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Genny Petrotta: la sua ode alla storia della Repubblica Popolare Contadina di Piana degli Albanesi
Mostre
di Giulia Papa
Per assaporare al meglio il lavoro dell’artista palermitana Genny Petrotta dobbiamo fare un passo indietro e andare e colmare una lacuna di una parte di storia tra le più crude, tumultuose e, come spesso accade, al tempo stesso, paradossalmente dimenticate. Con uno sguardo veloce ma attento ricordiamo che la Piana degli Albanesi, Hora e Arbëreshëve in arbëresh Chiana in siciliano, è un comune del palermitano, situato sul confine di un altopiano montuoso sul versante orientale del monte Pizzuta. La Piana degli Albanesi è il più grande stanziamento arbëresh, e lì, da secoli, risiede storicamente la più popolosa comunità albanese d’Italia. Comunità che ha mantenuto pressoché intatte le proprie peculiarità etniche, quali la lingua albanese, il rito greco-cattolico e i caratteristici costumi originari.
La Petrotta estrapola uno spaccato storico ben preciso che vede coinvolto in prima persona, in qualità di leader, il fratello di suo nonno: nel 1944, vi fu una rivolta contro la cattiva gestione dei raccolti agricoli che portò alla proclamazione della Repubblica Popolare Contadina. La rivolta, breve e intesa, durò 50 giorni, fu poi brutalmente sedata dalla polizia.
L’artista oltre ad avvalersi delle uniche testimonianze scritte raccolte da Angela Lanza relative alla Repubblica Contadina, scomparsa troppo presto e non in tempo per vedere la realizzazione del suo lavoro, ha fatto ricorso anche a ricordi personali. Una Genny Petrotta bambina che assiste a casa dei nonni alla visione, al telegiornale, della violenza ingiustificata della polizia contro i manifestanti del G8 di Genova. Qui c’è il primo seme di rabbia e volontà di riscatto da parte dell’artista dopo che la nonna, turbata dalle sue reazioni, decide di raccontarle la storia del fratello del nonno, purtroppo protagonista di torture per il suo essere un socialista e un liberatorio, un uomo che combatteva le ingiustizie.
Petrotta ricama un vero e proprio tessuto con la comunità, coinvolgendola in prima persona, attraverso i giovani ma non solo, anche le voci lontane di chi quella parte di storia l’ha vissuta come protagonista. Come un’abile regista mette in scena una videoinstallazione tratta da un’opera teatrale andata persa, che racconta in maniera poetica e cruda le vicende della giovane e breve vita della Repubblica autonoma, e lo fa attraverso una voce narrante che usa la lingua arbëreshë.
Entriamo per 20 minuti esatti in veste di osservatori nella storia: seicento giovani che con coraggio hanno provato a cambiare il proprio paese, ribellandosi al potere che non riconoscevano più, e, nonostante il loro essere una minoranza, sono riusciti a far sentire la propria forza e la propria voce, istaurando una Repubblica indipendente all’interno dello Stato italiano. Voci che sono state ingiustamente prima represse e poi tristemente rimosse. È un video che ha un compito storico, sociale ed educativo, ricordare e renderci consapevoli di quanto la storia sia gestita da politici, arbitri che decidono cosa raccontare e cosa mantenere nell’oscurità. Rappresenta per tutti noi l’occasione di scoprire una storia taciuta.
Petrotta consegna questo pezzo di storia proprio ai giovani, coinvolgendoli nel progetto e non solo, ma anche nell’organizzazione di laboratori con le scuole medie della Piana, attraverso letture tratte dal libro di Angela Lanza e favorendo momenti di riflessione su concetti come l’autorità e la contemporaneità, di una storia che forse attualmente ha più connessioni di quello che pensiamo con la storia della Palestina attuale. Una storia questa della comunità degli albanesi che si è dimenticata e che si sta ripetendo.
Attraverso questo progetto, Petrotta riscopre il suo non essere più sola, ha visto la risoluzione della fatica e della passione con cui per anni è andata alla ricerca di testimonianze, di parole, di persone e fatti. Ha raccolto tralci di storia per regalarla a tutti. Per darla alla memoria di tutti e non più solo a quella di pochi. Dopo questo breve excursus, non resta allora che metterci in contatto con la nostra parte più profonda, empatica e consapevole e immergerci nella visione del video.