A Torino, negli spazi della Società Promotrice di Belle Arti, è in corso un’esposizione che raccoglie le opere di Antonio Ligabue dal titolo: Ligabue, la grande mostra. Curata dalla Fondazione Augusto Agosto Tota, raggruppa 71 dipinti, 8 sculture e 13 disegni dell’artista provenienti da collezioni private. La mostra vuole anche essere l’occasione di ricordare, a quasi un anno dalla sua scomparsa, l’amico e studioso di Ligabue a cui è titolata la fondazione.
Non conoscevo quasi per niente Antonio Ligabue, ovvero ne conoscevo le opere, ma non la sua storia. L’incoscienza, però, a volte può portare ad una percezione maggiore della meraviglia, in modo inaspettato, quando la si incontra. L’occasione della mostra, per me, che meraviglia cerco sempre, è stata quindi una prima volta e, come spesso accade nelle prime volte, le aspettative possono essere alte.
La Società Promotrice delle Belle Arti ha sede in uno storico edificio per le esposizioni costruito nel 1916 su progetto dell’architetto Enrico Bonicelli, oggi parte di museoTorino. Un progetto di tutela del patrimonio urbano e di cittadinanza, un museo diffuso, un museo sito, un museo partecipato, un museo per tutti, «un museo-processo aperto alla città».
Un’ architettura raffinata in stile liberty, con un portico neoclassico. È però nell’ampio salone di ingresso, una volta entrata, che la via verso il declino delle mie aspettative ha avuto una brusca accelerata. Tra la biglietteria e un piccolo spazio per il merchandising delle due esposizioni correnti (La prima Monna Lisa è l’altra mostra in corso), ad attirare l’attenzione sono subito alcuni fogli appesi. Sono strappati da un quaderno, scritti a mano, a penna blu, appiccicati con lo scotch trasparente alle pareti dove è scritto in italiano e inglese «I bagni sono riservati solo ai visitatori» oppure ancora «È necessario il biglietto x visitare la mostra». Dalla comunicazione artigianale e analogica, è brusco il passaggio alla tecnologia: ad accompagnare la mostra c’è un’audio guida udibile dal proprio smartphone grazie ad un Qrcode.
È il lunedì di Pasqua, molti sono i visitatori, e già all’inizio del percorso è evidente che non tutti posseggono degli auricolari per poterne ascoltare il contenuto nell’intimità del proprio viaggio. Così, sono parecchi coloro che avvicinano il telefono all’orecchio per ascoltare, con un volume udibile anche da chi, gli auricolari, invece li ha. La potenza delle opere di Ligabue è subito disarmante e tangibile, va dritta al cuore, emoziona dal primo istante, come un amore folgorante, che si svela al primo sguardo e prende il cuore, fregandoti per sempre. Di lui vorresti subito sapere tutto.
Nel girare le sale, presto ci si accorge però che non tutti i quadri sono raccontati e non è chiara la logica di selezione. Così poco dopo, viene naturale affidarsi a quella sensazione originale provata, con il cuore ancora impigliato all’emozione, riponendo gli airpod nella custodia.
Le opere sono bene illuminate e sembrano anche ben collocate e distribuite in ordine cronologico. Ma i pannelli che ospitano i testi, composti da trasferibili, hanno angoli piegati, lettere saltate, qualcuna è storta. Una piccola follia grafica certamente non voluta, e per questo, molto evidente.
Nel percorso, tra le opere, alcune grandi immagini stampate fanno da scenografia ad oggetti simbolici come la Guzzi rossa tanto desiderata da Ligabue e ricevuta, ho scoperto poi, in cambio di qualche quadro. Quella moto è stata compagna di un tratto della sua vita e con lei girava la bassa reggiana fuggendo dall’ostilità imperscrutabile del mondo. All’improvviso un grande pannello, caratterizzato da uno stile differente dal resto dell’allestimento, a celebrare l’Augusto Agosta Tota, mercante e amico del Toni: tra foto di famiglia e strette di mani, la celebrazione un po’ distonica rispetto al contesto, di quello che questa grande personalità guastallese è stata. Nel percorso, alcuni still da video: in uno si può vedere una piccolissima parte del meraviglioso sceneggiato Rai andato in onda nel 1977 (e ancora visibile su Rai Play) con la regia di Salvatore Nocita, la sceneggiatura di Zavattini e una fine interpretazione di Flavio Bucci nei panni del pittore gualtierese. Nell’altro frame, verso la fine del percorso, ci si può perdere all’infinito, nella danza d’amore di richiesta di un bacio alla cameriera del bar di paese di cui il pittore si era perdutamente innamorato. Lei, paziente, “carina”, aspetta che lui finisca un ritratto e poi si concede, con dolce timidezza. La tenerezza di quel gesto, di quel momento, è forse una delle cose più emozionanti. Quel video è l’estratto di un raro documento Il vero Ligabue di Raffaele Andreassi girato nel 1962.
Quella su Ligabue è una mostra da cui si esce provati da un sentimento fortemente contrastante: da un lato c’è il rapimento interiore che talento e poesia insieme evocano. Dall’altro si prova dolore, per tutta la sofferenza provata da quell’uomo e per quell’allestimento così ingiusto rispetto a quella stessa sofferenza. Ingiusto perché non racconta la follia, il simbolismo, il senso del paesaggio e la forza della natura così ossessivamente presente come unico elemento a cui restituire riconoscenza.
Assente è una riflessione su quella povertà dalla quale in molti siamo venuti, e che oggi facilmente dimentichiamo. Una povertà che nel provare emozioni era così semplice e ingiusta ma a volte invece generosa. Lo strazio di quell’uomo pazzo, così animato da meraviglia interiore, e così capace di trametterla anche dopo la sua morte, credo meritasse più cura, rispetto, delicatezza in ogni semplice forma anche di allestimento. Perché a volte per fare bene, basta fare anche pochissimo, come quella povertà della bassa reggiana ci insegna. Basta anche solo un testo ordinato graficamente pulito e scritto bene. Ricordiamocelo per la prossima volta.
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Ho visto la mostra qualche giorno fa e condivido ogni sua parola . L ' allestimento e' a tratti desolante ... per fortuna la forza di Ligabue non ha bisogno davvero di nulla, ma almeno il rispetto verso l' artista sarebbe d' obbligo !!!
Salve, ho avuto modo di visionare anche io la mostra su Antonio Ligabue e ,per l'appunto, non mi sono soffermata sui vari allestimenti ma bensì sulla mostra in sé. Certo è che, al di là dei dettagli da voi riscontrati e ,a parer mio, di poco valore nel contesto, ho trovato molta gentilezza e professionalità nello staff che ha saputo rispondere alle esigenze e necessità nonostante un momento di grande affluenza data da vari gruppi in visita guidata, rispondendo con cortesia e attenzione.
Tornerò sicuramente per la visita guidata con il co curatore della mostra Mario Fiori.