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Francisco Tropa, il desiderio dell’arte: la mostra al Museo Nazionale di Monaco
Mostre
La Villa Paloma del Nouveau Musée National de Monaco – NMNM ospita Paésine, un’interessante mostra monografica dedicata all’artista portoghese Francisco Tropa, visitabile fino al 21 aprile 2025. Curata da Célia Bernasconi e realizzata in collaborazione con la Fondazione Serralves di Porto, l’esposizione esplora l’universo creativo di Francisco Tropa (1968, Lisbona) attraverso 50 opere che spaziano tra sculture, serigrafie realizzate tra il 2012 e il 2024 e proiezioni fotografiche. In collaborazione con la curatrice, Tropa trasforma l’esperienza espositiva creando un dialogo tra le opere e lo spazio, offrendo nuove riflessioni sull’allestimento e amplificando l’impatto visivo.
Tra le opere spicca Penelope (2021), un’imponente scultura in bronzo – che guarda alla Saudade di António Soares dos Reis – che è collocata sulla terrazza della Villa Paloma, con una suggestiva vista sul mare. Attraverso successivi stampi interni, qui Tropa dissolve progressivamente la forma originaria, evocando l’evanescenza del tempo e della memoria.
A pochi passi dalla celebre grotta dell’Osservatorio, abitata durante il Paleolitico, l’esposizione prende il titolo da Paésine, una pietra nota per i motivi che evocano paesaggi dipinti. I temi principali, quali geologia, archeologia ed etnologia, si intrecciano con riferimenti alla scienza, alla tecnologia e alla storia dell’arte. Il percorso espositivo si sviluppa lungo i tre piani della villa, evocando simbolicamente il mondo sotterraneo, quello terrestre e il firmamento. Un approccio che trasforma gli spazi in una moderna caverna platonica, grazie a proiezioni di agate colorate ispirate alle pietre geologiche, che invitano a riflettere sulla rappresentazione della realtà e delle illusioni.
Ad aprire l’esposizione all’interno del palazzo l’enigmatica installazione Che Vuoi? (2022), composta da un secchio sospeso contenente del carbone e agganciato a un muretto di mattoni. L’opera rappresenta la tensione tra il desiderio di colmare una mancanza e l’impossibilità di farlo, riflettendo quella dialettica di Lacan, in cui il desiderio è sempre inappagato e in continua ricerca di ciò che è irraggiungibile.
Un’altra interpretazione singolare è offerta dalla rilettura – realizzata nel 2022 – della Pietà di Michelangelo. Tropa qui lavora sullo stampo della forma, eliminando progressivamente gli strati dell’opera – come a sviscerare l’atto della creazione – rendendo così visibile la cavità interna grazie a uno specchio inclinato e sottostante alla scultura. L’opera è accompagnata da un dipinto di João Queiroz che ne completa la narrazione visiva. Il percorso è ritmato da nature morte o meglio da still sife, come sottolinea l’artista. Ma qual è la differenza tra questi termini? Lui stesso lo chiarisce in un rapido scambio.
La natura morta è praticamente onnipresente lungo il percorso espositivo. Sembra quasi una consacrazione al genere, evidente nelle rappresentazioni scultoree di mele, pezzi di carne e altri elementi iconici.
«Il termine natura morta è molto interessante, perché anche in Portogallo si usa l’espressione “natureza morta”. Tuttavia, ciò che mi affascina di più è l’idea del gioco compositivo, motivo per cui preferisco il termine “still life”. Nel nord Europa, infatti, si utilizza questa espressione, che significa “vita ferma” e porta con sé una sfumatura diversa rispetto alla natura morta. Questa sottile variazione arricchisce l’interpretazione», ci ha spiegato l’artista.
In questo breve scambio risiede una chiave interpretativa che guida anche il progetto Scripta (2006). Qui Tropa reinterpreta la tradizione delle still sife trasformandola in un’esperienza dinamica, finanche ludica. Ossia? Elementi naturali come mele e noci si mescolano a loro riproduzioni in bronzo dipinto, dando vita a un dialogo visivo che interroga l’illusione e la realtà. Al centro, una base tessile funge da arena per comporre e ricomporre le forme, creando un movimento perpetuo che omaggia la poesia silenziosa di Giorgio Morandi.
Le sculture non sono isolate, un filmato ci mostra l’artista intento a giocare con delle forme come un demiurgo che esplora la relazione tra gesto e rappresentazione. In questo gioco infinito tra copia e originale, tra natura e artificio, Scripta fa riflettere sul tempo e sullo sguardo.
L’Enigma di RM (Fontana) è invece una scultura spaziale che sfida il confine tra arte e oggetto quotidiano, rappresentando quarti di carne riprodotti in bronzo attraverso la fusione in sabbia, una tecnica che ne cattura la materialità con estrema fedeltà. Il titolo Fontana è chiaramente un richiamo all’iconico ready-made di Marcel Duchamp del 1917, ma non è tutto. Quando un limone in bronzo sfiora i quarti di carne, la scultura si anima producendo suoni. Questa interazione sposta l’attenzione sull’idea di un’arte che non solo rappresenta, ma vive.
Infine, l’ultimo piano della villa accoglie Terra Platonica in cui l’artista si confronta con l’idea di morte e di trasformazione. Ispirata a una fotografia dell’etnologo americano Edward S. Curtis — che ha realizzato numerosi scatti delle popolazioni autoctone del Nord America — l’opera di Tropa guarda a un rito funebre che prevedeva l’essiccazione di un corpo umano su un fuoco. Affascinato, l’artista ha realizzato uno scheletro in bronzo che, posto in bilico e sospeso nel vuoto, rivela linee forti e parlanti che ci fanno riflettere sulla transitorietà della vita. In Terra Platonica la materia e la forma si confrontano con questioni universali come la morte e la permanenza.
Attraverso la sua opera, Tropa ci rivela connessioni invisibili che legano il mondo naturale a quello costruito. Paésine non è solo un omaggio all’estetica di Tropa ma un invito a interrogarsi sul rapporto tra natura e artificio, dove vita e assenza si intrecciano in una narrazione poliedrica che conferma il ruolo dell’arte contemporanea come strumento di esplorazione e riflessione.