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Frida Kahlo, padrona del proprio corpo: la mostra al Palais Galliera di Parigi
Mostre
Monociglio color ebano, capelli corvini incornati da un resplandor (il tradizionale copricapo Tehuantepec di pizzo inamidato) o da fiori freschi, un rebozo, uno scialle, che copre le spalle e il tradizionale abbigliamento tehuana, sono i tratti distintivi di quell’icona culturale chiamata Frida Kahlo (Coyoacan, 1907-1954). Il museo parigino della moda di Palais Galliera, accoglie “Frida Kahlo, au-delà des apparences”, una mostra che riunisce circa 200 creazioni e oggetti come abiti, accessori, protesi mediche, cosmetici o farmaci, visitabile fino al 5 marzo 2023.
Si tratta di una collezione di effetti personali di Frida Kahlo riscoperta nel 2004 nella Casa Azul – casa natale e residenza dell’artista fino alla sua scomparsa – suggellati dal marito nel 1954, il pittore murale Diego Rivera. Arte, alta moda e politica sono i tre filoni lungo i quali si struttura questo percorso, diviso in sette sezioni, che si chiude con uno spaccato sull’alta moda attraverso dei bellissimi abiti firmati da Jean Paul Gaultier, Valentino e Maria Grazia Chiuri per Dior, che rivelano quanto la Fridamania sia presente ancora oggi.
Difatti, i magnifici autoritratti come i suoi dipinti sconvolgenti, organici e provocatori, non solo hanno segnato la Storia dell’Arte ma continuano a ispirare l’alta moda come la cultura popolare. Storie di vita quotidiana svelate da originali corsetti di gesso e protesi, che lei stessa tagliava e ornava finemente a mano, e poi da boccette di profumo – il mitico Shalimar -, rossetti e smalti rigorosamente rossi, come da una moltitudine di abiti Tehuana variegati e coloratissimi, o da superbe collane precolombiane.
Presenti film e fotografie – come “Frida Kahlo nello studio fotografico” di Manuel Álvarez Bravo (1932) – che ripercorrono la sorprendente carriera dell’artista come l’incidente che le ha procurato tutta la vita sofferenze fisiche alla colonna, vertebrale, alla gamba destra e ai genitali. Ricoperto da ricche stoffe ricamate, come ornato da magiche fantasie vegetali e animali, il suo corpo diversamente abile veniva trasformato in una spettacolare creazione effimera. Un rituale quotidiano che, oltre a essere estetico, rappresentava un vero atto politico attraverso il quale affermava la sua Mexicanidad, oltre che la consapevolezza e l’accettazione della sua diversità come il controllo sul proprio corpo.
Una vita ricca di incontri importanti, tra cui quello con André Breton che organizza, nel 1939, la mostra collettiva “Mexique” con 18 opere di Frida Kahlo presso la galleria parigina Renou et Colle. Bella l’amicizia con la fotografa Tina Modotti che, nel 1928, la introdusse al Partito Comunista. Le due artiste avevano una passione comune per le donne e per la cultura matriarcale di Tehuantepec, che qui ritroviamo filmate nel capolavoro “iQue viva Mexico!” del regista russo Sergei Eisenstein.
L’arte di Frida Kahlo ci parla di stereotipi di genere, del ruolo delle donne nelle collettività, come di minorità culturali, dando loro maggiore visibilità e autorevolezza. Presentata con successo al Victoria & Albert Museum nel 2018, l’esposizione è un imperdibile tuffo nella creazione artistica e nei suoi molteplici aspetti. Si va dai semplici gessi ai magnifici e variegati tessuti, dalla bella fotografia all’alta moda. Ricercata ed elaborata nei dettagli, la mostra è curata da Circe Henestrosa, direttrice della scuola di moda LASALLE College of the Arts a Singapore, da Miren Arzalluz, direttrice del Palais Galliera e da Gannit Ankori, curatrice capo presso il Rose Art Museum di Waltham (Stati Uniti).