Fortunato Depero. Sete di Futurismo, fame d’ America e Lorenzo Vitturi. Borgo Roma. Paesaggio in transizione sono le mostre che abiteranno il piano superiore della ‘Rotonda’, a testimonianza del crescente interesse della Fondazione Earth nell’indagare le convergenze tra arte e cibo come riflesso di più ampie dinamiche socioculturali.
Sulla scia dei numerosi artisti del Novecento esposti nei recenti anni a Earth, Sete di Futurismo, fame d’America, presenta con occhi nuovi i lavori grafici, polimaterici e architettonici di uno tra i più importanti artisti del Futurismo. In collaborazione con il Mart e l’Università di Verona, la curatela di Federico Zanoner e Luca Bochicchio esplora l’arte del convivio come canale preferenziale per Depero per esprimere al meglio la sua creatività ed affermarsi pionieristicamente nel panorama dell’advertising.
L’allestimento racconta in ordine cronologico la produzione artistica, dagli anni Dieci agli anni Cinquanta. Alla Sete di Futurismo, è dedicato l’ambiente a sinistra rispetto l’ingresso: dagli esordi Roveretani e Meranesi, con la fondazione di Casa d’Arte Futurista Depero e la realizzazione del Bar Bristol, alle prime accattivanti grafiche pubblicitarie. Non mancano a corredare le proposte dell’artista umoristici modelli plastici, come il personaggio della ‘scimmietta Campari’. Sono preziose infatti le collaborazioni con aziende come Campari, Magnesia S. Pellegrino, Strega, tra le tante, a rendere celebre Depero nel panorama artistico internazionale.
La sala a destra pone a confronto la fame d’America: dal frenetico biennio Newyorkese (1928 -1930), sino alla seconda metà del secolo, quando l’artista, rientrato in Italia, intravede la necessità di nuove espressioni ‘post-futuriste’. Mobili d’arredo, sgargianti tarsie, pitture su cartoncino, e poi ancora documenti d’archivio, animano la sezione restituendo a tutto tondo l’universo poliedrico e il genio travolgente di Depero.
In Borgo Roma. Paesaggio in transizione, Lorenzo Vitturi pone l’obiettivo della sua camera sull’omonimo quartiere Veronese. Il progetto, a cura di Giangavino Pazzola, in collaborazione con Giulia Adami, è sostenuto da Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea, con il Comune di Verona.
Con rara sensibilità artistica, Vitturi consegna un corpus fotografico di oltre 30 immagini emozionanti, profondamente evocative della realtà socioeconomica dell’area, frutto di mesi di indagine sul campo con il supporto dell’antropologa Caterina Borelli. Fotografie totemiche, dall’alto valore simbolico, condensano – o, meglio dire, ghiacciano – le storie intime di chi, Borgo Roma, lo abita davvero. Vitturi ne ritrae i volti, i materiali, realtà e fragilità economiche, a cavallo tra archeologie industriali abbandonate e storie di riconversione culturale. Come quella della Bibliomobile della Nuova Acropoli, al centro della prima delle due sale, che racconta il capillare lavoro di promozione culturale dell’associazione all’interno del quartiere.
Il progetto si intreccia operativamente con la sede di Earth, ex stazione frigorifera, in cui Vitturi si è trasferito per lavorare «sperimentando con i materiali raccolti sul campo e ghiacciando le fotografie in fase di sviluppo». Nella sala adiacente, i progetti Dalston Anatomy (2013) e Money Must Be Made (2018) indagano tra Londra e Lagos le realtà mercatali: ecosistemi a sé stanti, o come racconta l’artista, «microcosmi in cui poter zoommare sul mondo».
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