambiente circostante. In questo modo, il concetto di vincolo emerge chiaramente come elemento fondante, organizzando e guidando l’esperienza visiva complessiva.
Il catalogo della mostra Farbe, ospitata presso gli spazi della A+B Gallery a Brescia, sarà presentato al pubblico in occasione del finissage del 10 febbraio. Questo catalogo presenta un testo inedito appositamente redatto dal curatore della mostra, Giorgio Verzotti, accompagnato dalle fotografie di Petrò Gilberti e dal design grafico di Nicola Chemotti.
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