Latenter vivere, suggeriva lo scettico Giuseppe Rensi – un filosofo apprezzato da Pirandello- richiamando un antico monito epicureo. Ne raccogliamo la salutare risonanza nella diffusa mestizia di questi tempi infausti e lo facciamo nostro, senza però rinunciare all’ampio respiro dell’arte: che preferiamo, piuttosto, frequentare virtualmente, ma con immutato interesse. Come nel caso di questa esile mostra, dal tema singolare, composta di quattro quadri futuristi, corrispondenti, nella visione del curatore, ai quattro elementi dell’antica filosofia naturale. Un olio di Benedetta Cappa, la geniale e iperattiva consorte di Marinetti, dai toni equorei e dalle morbide geometrie ondulanti; una tortile aeropittura di Alessandro Bruschetti, futurista umbro; un febbrile paesaggio di Sibò, plastico cantore dell’Agro Pontino; una tela di Gerardo Dottori con l’armonica visione di una città in fiamme.
Troviamo sparsi qua e là, nella letteratura futurista, suggestioni alludenti alle forze primordiali della natura, a partire da un rapido cenno nel manifesto programmatico del 1909. E la particolarità della mostra sta proprio nella volontà di sottolineare questo aspetto che la critica ha sempre ritenuto marginale nella poetica futurista. Chiediamo lumi al curatore Antonio Saccoccio. «La frequente riduzione del Futurismo a modernolatria ha impedito di decifrare la reale natura di questa avanguardia» -ci spiega – «Ma se leggiamo attentamente i testi teorici futuristi e analizziamo le opere (letteratura, pittura, musica, scultura, fotografia, moda, cinema, architettura, arredamento etc.), ci si accorge che molti aspetti della poetica e dell’ideologia del movimento sono stati trascurati, a volte proprio perché ne rendevano più problematica la comprensione, perché mettevano in discussione interpretazioni ormai date per assodate. Uno di questi aspetti è proprio la riflessione sulla natura, sulle forze della natura». In effetti, siamo soliti soffermarci sulla diade antinomica natura-macchina, frequente, in verità, nei manifesti e nei proclami.
«I futuristi non sentono una contrapposizione tra natura e cultura, ma tra cultura passatista e cultura futurista» – prosegue Saccoccio – « Prendiamo un testo molto noto, il manifesto “Uccidiamo il chiaro di luna”, pubblicato da Marinetti nel 1909. Qui le forze naturali contribuiscono alla ribellione futurista. Le città di Paralisi e Podagra vanno distrutte e abbandonate, perché incarnano tutta una civiltà, una cultura che ha negato energie e istinti vitali. Le forze della natura che hanno conservato l’energia primordiale (i pazzi e le belve, a cui si aggiunge significativamente anche l’Oceano Indiano) sono tutti uniti contro la logica, la razionalità e la saggezza passatiste, per “ringiovanire e ricolorare il volto rugoso della Terra”. I futuristi vogliono appropriarsi dell’energia contenuta negli elementi naturali, vogliono dominare le forze della natura. Dobbiamo comprendere che per essi la tecnica è parte fondamentale dell’uomo. Ma il loro nemico è un determinato tipo di cultura (stantia, museificata) che definiscono “passatista”, non è certo la natura». Ci sembra di intravedere in queste considerazioni gli enzimi di un’avanguardia per i tempi attuali… ma diamo ancora l’ultima parola al curatore: « Questa mostra, interamente dedicata ai quattro elementi, vorrebbe provocare queste e altre considerazioni, nella consapevolezza che la cifra fondamentale del Futurismo è la complessità e ogni lettura riduzionista non renderà mai giustizia alla prima avanguardia europea».
Luigi Capano
Dal 20 febbraio 2020 al 20 aprile 2020
Futurism, I quattro elementi, Visioni futuriste | Futurism&Co Art Gallery
Roma
Via Mario de’ Fiori 68, Roma
Info: www.futurismandco.com
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