Categorie: Mostre

‘Forme della memoria e dello spazio’: Nino Caruso al MIC di Faenza

di - 6 Giugno 2022

Il MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza con “Forme della memoria e dello spazio” (fino al 9 ottobre) rende omaggio a Nino Caruso (1928-2017), «artista, ceramista, designer, scrittore, […] noto in tutto il mondo per il suo contributo fondamentale all’arte ceramica, in ricerca continua tra tradizione e innovazione», ha spiegato il museo.
La mostra, a cura di Claudia Casali e di Tomohiro Daicho, curatore del MOMAK di Kyoto, con il supporto dell’Archivio Nino Caruso è già stata allestita nel 2020 nei musei giapponesi di Kyoto e Mino, con i quali il MIC di Faenza è coproduttore.

Si tratta della prima antologica dedicata a Nino Caruso, dopo la sua comparsa e attraverso un centinaio di opere la mostra «ricostruisce la personalità di Nino Caruso, instancabile viaggiatore, molto noto all’estero, in Giappone in particolare.
Caruso ebbe un’attività artistica ed espositiva ricchissima che affiancò a quella didattica ed editoriale. È l’autore dei più importanti manuali di ceramica – tradotti in tutto il mondo – e i suoi interventi pubblici sono disseminati tra la Galerie Les Champs di Parigi e la Chiesa Evangelica a Savona, il Giappone, presso l’Ospedale di Tokai e City Hall, e il Portogallo, presso La Rotunda, a Coimbra. Come le sue sculture si trovano alla stazione ferroviaria di Gijon, in Spagna a alla stazione della metropolitana di Marsiglia», ha proseguito l’istituzione.

Di tutto questo abbiamo parlato con Claudia Casali, Direttrice del MIC Faenza.

“Nino Caruso (1928-2017). Forme della memoria e dello spazio”, exhibition view, 2022, MIC Faenza © MIC Faenza

L’antologica “Forme della memoria e dello spazio” è la prima dedicata a Nino Caruso dopo la sua scomparsa nel 2017. Può ricordarci qual è stato il contributo dell’artista all’arte ceramica?

«Caruso ha vissuto una vita intensa e varia. È stato scultore, ceramista, designer, scrittore, divulgatore: i suoi contributi per la ceramica sono stati riconosciuti in più sedi, soprattutto internazionali. Il suo percorso inizia negli anni ’50 a Roma con Salvatore Meli attorno alla vivace situazione artistica di Villa Massimo. Poi prosegue con l’industria (la manifattura CAVA e la Marazzi, per citare le più note), dalla metà degli anni ’60, realizzando importanti interventi modulari in ceramica per rivestimenti parietali in Italia e all’estero. Alla metà degli anni ’70 fonda il Centro Internazionale per la Ceramica, a Roma, un luogo di incontro di artisti e ceramisti provenienti da tutto il mondo, antesignano delle attuali residenze d’artista. Questo luogo lo mette in contatto con gli autori più interessanti del momento. Il suo percorso prosegue con l’omaggio all’arte italiana, alla sua mediterraneità e alle origini etrusche: a questa civiltà è dedicato un ciclo a cui farà riferimento dalla metà degli anni ’80 fino alla fine della sua carriera.
Non bisogna dimenticare il portato divulgativo di Caruso: a lui si devono manuali di tecnica ceramica tradotti in più lingue ed ancora pubblicati, nonché dieci puntate di approfondimento sull’arte ceramica prodotti dalla RAI negli anni ’80. Caruso cercava di avvicinare la ceramica alla gente e al mondo dell’arte: molte sue azioni sono proprio nel segno di una rottura contro le presunte gerarchie delle arti, concetto contro cui si batterà per tutta la vita».

“Nino Caruso (1928-2017). Forme della memoria e dello spazio”, exhibition view, 2022, MIC Faenza © MIC Faenza

La mostra è cocurata con Tomohiro Daicho, curatore del MOMAK di Kyoto, co-prodotta con due musei giapponesi ed è stata realizzata con il supporto dell’Archivio Nino Caruso è già stata allestita nel 2020 nei musei di Kyoto e Mino. Come è nata questa collaborazione e da dove deriva l’interesse internazionale per il lavoro di Caruso?

«Il nostro Museo fin dalle sue origini ha avuto una connotazione internazionale e da sempre realizziamo progetti con istituti museali nel mondo. Con il Giappone c’è poi una tradizione di lunga data, grazie principalmente allo scambio delle nostre biennali d’arte ceramica (Premio Faenza e Mino) e dall’attrattività che Faenza ha sempre avuto per gli artisti giapponesi. Caruso ha lavorato per diversi progetti (giurie, workshop, conferenze) con il Giappone ed è stato invitato a realizzare un monumento per il parco delle sculture di Shiragaki, nota città ceramica, dal titolo “il vento e le stelle”. Caruso apprezzava molto la cultura giapponese e la sua attenzione, unica, per la ceramica e gli autori della ceramica».

“Nino Caruso (1928-2017). Forme della memoria e dello spazio”, exhibition view, 2022, MIC Faenza © MIC Faenza

Nel percorso espositivo ci sono circa 100 opere. Potete indicarne un paio di particolarmente significative per il percorso dell’artista?

«Il percorso inizia con le straordinarie opere degli anni ’50, dove il riferimento è certamente Salvatore Meli e tutta la pittura su superficie di quegli anni, declinata con un’interpretazione unica dagli esiti davvero felici. Caruso sceglie una forma iconica, il piatto, e delinea ritratti dai colori molto accesi, dove il tratto è sicuro e graffiato, sono opere figurative che non ripeterà negli anni successivi, dove invece la parte astratta avrà il sopravvento.
Il percorso si chiude con le “case oniriche” realizzate tra la fine degli anni ’90 e il 2006, sculture create nella semplicità del colombino (tecnica da lui già utilizzata negli anni ’60 per le forme materiche primitive). Sono scrigni che trasmettono intimità, che ci raccontano di storie e segreti racchiusi nelle quattro pareti che si allungano a creare i ritratti dei loro abitanti. È un lavoro poetico frutto di un sogno in cui l’autore vide piccole abitazioni che si animavano prendendo le sembianze dei loro abitanti. È un lavoro che, come in un eterno ciclo, torna alle sue origini».

“Nino Caruso (1928-2017). Forme della memoria e dello spazio”, exhibition view, 2022, MIC Faenza © MIC Faenza

Quali saranno i prossimi appuntamenti al MIC?

«La mostra di Caruso rimarrà aperta al pubblico fino al 9 ottobre. L’autunno sarà particolarmente intenso poiché ospiteremo un progetto di Salvatore Arancio realizzato nel 2021 grazie al supporto dell’Italian Council, un progetto che dialoga con la storia del nostro Museo bombardato nel maggio 1944 e sul tema del frammento e della ricostruzione.
Poi sarà la volta di Galielo Chini, a novembre, straordinario protagonista del liberty italiano in una selezionata antologica che vedrà l’esposizione di circa 200 pezzi, molti inediti, tra ceramiche e disegni. Un omaggio doveroso collegato al centenario della fondazione del grande complesso di Salsomaggiore Terme, da lui decorato».

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