La lunga storia del giardino, raccontata attraverso più di 150 opere, tra dipinti, disegni, sculture, arazzi, erbari, libri, oggetti d’arte, dal Rinascimento al contemporaneo. E a tutte le latitudini, dal nord al sud, fino agli “altri mondi”, dai paesaggi idealizzati all’Eden, considerando la ricchezza ed eterogeneità degli esiti sul tema, variamente influenzati dai modelli culturali di riferimento. Alla Reggia di Caserta sarà visitabile fino al 16 ottobre “Frammenti di Paradiso. Giardini nel tempo”, mostra a cura di Tiziana Maffei, direttrice del Museo, e di Alberta Campitelli e Alessandro Cremona.
«L’esposizione è il risultato di un lavoro di approfondimento sul significato culturale che il patrimonio naturale così come elaborato dall’uomo ha avuto e può avere», ha spiegato Tiziana Maffei. «L’obiettivo dell’impegno dell’Istituto museale e dei numerosi compagni di viaggio che hanno consentito la realizzazione di questa operazione culturale è duplice: divulgare al grande pubblico i valori etici della bellezza con l’auspicio che si recuperi, dopo decenni d’indifferenza, la cultura dell’arte dei giardini un tempo molto più diffusa e offrire agli addetti ai lavori la molteplicità di lettura narrativa di questi straordinari microcosmi prodotti nel tempo da diverse civiltà».
In un confronto tra rappresentazione, immagine e prospettiva reale, le opere scandiscono le grandi sale dell’Appartamento della Regina affacciate sul meraviglioso Parco Reale, con la scenografica via d’acqua, in un allestimento suggestivo ideato da Lucio Turchetta con Vincenzo De Luce. Prestigiosa la lista dei prestiti, dai Musei del Prado e Thyssen-Bornemisza di Madrid, al Museo di Versailles, fino al Museo di Capodimonte, alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, alla Galleria degli Uffizi e Palazzo Pitti a Firenze, al Museo di Roma, oltre a collezioni private biblioteche e altri istituti pubblici, come gli Orti botanici di Napoli e Portici, a sottolineare non solo profondità organizzativa dell’esposizione ma anche l’amplissima diffusione del genere, una linea rossa che unisce luoghi distanti.
Tra i tanti artisti che, nel loro percorso di ricerca hanno lavorato sul tema, personalità come Gaspar van Wittel, Claude Lorrain, Paolo Anesi, Pietro e Gianlorenzo Bernini, Hubert Robert, Hendrick van Cleve III, Jules-César-Denis van Loo, Giusto Utens, Joseph Heintz il giovane. Un ruolo di spicco spetta naturalmente a Jacob Philipp Hackert, che tante opere ha dedicato ai giardini e ai paesaggi campani e dell’Italia meridionale.
«Il giardino è il luogo dove l’uomo cerca di ritrovare il paradiso terrestre, l’armonia perduta con la natura. Non a caso paradiso – ha dichiarato Alberta Campitelli – in molte culture, è sinonimo di giardino. I giardini dipinti o riprodotti mirano ad immortalare la bellezza fugace, a tramandarla nel tempo. Il rapporto tra giardino reale e vivente e giardino tradotto in un linguaggio artistico è quanto mai vario e percorre la storia della nostra civiltà. Mostrarne l’evoluzione e i vari modi di declinarla è il tema dell’esposizione che si avvale di un rapporto diretto con uno dei giardini più scenografici e celebrati che con la sua cangiante visione reale dialoga costantemente con il percorso espositivo, in un continuo scambio di suggestioni».
«Il giardino è il mezzo con cui il suo committente trova lo scenario perfetto per trasmettere messaggi in modo diretto o mediato da simboli che, a volte, delineano precisi itinerari mentali», ha continuato Alessandro Cremona. «Parlare quindi di giardini significa affrontare i molteplici temi che in essi sono narrati, le tante trame che vi si intersecano, le teorie che definiscono un assetto piuttosto che un altro, i percorsi di scoperta scientifica che intervengono sui luoghi e li modificano. Di questa straordinaria complessità si fa filo conduttore la mostra che attraversa il labirinto paradisiaco del giardino dipinto e immaginato, conducendo il visitatore a deliziarsi della visione degli splendidi giardini vanvitelliani».
Un nucleo di opere affronta poi il tema dal punto di vista dell’arte contemporanea, per mettere in evidenza il rapporto della società attuale con la natura e la creazione di paradisi artificiali. Dall’erbario Wild Flora dell’artista brasiliana Maria Thereza Alves, agli arbusti fragili di Eugenio Tibaldi, alle panchine in legno di pioppo odoroso di Eugenio Giliberti fino agli emozionanti scatti fotografici dall’Eden di Mimmo Jodice, alle radici nelle istallazioni cucite di Alice Padovani, alle sculture selvatiche di Sasha Vinci e al Disegno Popolare di Luca Francesconi.
L’esposizione è l’occasione per mettere in evidenza il Museo Verde della Reggia di Caserta, scrigno di tesori per la sua componente vegetale, architettonica e paesaggistica, anche in termini di sviluppo economico. L’Istituto, negli ultimi anni, si sta impegnando nel recupero e nella valorizzazione di questa importante eredità culturale, anche attraverso la loro “messa in opera” mediante la partnership con realtà economiche ed imprenditoriali che sappiano coglierne il valore e le prospettive future.
Tra i progetti in itinere c’è “Semi – Sviluppo e Meraviglia d’Impresa”, il neonato incubatore di progetti della Reggia di Caserta finalizzato alla riqualificazione e alla valorizzazione del patrimonio del Complesso vanvitelliano in termini storico-artistici e culturali, ma anche produttivi e di sviluppo. Il primo passo sarà un incontro online il prossimo 7 luglio.
Sempre nell’ambito della mostra, dal connubio tra storia e tecnologia è nato il progetto “Svelare il Giardino di Vanvitelli”, con la Fondazione Kainòn. Le più moderne tecnologie digitali consentiranno di vedere e “toccare” ciò che Vanvitelli aveva pensato di realizzare per re Carlo di Borbone. Le tecnologie digitali restituiscono, attraverso una narrazione specifica tramite software di modellazione 3D e ricostruzione in realtà virtuale, il progetto originale dell’architetto, riprodotto nelle sue componenti architettoniche e botaniche. L’aspetto originario potrà così essere confrontato con la conformazione attuale del Museo verde.
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