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Flores e Pacelli, un dialogo sull’invisibile: la mostra da El Chico di Madrid
Mostre
Accogliendo per la prima volta le opere di Estefanía B. Flores e Francesco Pacelli, la galleria El Chico, a Madrid, si trasforma in una Dark Forest. La mostra esplora il dialogo tra magia e tecnologia, richiamando un universo sorretto tra visibile e invisibile, concreto e simbolico. Ispirandosi alla metafora della foresta oscura, lo spazio espositivo diventa un rifugio per pratiche artistiche che rievocano gli spiriti di un tempo sospeso.
Il concetto di Foresta Oscura viene introdotto nei primi anni 2000 dallo scrittore Liu Cixin nella sua trilogia Il problema dei tre corpi, dove l’universo viene paragonato a una foresta notturna: apparentemente silenziosa ma in realtà popolata da creature che si nascondono nell’ombra per sfuggire a sguardi indesiderati. Grazie a questa metafora, che sottolinea la vulnerabilità della Terra mentre cerca connessioni in un cosmo ostile, i curatori Amina Berdin e Jorge Van den Eynde travalicano i confini della narrazione lineare, lasciando spazio a un intreccio tra pensiero magico e comunicazione digitale contemporanea. Ed è così che la Dark Forest plasmata dai lavori di Estefanía B. Flores e Francesco Pacelli diventa un simbolo di trasformazione e resilienza, uno spazio mutevole dove le simbologie evolvono ma conservano un nucleo essenziale che persiste nel tempo.
Flores e Pacelli trattano il tema centrale della mostra con pratiche apparentemente distanti ma sorprendentemente complementari. Pacelli lo affronta in modo reattivo, adattando il suo linguaggio artistico alle dinamiche spaziali e concettuali dell’esposizione. In netto contrasto con Flores, la cui pratica è caratterizzata da sculture e installazioni di maggiore scala che imprimono una forte presenza nello spazio.
Pacelli opta per un approccio di sottrazione. Il suo metodo si orientata verso il mimetismo e la discrezione, abbandonando il confronto diretto, come un abitante della foresta che si dissolve per proteggersi e confondersi. Questo principio di camouflage si traduce in opere che sfidano la percezione. Le ceramiche di Pacelli, scure e integrate nel pavimento nero o chiare e sospese sul soffitto bianco, si fondono con l’architettura della galleria.
La ricerca di Pacelli si radica profondamente in un dialogo diretto con i materiali, lasciando che siano essi stessi a guidare il processo creativo. Ogni materiale possiede, nella sua visione, un’idea intrinseca che l’artista non forza né altera per adattarla a un progetto predefinito. Questa relazione simbiotica tra materia e concetto diventa il motore del suo lavoro. La matericità non è semplicemente un mezzo ma una forza che plasma e sostiene l’idea, spingendo l’artista verso nuove soluzioni formali.
Pacelli esplora la tecnologia non come un sistema complesso, ma come tecnica: un campo di sperimentazione che si avvicina alla dimensione magica. Attraverso incisioni su calcite e un linguaggio scultoreo radicato nella materialità, indaga il tema del doppio e crea spazi dove razionale e ignoto coesistono. I suoi disegni, realizzati con carboncino e pastelli a olio, evocano una dimensione alchemica, unendo il corporeo al simbolico per esplorare i binomi di luce e ombra, visibilità e invisibilità.
Flores, invece, opera in un regno di tensioni magnetiche, intrecciando affetti reali e simulati. Il suo universo iper-costruito, nella sua vulnerabilità, svela una bellezza fragile. Il linguaggio scultoreo di Flores si radica in un feticismo verso l’hardware e nella nostalgia per quei dispositivi tecnologici che, ormai obsoleti, conservano un’aura di memoria culturale. Questi elementi si sovrappongono in mondi dove l’organico e l’industriale coesistono armoniosamente. L’emblematica figura della Dark Forest di Flores è Cassiopeia, un personaggio del videogioco League of Legends, scoperto dall’artista durante lo studio delle tecnologie magiche, conosciute nel gioco come hextech. Questa tecnologia immaginaria, che combina potere spirituale e progresso scientifico, risuona con il concetto di sublime tecnologico, un tema ricorrente nel lavoro dell’artista.
Cassiopeia, metà serpente e metà donna, rappresenta per Flores un simbolo affascinante; non una reinterpretazione contemporanea di una dea antica, ma una fusione di riferimenti mitologici, plasmata da una logica “corrotta” che richiama l’ambiguità della femme fatale. L’artista seziona questo personaggio mitologico, disarticolandolo in frammenti che si dispiegano nello spazio espositivo, come tracce da seguire in un percorso di scoperta e gioco. Cassiopeia si offre alla narrazione come un corpo che volontariamente si lascia dissolvere nelle ombre della foresta, abbracciando la possibilità di una metamorfosi continua. La Dark Forest, nell’interpretazione di Flores, non è solo uno spazio fisico, ma anche una proiezione psichica, un luogo di trasformazione mentale e subconscia.
La collaborazione tra i due artisti è mediata da un equilibrio attentamente orchestrato. Le loro pratiche non si sovrappongono, ma dialogano in maniera sottile, come elementi di un ecosistema complesso che utilizza la devozione alla ricerca materiale come filo conduttore.
Come immersi in un sogno lucido, Dark Forest invita a un movimento fluido e contemplativo, dove lo spazio e il tempo si dissolvono in un intreccio di simboli e percezioni. Ogni opera, percepibile come un frammento di un universo enigmatico, guida verso una scoperta che è insieme esterna e interiore. La mostra sfida ogni tentativo di categorizzazione, abbracciando l’ineffabile. Qui, magia e tecnologia si fondono per sfuggire ai significati imposti, evocando una realtà che fluttua tra il simbolico e l’immaginario. È un luogo di resistenza, dove il fantastico si oppone alla tirannia della razionalità, aprendo varchi verso possibilità infinite. Al di là della superficie, ciò che si intravede non è solo un altro mondo, ma un nuovo modo di interpretare il nostro.
La mostra sarà visitabile fino al 27 dicembre 2024.