Nei secoli dei secoli il matrimonio si ripete: arte e paesaggio convivono dando risultati di grande valore. E come l’incontro è stato suggellato nel passato succede anche nella contemporaneità. È accaduto anche a Guarene (Cn), tra i paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato, (Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2014) c’è un parco dove si cammina tappe tra opere di arte contemporanea che segnano il tempo. Si tratta del Parco d’arte Sandretto Re Rebaudengo Collina di San Licerio dove da poco è arrivata un’altra opera, dell’artista francese Marguerite Humeau. Sempre selezionate dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. fino al 28 novembre, si potranno vedere i lavori della mostra “Badly Buried” invece nel bellissimo e misterioso Palazzo Re Rebaudengo, settecentesco, che conclude la quindicesima edizione dello Young Curators Residency Programme (una residenza di ricerca in Italia per sviluppare le capacità professionali e critiche delle curatrici selezionate).
“Badly Buried” è un viaggio nei sotterranei del palazzo (e non solo) dove le opere stesse raccontano di viaggi nel profondo, del calarsi fisicamente, psicologicamente e socialmente nelle cose. E poi come si riemerge, cosa può rivelare l’oscurità? Che sia l’incoscio, il sesso, la profondità della Terra come le miniere, mentre TOMB WRITER di Alessandro di Pietro trasforma il palazzo in una tomba, dove corpi morti ritornano sulla Terra, in un modo ciclico di pensare al tempo. Irene Coppola usando materiali industriali, costruisce un frutteto spettrale fatto di piante tropicali, che testimoniano silenziosamente la violenza della guerra e dell’intervento coloniale. Maledetta di GianMarco Porru, una video installazione a tre canali rivela, racconta in maniera allucinata, il modo in cui Medea – maga e maestra nell’arte delle pozioni e dei veleni – si sia trasformata in una figura mostruosa a causa di forze del tutto estranee al suo controllo.
Eleonora Luccarini si è immersa nell’abisso del suo io multidimensionale per lottare con il suo alter ego, Leonard Santé, mentre Massimo Vaschetto esplora la cultura BDSM in cui, riprendendo il topos letterario della catabasi, chi pratica il sadomasochismo si abbandona agli inferi per poi tornare fisicamente, emotivamente o spiritualmente trasformato. Lì, l’artista trova risonanze con il cristianesimo. Sprofondando ancora di più nel sottosuolo del Palazzo, la pratica basata sull’archeologia dei media di Giovanni Giaretta approfondisce gli immaginari del cinema caverna di Robert Smithson e la mineralità di cui sono fatti i nostri dispositivi digitali. Sepolti approssimativamente sotto le superfici lucide degli schermi, i materiali estratti trapelano nuovamente. Questi scavi ci portano ancora più in giù, verso le miniere di bitume di Abbateggio, dove Agnese Spolverini non solo racconta la storia del lavoro sommerso e delle sue condizioni oppressive, ma anche l’immensa amicizia e solidarietà necessarie per sostenere la vita in questo ambiente ostile.
Il parco d’arte è stato progettato dagli architetti paesaggisti Lorenzo Rebediani e Vera Scaccabarozzi ed è ispirato al mosaico di tessere dei campi, dei noccioleti e dei vigneti che lo circondano. Qui le opere di artisti contemporanei provenienti da tutto il mondo sono installate accanto ai filari di una vigna di Nebbiolo, tra i salici, i cipressi e le querce. L’ultima entrata a farne parte è un fiore, una scultura che affonda nella preistoria ma la spedisce nel futuro. Sono questi i periodi temporali scelti da Marguerite Humeau, perché alcune sue opere presentano le fattezze di antichi animali preistorici, ma sono create con l’alta tecnologia della stampa 3D lo sarà sempre di più. Francese, 35 anni un curriculum che la inserisce tra le artiste più considerate oggi non solo dal mercato: viaggia dal Palais de Tokyo (prima grande mostra nel 2016) alla Fondazione Sandretto, appunto. Affascinata da entrambi i mondi passeggia con destrezza nella storia e nella ricerca scientifica come compagne di viaggio per la creazione: come è accaduto con questo fiore che è Ermafrodita, ed è il legame tra la terra della vite e il cielo. Marguerite Humeau ha sviluppato un progetto che nasce da una ricerca che ha coinvolto varie comunità ed esperti locali: produttori di vino, studiosi delle tradizioni alchemiche locali, guaritrici (qui note come masche), geologi, specialisti in energie rinnovabili e biotecnologie, botanici, biologi, specialisti del suolo. Le suggestioni così raccolte hanno contribuito alla concezione di Rise, un’opera è composta da diversi elementi che “esplodono” dal centro. Ogni modulo si ispira agli organi di riproduzione della vite (microscopici nella realtà), dalla nascita delle gemme, alla loro fioritura, allo scambio di polline e alla fecondazione. In particolare, Rise rievoca l’originaria impollinazione incrociata tra un maschio e una femmina di vite: il momento in cui il loro incontro produce il primo fiore ermafrodita, caratteristica diffusa nelle piante di vite coltivata, che possiedono sia fiori femmine che fiori maschi. Il Parco è un museo all’aperto, guidato dal principio della piena accessibilità per tutte e tutti, dove si possono incontrare opere di Ludovica Carbotta, Carsten Holler, Paul Kneale, Manuele Cerutti, Mark Handforth, Wilhem Mundt.
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